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Augustus
 
Augustus 2015-08-18 09:26:25 Anna_Reads
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    18 Agosto, 2015
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Un Titano Dolente, mai "suo malgrado".

«Un famoso storico latino dichiarò che sarebbe stato disposto a far vincere a Pompeo la battaglia di Farsalo, se lo avesse richiesto un giro di frase più efficace.
Nonostante io non mi sia spinto fin qui, alcuni errori di fatto, in questo libro, sono voluti. Ho modificato l'ordine di numerosi avvenimenti. Ho inventato là dove i dati storici erano incerti o incompleti (…).
Ma, se in questo libro sono presenti delle verità, sono le verità della narrativa più che della Storia. Sarò grato a quei lettori che lo accoglieranno per ciò che vuole essere: un'opera dell'immaginazione.»
Cosa mi ricordo di Caio Giulio Cesare Ottaviano Augusto da Liceo ed Università?
Agosto, pax romana, chiusura del tempio di Giano, "Varo Varo rendimi le mie legioni", adottato da Cesare, Azio, Filippi, Virgilio, Orazio, l'esilio di Ovidio, la Damnatio Memoriae di Cornelio Gallo, Mecenate, Agrippa.
Per molti Ottaviano è il primo imperatore romano.
Io l'ho sempre visto un po' schiacciato dalle figure che lo hanno preceduto e seguito.
Lo smagliante Giulio Cesare e il gotico Tiberio (tutte le mie simpatie al primo, ovviamente).
Williams sceglie proprio Augusto per cimentarsi con il suo terzo romanzo (dopo Butcher's Crossing e Stoner). E sceglie anche la forma epistolare. Mi ci è voluta qualche pagina ad abituarmi a questo stile narrativo, ma poi i fatti incalzano e la narrazione scorre via veloce.
A parte le pagine finali, non sentiamo mai la "voce" di Augusto e non leggiamo mai le sue parole.
La figura emerge dagli scritti della madre e dello zio Cesare, del patrigno, degli amici, dei nemici (fra cui Cicerone), dei generali. E successivamente della moglie, della figlia, dell'amata sorella. E, detto fra parentesi, gli amici sono Mecenate, Agrippa, Orazio. Abbiamo lettere di Ovidio a Properzio.

Quello che emerge è la figura di un titano dolente.
Nelle lettere che si susseguono e descrivono la storia di Roma, Augusto appare come un uomo votato – suo malgrado – alla ragion di stato. Un giovane che avrebbe voluto essere uno studioso e che fu costretto ad essere un soldato, un uomo che avrebbe trovato gioia in una dimessa vita domestica con la moglie e l'amata figlioletta Giulia, a che invece fu costretto a mettere il suo potere, la sua saggezza e la sua ricchezza al servizio dello stato per la grandezza di Roma.
Un uomo sempre generoso e – potendolo essere – clemente.
Dal punto di vista narrativo, questa parte è estremamente godibile.
La scrittura di Williams non ha bisogno di essere presentata e descritta. È lo scorrere fluido di una mente lucida; molto difficile da descrivere, somiglia un po' ai suoi protagonisti: fa alla perfezione quello che deve fare per arrivare a veicolare il suo messaggio al lettore. Non di più, non di meno.
Non è ridondante, non è asciutta.
È "giusta così" verrebbe banalmente da dire.
Orazio scrive a Mecenate, in occasione della morte di Virgilio:
«Scrissi una volta che Virgilio era la metà della mia anima. Ora sento che quella ritenuta da me un tempo un'esagerazione era invece una sottovalutazione. Infatti, a Brindisi, giace una metà dell'anima di Roma. Ci è stato tolto molto più di quanto sappiamo… Eppure i miei pensieri tornano alle cose più insignificanti, a cose che soltanto tu ed io, forse potremo mai capire. A Brindisi, giace. Quand'è che noi tre viaggiammo così felicemente attraverso l'Italia, da Roma a Brindisi?
Vent'anni fa…
Sembra ieri. Sento ancora gli occhi bruciarmi per il fumo della legna verde che i proprietari di locande accendevano nei loro caminetti, e sento le tue risate simili a quelle dei fanciulli lasciati liberi dalla scuola. E la contadinella pescata a Trivicus, che promise di venire nella mia stanza e non venne. Sento Virgilio burlarsi di me e ricordo i giochi sfrenati. E le conversazioni pacate. E gli agi lussuosi di Brindisi, dopo la campagna. Non tornerò mai più a Brindisi.»
Dalle lettere emergono le guerre civili, le lotte, gli intrighi, le manovre e la ragion di stato. Veniamo a conoscenza delle decisioni di Augusto senza sentirne mai la voce. Apprendiamo dell'esilio dell'amata figlia Giulia, dalla scritta "Pandataria" in alto, accanto all'indicazione "diario di Giulia".
Come un complicato mosaico corale, i piccoli frammenti vanno lentamente a posto e restituiscono la storia di Roma.
Non quella di Augusto.
Almeno non completamente.
Il nostro si concede il lusso della chiusa del libro (e della propria esistenza) per dire – per la prima e unica volta - la sua opinione.
Devo ammettere che questa "Parte Terza" è decisamente la mia preferita.
Ne emerge – in modo non completamente inaspettato – una figura forte e lucida, e diversamente da quanto emerso dagli sguardi esterni, mai "suo malgrado".
«Quando ero giovane, avrei detto che la solitudine e la segretezza mi erano state imposte. E sarei stato in errore. Come quasi tutti gli uomini, scelsi allora la mia vita. Decisi di rinchiudermi nel sogno formato in parte da un destino che nessuno avrebbe potuto condividere, e rinunciai così alla possibilità di quel genere di amicizia umana tanto comune da non essere mai nominata, e per conseguenza apprezzata di rado (…) eppure quei giovani erano miei amici, mi erano carissimi nel preciso momento in cui, in cuor mio, rinunciavo a loro.
Quale perverso animale è l'uomo, che ha caro soprattutto quanto rifiuta o abbandona.»
Alla fine della vita, Augusto "mette a posto" le cose che non tornano dalla mera elencazione delle sue gesta: la sua scelta è la prima cosa.
Poi tocca alla motivazione di tale scelta:
«Ho vissuto di gran lunga più dei miei amici, nelle cui vite esistevo più pienamente che nella mia. Quei miei primi amici sono tutti morti. Giulio Cesare morì a cinquantotto anni, quasi vent'anni più giovane di me adesso. E io sono sempre stato convinto che la sua morte sia stata determinata tanto da quella noia preannuncio di noncuranza, quanto dalle spade degli assassini.»
Augusto sa che il suo tentativo di pacificare i confini e rendere sicura Roma è destinato a fallire. Non subito né presto.
Ma sa che accadrà.
Ma «ci sarà stato un momento di Roma, e non morirà del tutto.»
E questo basterà.
«Il barbaro diverrà la Roma che avrà conquistato, il nostro latino scioglierà la sua lingua rozza, e la visione di quanto ha distrutto gli scorrerà nel sangue. E, nel tempo che è incessante come so, il costo non è nulla, è meno di nulla.»
Per questo momento, il nostro ha rinunciato ad amicizia, famiglia, amore, studi ed arte, senza mai un accenno di rimpianto. Trovo particolarmente significativo il passaggio dell'incontro casuale con la vecchia nutrice Irzia, mentre si sta recando in Senato per condannare Giulia all'esilio. Augusto sa che se fosse dipeso dalla donna, Giulia sarebbe stata salva e Roma distrutta. Lui ovviamente sceglie il contrario.
Congedandosi, Augusto parla lungamente dell'amore, partendo da quello più vituperato: «Contrariamente a quanto possiamo credere, l'amore erotico è la più altruista fra tutte le manifestazioni dell'amore: cerca di fondere l'uno nell'altra e quindi di sottrarsi all'Io. Questo genere di amore è il primo a morire, naturalmente, in quanto viene meno con il venir meno del corpo. E per questa ragione, senza dubbio, molti l'hanno ritenuto la più spregevole fra le manifestazioni dell'amore. Ma il fatto che si spegnerà, e che noi sappiamo che sia destinato a spegnersi, lo rende più prezioso. E, dopo averlo conosciuto, non siamo più irrimediabilmente intrappolati ed esiliati nell'Io.»
Tocca poi all'amicizia e all'amore omosessuale, fino a che non troviamo un altro amore:
«È l'amore del poeta per le sue parole. Così Ovidio non è solo nel nordico esilio a Tomis, né tu sei solo nella tua remota Damasco, dove hai deciso di dedicare gli anni che ti rimangono ai libri. Non occorre alcuna creatura vivente per un amore così puro, e di conseguenza viene universalmente riconosciuto che è questa la forma d'amore suprema, in quanto va ad un oggetto che si avvicina all'assoluto.»
Ma Williams non fa mai sconti «Eppure, sotto certi aspetti, può essere la forma di amore più vile. Poiché (…) questo si rivela né più né meno come un amore del potere. È il potere di cui dispone il filosofo sulla mente disincantata del lettore, il potere che ha il poeta sulla mente viva e sul cuore dell'ascoltatore. E se la mente, il cuore e lo spirito di chi viene a trovarsi sotto l'incantesimo di questo potere ne sono innalzati, è un fatto accidentale non essenziale ai fini dell'amore, o anche del suo scopo.
Ho cominciato a rendermi conto che è stato questo genere d'amore ad avermi spronato nel corso degli anni.»
E mentre si legge tutto assume un senso e una compiutezza rara e preziosa.
Tuttavia, a lettura finita e dopo qualche giorno si riflessione, non posso fare a meno di chiedermi…
Quando Stoner c'è, in questo Augustus?

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Stoner, Graves (e anche Orazio, Virgilio e Properzio).
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Commenti

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Bel commento, Anna.
Dell'autore ho letto "Stoner", libro imperdibile. Pensavo che le altre sue opere fossero poco rilevanti. Constato invece che il libro recensito risulta di buon livello, pertanto sono incuriosito...
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
18 Agosto, 2015
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Grazie Bruno!
Questo libro ha vinto il National Book Award nel 1973 e forse è stato l'unico ad avere un certo successo mentre John E. Williams era ancora vivo. Personalmente mi è piaciuto molto, anche se in esso ho trovato più di qualcosa del suo "fratello maggiore" Stoner (che è diventato uno dei miei "libri dell'anima" quindi forse sono un po' di parte). In Italia è stato accompagnato da una certa polemica intellettuale circa la scarsa aderenza storica dell'autore. È un libro che consiglio caldamente.
Diversamente da "Butcher's Crossing" che ho trovato, invece, decisamente brutto.
Se lo leggi, poi fammi sapere!
:)
ciao Anna, ma come genere storico, si avvicina a Memorie di Adriano della Yourcenar o è altro?
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
18 Agosto, 2015
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Ciao Silvia, domanda difficile!
Sì e no. L'ultima parte, quella in cui Augusto racconta in prima persona, forse è paragonabile alle lettere di Adriano a Marco Aurelio. La parte precedente è più "narrativa" e vi emerge la storia di Roma (e di Augusto) raccontata da altri personaggi, e mi sembra meno simile.
In risposta ad un precedente commento
silvia71
18 Agosto, 2015
Ultimo aggiornamento:
18 Agosto, 2015
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grazie Anna, mi sei stata utile.
in partenza sono sempre attratta da simili titoli, in quanto soffro della crisi attuale del buon romanzo storico; ma se penso di avventurarmi in un nuovo Adriano così come strutturato dalla Yourcenar, preferisco di no, pur nella consapevolezza dell'ottimo lavoro.
Grazie per la risposta, Anna. Però mi chiamò Emilio.
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
19 Agosto, 2015
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Scusami tanto Emilio!
Ero rimasta indietro con un po' di commenti e ho fatto confusione.
7 risultati - visualizzati 1 - 7

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