Saggistica Arte e Spettacolo Chi ha paura di Virginia Woolf?
 

Chi ha paura di Virginia Woolf? Chi ha paura di Virginia Woolf?

Chi ha paura di Virginia Woolf?

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Una coppia di mezz'età - George, professore di storia, e Martha, sua moglie e al tempo stesso figlia del preside dell'università - riceve un'altra coppia, più giovane: Nick, anche lui professore ma di biologia, e la moglie Honey. L'azione si svolge nel salotto di George e Martha, in una sola notte, un vero e proprio jeu de massacre che travolge via via i personaggi. La situazione è quella classica: unità di tempo e di luogo, drammatizzazione dei rapporti, coinvolgimento del passato di ognuno in un'azione tragica. Come in un rituale, questa notte diviene momento di oscena derisione, di scherzi sadici, di giochi crudeli, di scoperti tradimenti, ma anche, forse inaspettatamente, di liberazione e di verità. Il salotto dei Washington - questo il cognome non casuale di George e Martha - è così il centro d'una casa stregata, nella quale una specie di maleficio tiene soggiogati i protagonisti. Grazie alla normalità dei personaggi, scelti in un ambito ben definito ma non per questo meno emblematici, l'attenzione si concentra sulla normalità dell'angoscia, dell'odio, della trasgressione, della violenza. Che non è solo degli attori, ma propone gli stessi vizi e gli stessi comportamenti degli spettatori.



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Chi ha paura di Virginia Woolf? 2016-11-03 12:50:01 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    03 Novembre, 2016
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Io sì!

Chi ha paura di Virginia Woolf?
Io sì!
Perché Virginia spara a zero sul matrimonio, ossia su uno degli assi portanti delle nostre istituzioni e della nostra società.
Dunque, leggendo l’opera del recentemente scomparso (settembre 2016!) Edward Albee mi sono chiesto: perché mai aver paura di quest’opera e dei suoi protagonisti?

Nell’atto I, “Giochi e divertimento”, Martha e George - la coppia in piena crisi (ricorro a questo termine abusato esclusivamente nell’accezione etimologica greca: dal greco crinein, giudicare. La crisi è una fase in cui si giudica…) - ospitano a casa loro Honey e Nick, due “pivelli” del matrimonio. George e Nick sono professori universitari: l’uno storico, l’altro biologo. Altercano e si fronteggiano. Intanto Martha e George non esitano a imbarazzare gli ospiti, denudando i dissidi (tanti) e i conflitti (insanabili?) del loro matrimonio (“Martha e io ci limitiamo… a calpestare quel tanto di personalità che ci resta”)…
Il vino scorre a fiumi (“E adesso beviamo! Da bere per tutti!”), l’atmosfera si arroventa, intanto le solite rivalità coniugali montano (“George odia Papà… e non perché Papà gli abbia mai fatto qualcosa…”).

Nel II atto, Walpurgisnacht, si gioca sì, ma c’è solo spazio per giochi crudelissimi (“Umiliare il Padrone di casa… Saltare addosso alla Padrona di Casa… Maltrattare gli Ospiti…”)

Nel III atto, L’esorcismo, si compirà il titolo e la catarsi (del plot, e dello spettatore, poveretto lui) potrà realizzarsi come in ogni tragedia che si rispetti?

E torniamo allora alla domanda originaria.
La mia risposta è: ebbene sì, io ho paura di Virginia Woolf. Dei suoi sortilegi-sorpresa (“Appare una mano con un gran mazzo di bocche di leone”) e delle implicanze di una risposta alla più banale delle domande: ma il matrimonio è davvero la tomba dell’amore?

Un dramma impossibile da commentare. Lo si può fare soltanto come Edward Albe suggerisce: meravigliando, imbarazzando, inquietando. Tenendo la mente fissa sulle immagini di una coppia instabile come Liz Taylor e Richard Burton, indimenticabili protagonisti della trasposizione cinematografica…

Bruno Elpis

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