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La donna del bosco
 
La donna del bosco 2018-03-05 07:57:13 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    05 Marzo, 2018
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Miti ancestrali nell'Irlanda del XIX secolo

Un mondo di fate, di streghe e di soprannaturale quello che dipinge Hannah Kent ne La donna del bosco, edito da Piemme.

Siamo in Irlanda, nel XIX secolo e il piccolo Micheal, quattro anni, è in preda a una brutta malattia, non parla, non si muove. Ma nel piccolo paese della contea di Kerry tutti pensano che sia caduta preda di un sortilegio delle fate maligne. Ma tant’è che da quando è arrivato succedono cose alquanto bizzarre. Sua nonna Nora cerca di proteggerlo come può, soprattutto sottraendolo al giudizio del prossimo, maligno e cattivo. Lei stessa fatica ad accettare quello strano essere, fatica a vivere dopo aver subito due gravi lutti: quello del marito Martin e della stessa mamma del piccolo, Joanna. Assume Mery, una ragazza bisognosa, ma non molto esperta in cure ed insegnamento dei bambini. Non paga si rivolge al parroco e al medico, ma entrambi sostengono l’impossibilità di curare il bambino. Mentre le voci del bambino dicono che il bambino sia un changeling, ovvero un sostituto del vero Micheal lasciato nel suo lettino dalle fate. La nonna non demorde, suggestionata dalla paura e dai racconti popolari, si affida alla magia rivolgendosi a colei che in quella terra ha il dono, colei che guarisce,

“la donna del bosco. Lei è in contatto con gli esseri fatati o buon popolo, solo lei può esorcizzare il piccolo mostro.”

Quello di Kannah Kent è un testo dove, a decidere e ad affrontare sfide importanti sono sempre ed esclusivamente le donne: Mary, Nora, e Nance che sono le protagoniste assolute di una storia in cui fede e superstizione si scontrano più volte, senza dare certezza, incutendo sempre dubbi atroci.

Non è una storia allegra perché, per chi viveva nella campagne in povertà, erano più i giorni di dolore che quelli di gioia: la Chiesa era distante e non consapevole delle sofferenze dei suoi fedeli, e la fede rappresentava più un obbligo dovuto alla paura di un inferno spaventoso, piuttosto che un rifugio. Ambientato in una epoca ricca di conflitti, dolori e molta povertà, dominata dalla Chiesa lontana che offriva l’esempio di un ordine che nulla teneva in conto delle semplici vite delle persone, delle loro esistenze e delle loro lotte di tutti i giorni. Un libro affascinante, la descrizione di un mondo preda alle superstizioni e alla magia. Ricco e preciso nella prosa, per cui il lettore pare camminare con la scrittrice nei boschi, preso per mano ed accompagnato. Si respira l’odore del muschio, di umido, del legno, del crepitare delle piante, si sente il richiamo delle fate e delle loro feste. Una immersione totale in un mondo di rituali, di gestualità, di credenze irrazionali, ma profondamente radicate nel sentire e nel vivere umano.

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Lo sto leggendo proprio in questi giorni e mi.piace molto!
Sì. è molto bello.
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