Saggistica Storia e biografie Lo aspetto ancora con disperata speranza
 

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Lo aspetto ancora con disperata speranza

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Le guerre le combattono gli uomini. Al fronte, imbracciando le armi. I soldati muoiono, vengono fatti prigionieri. Nella seconda guerra mondiale subiscono anche indicibili torture. Ma non sono gli unici a patire il dolore di un conflitto. Perché c'è anche chi rimane a casa. Ed è la guerra delle donne: che soffrono per la partenza di mariti, padri e figli, devono gestire la casa con un minimo di risorse, debbono occuparsi dei genitori anziani di entrambi, talvolta hanno un'attività di famiglia da portare avanti. E, mentre i loro uomini vivono i drammi fra le sabbie di El Alamein o nei ghiacci del Don, fanno tutto questo ricacciando le lacrime in uno scompartimento nascosto del cuore. Perché la priorità sono i bambini, che spesso il loro papà neppure l'hanno mai visto, e il dolore è un fatto strettamente privato. Racconti di madri, mogli, figli. Presente e memorie che si fondono. E, sullo sfondo, una parola terribile, forse peggiore di "morto": disperso.



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Lo aspetto ancora con disperata speranza 2018-03-31 09:00:34 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    31 Marzo, 2018
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La guerra delle donne

Paola Scola, giornalista delle pagine locali de La Stampa, ha scritto Eroi nel fango, vincendo il Premio Igor Man, In prima fila, I racconti del treno; ora approda in libreria con Lo aspetto ancora con disperata speranza: un libro dove la guerra è vista e considerata da un punto di vista particolare, quello delle donne.

Su tutto il testo aleggia una parola, terribile e senza scampo: “disperso”. Il vocabolario Treccani lo definisce molto bene. Qui si parla di uomini di cui non si hanno più notizie. Può essere morto, come essere sopravvissuto e aver scelto di rimanere in quel luogo, rifacendosi altrove una vita. Il dramma comune è insito: non si ha una tomba su cui andare a pregare, o far visita e portare fiori. E allora non c’è scampo: lo si attende. A volte inutilmente, per tutta la vita. Come è il caso di “Magna Madlinin” (zia Maddalena) che attende, invano, il figlio Angelo partito per la Russia, sempre seduta sul balcone di casa. Non stando in ozio: ricama, sferruzza, sgrana fagioli, pela patate…. Vuole essere la prima a vederlo, fino a quando un giorno viene trovata morta, seduta, con in mano un coltello e una patata, e sul viso una espressione sorridente e finalmente serena. Un altro esempio è nonna Milly, che aspetta per settant’anni il ritorno del suo Ennio, lasciando, fuori, nascosta, la chiave di casa, perché quando lui torna sia in grado di trovarla!

Sono ritratti di donne forti e coraggiose, le cui lacrime sono nascoste e trattenute. E’ il punto di vista particolare, spesso accompagnato da lunghi carteggi che negli anni si sono scambiati, fino ad interrompersi bruscamente.

Un libro composto da racconti di madri, moglie e figli, in cui il presente è composto da uno sguardo, all’insieme sofferente e speranzoso, verso il futuro. Il ritratto, intimo ed intimistico, di donne semplici, ma bellissime nella loro essenza, che sono l’esempio e il paradigma di un mondo che forse non è più, ma che deve essere un monito importante per tutte le generazioni, quelle di oggi come quelle di ieri.


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