Narrativa straniera Racconti Se scorre il sangue
 

Se scorre il sangue Se scorre il sangue

Se scorre il sangue

Letteratura straniera

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Ci sono diversi modi di dire, quando si parla di notizie, e sono tutti leggendari: «Sbatti il mostro in prima pagina», «Fa più notizia Uomo morde cane che Cane morde uomo» e naturalmente «Se scorre il sangue, si vende». Nel racconto di King che dà il titolo a questa raccolta, è una bomba alla Albert Macready Middle School a garantire i titoli cubitali delle prime pagine e le cruente immagini di apertura dei telegiornali. Tra i milioni di spettatori inorriditi davanti allo schermo, però, ce n'è una che coglie una nota stonata. Holly Gibney, l'investigatrice che ha già avuto esperienze ai confini della realtà con Mr Mercedes e con l'Outsider, osserva la scena del crimine e si rende conto che qualcosa non va, che il primo inviato sul luogo della strage ha qualcosa di sbagliato. Inizia così Se scorre il sangue, sequel indipendente del bestseller The Outsider, protagonista la formidabile Holly nel suo primo caso da solista. Ma il lungo racconto dedicato alla detective preferita di King (come scrive lui stesso nella sua nota finale) è solo uno dei quattro che compongono la raccolta. Da Il telefono del signor Harrigan, dove vita e tecnologia si intrecciano in modo inusuale, a La vita di Chuck, ispirato a un cartellone pubblicitario, fino a Ratto - che gioca con la natura stessa del talento di uno scrittore - le storie di questa raccolta sono sorprendenti, fuori dagli schemi, a volte sentimentali, forse anche fuori dal tempo. In una parola, sublimemente kinghiane.



Recensione della Redazione QLibri

 
Se scorre il sangue 2020-05-27 10:46:24 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    27 Mag, 2020
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Ben fatto, vecchio mio

“Ratto”, ovvero l’ultimo racconto di questa raccolta, mi ha lasciato l'impressione che le difficoltà del protagonista a concludere un romanzo nascondano una paura o un’effettiva difficoltà del King recente. Un po’ come le paure espresse in “Misery”. Infatti, sebbene “L’istituto” e soprattutto “The Outsider” siano dei buoni lavori, avevano dei cedimenti che lasciavano in bocca il sapore della stanchezza, dell’indolenza, dell’incapacità di concentrarsi e trovare espedienti narrativi davvero soddisfacenti. Questo li rende, seppur siano godibili, ben lontani dai vecchi capolavori del Re. Per quanto riguarda i racconti, il discorso pare molto diverso: questi ultimi infatti si dimostrano solidi e mantengono tutte le peculiarità che ci hanno portato ad amare King nel corso di tutti questi anni.
Si, “Se scorre il sangue" è davvero un ottimo lavoro.
Ovviamente, l’attenzione di chi si appresta alla lettura è focalizzata sul racconto (o romanzo breve) che dà il nome alla raccolta, che ha come protagonista Holly Gibney e appartiene al filone degli “Outsider”. Questo suggerirebbe che gli altri tre racconti, come accaduto in passato, siano stati buttati lì per rimpolpare un tomo altrimenti troppo sottile: pescati nella massa di inediti scritti dall’autore e buttati lì a caso. E invece sapete una cosa? sono forse ancora più belli del racconto “principe”, ed è davvero difficile decidere quale io abbia preferito; forse quello meno orrorifico e più letterario della raccolta: “La vita di Chuck”.
Variegate eppure estremamente kinghiane, ognuna di queste storie mi ha colpito in modo diverso: “Il telefono del signor Morrigan" mi ha impressionato e spinto a lasciare la luce accesa un po' in più; “La vita di Chuck" ha stimolato riflessioni e pensieri, lasciando il segno con la sua narrazione “invertita”; "Se scorre il sangue" ha placato la sete thrilleristica dell'autore (che fossi in lui abbandonerei; ma se proprio non ce la fa, molto meglio col contesto "Outsider”), fornendo comunque un discreto intrattenimento; "Ratto" mi ha coinvolto nelle difficoltà e nelle paranoie del protagonista scrittore, per il quale non potevo non provare almeno un pizzico di empatia.
Nonostante l'età che avanza, oltretutto, è bello vedere come King si stia adattando ai nostri tempi e spingendosi verso contesti e temi attuali come l’ascesa della tecnologia e il problema cambiamento climatico: cose che è stato molto abile a trattare e integrare soprattutto nei primi due racconti.
Per concludere, se nel caso delle mie ultime recensioni dell'autore ero un po' restio nel consigliare o meno la lettura della nuova uscita di turno, in questo caso non ho alcun dubbio: promosso a pieni voti. Leggetelo.

"Il cervello umano è per sua natura finito - non è altro che una massa di tessuto spugnoso racchiusa in una gabbia di ossa -, ma la mente che vi dimora è infinita. Le sue possibilità sono illimitate, e la sua forza immaginativa va ben oltre ogni nostra capacità di comprensione. Per come la vedo io, quando un uomo o una donna muoiono va in rovina un mondo intero, il mondo che quella persona conosceva, e nel quale credeva. Pensaci, Brian: ci sono miliardi di esseri umani sulla terra, e ognuno di loro ha un mondo intero dentro. Il pianeta come è stato concepito dalla sua mente."
Dal racconto "La vita di Chuck"

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Se scorre il sangue 2022-04-21 09:38:42 Donnie*Darko
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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    21 Aprile, 2022
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Tetraorrore

Cos'hanno in comune un cellulare dalla batteria inesauribile, uno strano cartellone pubblicitario, una strage all'interno di un istituto scolastico e un bizzarro roditore? Semplice, sono gli elementi chiave di questa antologia di racconti pregni del consueto talento creativo del Re.

-Si parte con "Il telefono del Signor Harrigan" in cui l'amicizia tra il giovane Craig e un attempato magnate, grazie alla tecnologia, sarà destinata a durare anche dopo la morte di quest'ultimo. Un racconto in cui tornano alcuni elementi base della narrativa kinghiana tra cui la perdita dell'innocenza e la presa di coscienza riguardo le proprie responsabilità. Pur essendo il racconto più debole non annoia.
-In " La vita di Chuck" troviamo un King ispiratissimo nel ripercorrere a ritroso la particolare esistenza del protagonista, sin da piccolo alle prese col paranormale ed emblema della famosa frase secondo cui ogni uomo racchiude un universo. Commovente, inquietante, drammatico e malinconico risulta la punta di diamante del libro.
- "Se scorre il sangue" vede protagonista la detective Holly Gibney. Sebbene, a differenza dell'autore, non ami particolarmente Holly (sarà che la trilogia di "Mr. Mercedes" mi ha parecchio annoiato), ho cominciato a rivalutare il personaggio già a partire da "The Outsider" di cui questo lavoro è un sequel. King ha indotto a ravvedermi immaginando lo scontro con un'entità talmente spietata da far deflagrare, senza alcun rimorso, una bomba all'interno di una scuola, mixato con la convincente introspezione intima della protagonista.
-Si chiude con "Ratto" in cui il corredo di numerosi ingredienti orrorifici (la baita isolata, la tempesta, il virus, la cesta di giocattoli) crea un'ambientazione altamente ansiogena in cui è inevitabile percepire qualcosa di autobiografico. Interessante il patto di faustiana memoria, mentre il finale, a mio parere sviluppato in modo non proprio soddisfacente, è un l'unico neo di una storia intrigante.

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Se scorre il sangue 2020-10-29 13:49:28 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    29 Ottobre, 2020
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Se scrive il Re

Scrittore prolifico, instancabile, eclettico e appassionato, Stephen King a differenza di altri celebrati romanzieri riesce a offrire il meglio del suo talento anche cimentandosi nella scrittura in forma di racconto, anziché nel più usuale romanzo.
Non è questo un estro appropriato per chiunque; parrà paradossale, dopotutto un breve componimento permette di eccellere con facilità, proprio per il carattere di concisione.
Richiede meno fatica, concentrazione e accuratezza rispetto ad un lavoro più lungo, possono essere sufficienti descrizioni sommarie, personaggi appena accennati e dialoghi ridotti.
Niente di più sbagliato: è vero invece l’inverso, è difficile scrivere, ricreare atmosfere, ambienti e situazioni, imbastire una storia compiuta, suscitare emozioni, avvincere e convincere il lettore con un numero limitato di pagine e parole.
Ancora più ostico è farlo cimentandosi in un genere, l’horror, in cui King è considerato un maestro, un Re in omaggio al suo nome, specie ai giorni nostri.
Un tempo il nostro dove fantastico, mistero, magia non hanno più motivi e supporti per esistere, ormai nessuno più è disponibile a credere a fantasmi, mostri o creature di altre dimensioni.
Chi si ostina a farlo è tacciato di ingenuità, di indulgere in fantasticherie astratte e bizzarre o in romantiche illusioni, peggio ancora di fessaggine.
La nostra epoca è improntata al rigore scientifico, divulgato in ogni campo dello scibile umano dall’informazione automatica in realtime, che non concede zone d’ombra, dubbi o misteri che non possano essere analizzati nel profondo, sviscerati con logica e chiariti nei più minimi particolari, alla luce delle più moderne tecniche di indagine.
Allora, per funzionare, questo tipo di letteratura ha bisogno di realizzare compiutamente il meccanismo della sospensione dell’incredulità, la creazione cioè di una bolla letteraria in cui lo scrittore rinchiude magistralmente “il fedele lettore”, come lo chiama lo stesso King, e lo incanta con il potere delle parole scritte.
Quasi lo ipnotizza rendendolo arrendevole al fascino di una bella storia, a prescindere dal suo contenuto, di qualsiasi cosa tratti, di qualunque genere, anche il più improbabile, a unica condizione che riponga temporaneamente in disparte ogni incredulità, sia disponibile volontariamente, in piena libertà e senza coercizione alcuna a credere a tutto e al contrario di tutto, anche all’assurdo, purché appunto si compia il sortilegio, apprezzi quanto scritto per la sola bellezza insita in forma e contenuto.
Un vero e proprio contratto tra scrittore e lettore, il primo fornisce una bella storia, insolita e curiosa, scritta bene, con cura e con chiarezza, senza trucchi e senza imbrogli, soprattutto senza deus ex machina completamente inspiegabili, che impressiona, scuote, avvince, ti fa riflettere con quello di reale che traspare tra le righe, e il lettore invece legge, accoglie la storia, sospende per un momento il giudizio sulla veridicità dei fatti esposti, firma l’onere della sospensione dell’incredulità in cambio di una lettura avvincente, deliziosa, ammaliante, una piacevole parentesi, un godere intenso.
“Perché esiste davvero una seconda dimensione. Ed esiste proprio perché la gente si rifiuta di credere che ci sia”.
Nel mondo dei giornali, si usa dire che fa più notizia un uomo che morde un cane che viceversa, e nello stesso modo, si vendono più copie per un fatto delittuoso appunto…se scorre il sangue.
Ecco, se una buona storia horror porta la firma di Stephen King, se scrive il Re, allora il lettore ne sarà certamente soddisfatto, proverà sensazioni gradevoli, deliziose, soddisfacenti, a prescindere dal genere. Stephen King, in sintesi, non è uno scrittore dell’horror, è uno scrittore tout court, un grande scrittore a tutto campo, si cimenta con pari bravura nei romanzi come nei racconti, appunto perché è un Re, e come tale non è nuovo a pubblicare raccolte di soli racconti con il successo di critica e di pubblico uguale a quello conferito alle sue storie di maggior spessore e di maggior numero di pagine. Basti pensare alla fortuna arrisa in precedenza a “Stand by me”, “Scheletri”, “Quattro dopo mezzanotte”, “Everything’s eventual” e altri ancora.
In “Se scorre il sangue” il racconto di apertura è “Il telefono del signor Harrigan”: che impressione può provare, quale sorpresa, meraviglia, stupore e sbalordimento possono cogliere un anziano miliardario, il signor Harrigan del titolo, ormai prossimo alla fine dei suoi giorni, ma dalla mente lucida e pronta come e più di un giovanotto, davanti ai prodigi della moderna tecnologia sconosciuta alla sua generazione?
Harrigan è un uomo d’anteguerra, è il classico self made man americano, abile, spregiudicato negli affari, cinico e disincantato, una persona per cui il massimo della tecnologia ai tempi d’oro della sua maturità è stato possedere un televisore a tubo catodico più grande del normale, e un telefono personale a linea fissa in casa, da non condividere con altri utenti della compagnia telefonica.
Un suo giovane, e fresco nativo digitale, il ragazzino vicino di casa, Craig, assunto per leggergli qualche pagina dei romanzi preferiti, tanto si affeziona al vecchio da regalargli uno dei primi modelli di smartphone della Apple, appena immessi sul mercato.
Per il vecchio Harrigan l’equivalente della lampada di Aladino.
Per intenderci, troppo spesso tendiamo a dimenticare che…non siamo stati tutti nativi digitali.
Ormai più nessun nuovo ritrovato informatico ci meraviglia più di tanto, ma per quanto strano, è esistito un tempo nemmeno tanto lontano in cui i telefoni andavano a gettoni, le calcolatrici a manovella, le macchine da scrivere avevano un nastro inchiostrato e senza correttore ortografico.
Uno dei primi pc sul mercato, con connessione modem, sistema operativo Windows 3.1, con processore lumaca, hard disk e RAM di capacità irrisoria, con programmi installati su un ridicolo floppy disk, era già qualcosa di stupefacente e ipertecnologico per un uomo del secolo scorso, come mostrare ad un cavernicolo la differenza tra una clava ed un kalashnikov.
Figuriamoci uno smartphone, che come ultima funzione pratica ha quello di telefonare senza essere collegato ad una presa telefonica, ma quello che lasciava sbigottiti, sconcertati, sbalorditi i nostri antenati era Internet, la rete, il web, il poter leggere i quotidiani in tempo reale o seguire l’andamento della Borsa all’istante, e anche gratis, come d’uso un tempo.
Sarebbe l’equivalente del regalare un mucchio di moderni e strabilianti giocattoli moderni, meccanici moventi, senzienti e auto gestibili, ad un bambino che ha avuto finora solo miserabili balocchi di legno: lo si manda letteralmente in sollucchero.
Così per Harrigan, che si spiace solo per questo per il termine della sua esistenza terrena, comprendendone con la sua mente raffinata, gli effettivi strabilianti sviluppi futuri.
Tanto finisce per affezionarsi al suo smartphone, che il suo giovane pupillo Craig, erede di parte della sua fortuna, pensa bene di lasciarglielo nella tasca interna della giacca al momento della sepoltura, perché gli facesse compagnia nel viaggio nell’al di là.
E come tutti i giovani curiosi e sbarazzini, prova a telefonargli, tempo dopo la sepoltura, un po' per scherzo, per curiosità, proprio perché resta un ragazzo, dopotutto…e se qualcuno risponde?
Oh…ma è solo la segreteria telefonica con la voce del vecchio registrata, per fortuna!
Da sottoterra? Giorni dopo la sepoltura? Ma quanta autonomia poteva avere una batteria di un cell?
Poi…se poi gli lasci un messaggio e…e il vecchio esaudisce il tuo desiderio, e ti risponde pure con un criptico sms? Inverosimile e reale insieme, non sai che credere, e intanto leggi, e ti piace anche.
Credo che con questo racconto King abbia esposto a modo suo uno degli interrogativi più frequenti della nostra epoca: può la moderna tecnologia spiegare, oggi o domani, il mistero della vita, della morte, e dell’esistenza? Il dilemma che da sempre tormenta l’uomo? C’è vita oltre la morte?
King dubita che l’informatica ci sarà di aiuto. E noi con lui.
Il secondo racconto, “La vita di Chuck” è a sua volta suddiviso in tre sotto raccontini, con lo stesso protagonista, Charles Chuck Krantz, visto in…dimensioni diverse.
Non in momenti diversi della sua vita, si badi bene, proprio in diverse dimensioni di vita.
Chi siamo veramente? Ognuno di noi è frutto, se così possiamo dire, non tanto della strada esistenziale rettilinea percorsa per giungere alla maturità, quanto piuttosto il risultato dei continui cambi di direzione, dipendiamo dagli innumerevoli bivi incontrati, dagli incroci contorti a più snodi e più uscite, spesso senza cartelli indicatori, con le rotonde, i viottoli nascosti, siamo il sunto di tutte le direzioni diverse che abbiamo intrapreso durante la nostra corsa terrena.
Ne consegue che abbiamo incontrato persone diverse, letto certi libri e non altri, amato in un certo modo e in una determinata misura, nel bene e nel male le nostre esperienze ci hanno plasmato come siamo. Tuttavia, se avessimo intrapreso direzioni diverse, magari girato a destra e non a sinistra, tornati indietro, soggiornato in un posto abbastanza a lungo e non in un altro, preso quel treno, o quell’aereo, o fossimo andati a piedi, tutto di noi sarebbe cambiato.
Siamo uno, nessuno, centomila, secondo che via abbiamo intrapreso, e con quali scarpe indossate, se comodi scarponcini, o ciabatte scalcagnate, o dolorosi stivali stretti in punta e fautori di dolorose vesciche. Così, tutte diverse sarebbero le persone che abbiamo conosciuto, gli incontri, gli scontri, i dolori, le gioie, tutto il vivere vissuto lo conserviamo qui, nella nostra mente. In menti diverse.
In sintesi, tutto quanto lo disse già il poeta Walt Whitman, e King lo riprende in una frase del protagonista: “Contengo moltitudini”.
Ed è verissimo: ognuno di noi poteva essere e non è, poteva vivere in una società al collasso distopico, per catastrofi climatiche, telluriche, ambientali, oppure trovarsi a ballare con artisti da strada, o ancora essere un bravo padre di famiglia alle prese con un tumore encefalico nel fiore degli anni.
In qualsiasi scenario…potrebbe sempre esserci un cartellone pubblicitario a grandezza naturale a ricordarci che siamo protagonisti unici del film della nostra vita…conteniamo moltitudini, e siamo unici. Dipende dove siamo, e come ci siamo arrivati.
Il racconto più lungo è “Se scorre il sangue”, un omaggio di King ad uno dei suoi personaggi non dico meglio riusciti, ma quello a cui lo scrittore si è più affezionato negli scritti della tarda maturità: la giovane investigatrice, suo malgrado, Holly Gibney, una ragazza psicolabile un po' bruttina, ex anoressica, ex vittima di una madre patologica, ex fallita di turno, una donna piena di idiosincrasie, fobie, avversioni, ripugnanze, eppure tenera, simpaticissima, saggia e affettuosa, già protagonista di precedenti e fortunati romanzi dello scrittore del Maine, tra cui l’ultimo “The outsider”.
Sui luoghi dei disastri più sanguinosi, incidenti drammatici quanto disastrosi e sulle scene di efferati attentati, si radunano sempre folle di curiosi, attratti dal sangue…se scorre il sangue, si vuole vedere.
Non solo, filmarlo con i cell, sentire le testimonianze raccapriccianti, condividerne sui social raccontando la propria testimonianza e partecipazione attiva alla tragedia, una macabra curiosità tutta umana. E se invece qualcuno…si nutrisse di questo dolore?
Se ne avesse davvero la necessità, se fosse un essere misconosciuto ma reale che ha bisogno, la sua fisiologia e costituzione organica e tessutale, il suo metabolismo, il suo fisico, lo richiedono, di aspirare l’orrore, il dolore, la paura degli umani?
Respirarne le emozioni dolenti, le sole nutrienti del suo corpo?
Un mostro certo, dal nostro punto di vista, ma in realtà un essere senziente diverso, un organismo ancestrale differente, un sopravvissuto, non alieno ma un mai estinto, un organismo poliforme e astuto, cattivo per necessità, solo che…sta diventando più che cattivo, sta divenendo attivo.
Tocca ad Holly porre un rimedio. Della serie, ciò che è diverso è mostruoso. Lo è, King non lo nega, ma spesso è nella sua natura esserlo, magari non ne ha neanche colpa, è così, è la sua Natura.
Spesso, la Natura è matrigna con gli umani, è nella norma. Anche Holly lo sa.
L’ultimo racconto, “Ratto”, si riconduce indirettamente al difficile mestiere di scrivere.
Scrivere è un’attività creativa, affascinante, attrae moltissimi, molti ci si provano, pochi ci riescono, pochissimi ne traggono sostentamento, meno ancora eccellono.
L’incubo peggiore di chiunque scriva è il lampeggiare del cursore sulla carta senza trovare le parole per continuare. Il blocco dello scrittore, la paura, il terrore puro di non riuscire a rendere subito, chiaro e bene l’idea che ti è spuntata in testa, la trama, i personaggi, il panico che ti sorprende a che l’attimo fatato della creazione mentale dello scritto evapori inesorabilmente, svanendo come nebbia al vento.
Un fallimento, un handicap insormontabile per chi scrive.
Questo è quanto già accaduto più volte al protagonista di “Ratto”, lo scrittore Drew, che non è mai andato oltre la stesura e la pubblicazione di qualche buon racconto, anche con un certo successo e fortuna, ma non oltre, tant’è che per sbarcare il lunario con moglie e figli esercita come professore di letteratura inglese. Tuttavia, non è felice, non si sente realizzato, in una parola rosica: ogni tentativo precedente di scrivere finalmente un romanzo è sempre abortito ad un certo punto del suo lavoro.
Perché scrivere sa essere un’attività crudele, all’improvviso ti blocchi, non sai più come andare avanti, le parole che fino ad un attimo prima sorgono impetuose, spontaneamente e senza sforzo, soprattutto rendono perfettamente su carta la buona storia che la testa ti detta, ora latitano.
Peggio: scompaiono, sia i termini che le idee. L’intero processo creativo si inaridisce di colpo, e senza rimedio, senza alternativa che non sia alzarsi e sbattere tutto nel cassetto dei rimpianti.
Un giorno però a Drew la fantasia, il fato, la musa, la creatività recano in dono una bella storia, e le parole per dirla. Un’opera diversa e originale, un western, ed il nostro ha tutto chiaro in testa.
Per non perdere il filo, la concentrazione e l’idea, temendo il ripetersi del blocco dello scrittore, lascia moglie e figli e si rintana a scrivere pro tempore, qualche settimana, in una baita di montagna fuori dal mondo. Dove resta poi bloccato da una tormenta di neve, anche febbricitante. Però, come si dice, ha viveri e munizione a sufficienza per resistere, e l’isolamento voluto e forzato insieme non può che essere di giovamento alla scrittura. Tuttavia…il talento non necessita di isolamento.
Non necessariamente almeno. Le parole non giungono, il foglio resta in bianco, Drew è disperato, sconfortato, depresso, febbricitante, solo, malconcio e malridotto.
Nel delirio iperpiretico, ecco gli sembra che un ratto, che aveva soccorso poco prima dalla tormenta, gli conceda per gratitudine di finire il suo libro, in cambio della morte di una persona cara.
Un vero e proprio dialogo faustiano, quindi, che Drew neanche sa quanto reale o onirico, fatto sta che accetta, indicando con astuzia come vittima predestinata il suo migliore amico…che sa già gravemente malato terminale e prossimo alla fine.
Il libro è terminato alla grande, viene pubblicato con successo di critica e di pubblico ma…il diavolo fa le pentole e non i coperchi, e Drew sarà costretto a tornare alla baita per un chiarimento sui termini del contratto.
In questo racconto direi che King fa una disamina spassionata del proprio lavoro, induce ad una attenta riflessione su cosa in effetti significa esercitare la professione di scrittore, un’attività che non è certo idilliaca come qualcuno potrebbe pensare, ma è invece spesso un vero strazio interiore, un tormento, un’ossessione, provoca dubbi, insicurezze, nevrosi e psicosi.
Dietro il successo di un romanzo c’è il talento, certo, con la creatività ed il duro lavoro, e queste hanno un prezzo: è facile, perciò, quando latitano, cercare una scorciatoia artificiale, nell’alcool, nelle droghe e stimoli simili, King lo sa bene, lui stesso ci è passato all’inizio della carriera.
Poi per fortuna non ne ha avuto più bisogno, neanche di un patto con un ratto.
E si vede: se scrive il Re, vale la pena leggerlo.

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Stephen King
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Se scorre il sangue 2020-10-02 15:16:15 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    02 Ottobre, 2020
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ottimo e abbondante

Il nuovo, finalmente del tutto resuscitato e tornato ad essere uno scrittore con tutte le lettere maiuscole ci propone questa volta quattro racconti. quattro belle storie lunghe, complete e con ben poco da invidiare ad un romanzo. In questo libro ritroviamo la Holly che alcuni romanzi fa abbiamo conosciuto come una donna paurosa e piena di fobie, che pian piano è riuscita a gestire le sue manie e a diventare una detective vera e propria. In quello che potrebbe essere un outsider 2, ma che in realtà è una storia che può essere presa da sola e apprezzata anche senza conoscere il primo capitolo Holly è finalmente la protagonista principale: sicura di sé. cattiva e efficiente. Non è diventata una eroina stile Wonder Woman, il che sarebbe stato quantomeno poco credibile, ma solo una donna che tiene duro, ce la mette tutta e ogni tanto viene premiata per la sua tenacia. Più tranquilli, ma comunque ben amalgamati sia per quanto riguarda la trama, sia per la caratterizzazione di personaggi principali e dei comprimari gli altri racconti. Da parte mia particolare apprezzamento per La vita di Chuck: un racconto che è stato capace di stupirmi, il che sta diventando sempre più difficile, ma n mano che l'età avanza. Bella idea, ben scritto, capace di tenere per tutta la sua lunghezza il lettore sulla corda, e poi eccolo il finale inaspettato, inimmaginabile, ma in fin dei conti del tutto logico. Bravo King.

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