Il diritto di opporsi Il diritto di opporsi

Il diritto di opporsi

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Bryan Stevenson era un giovane avvocato da poco laureatosi a Harvard quando decise di trasferirsi a Montgomery, in Alabama, e fondare la Equal Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata a porre fine all’incarcerazione di massa e alle pene estreme, a sfidare l’ingiustizia razziale ed economica e a proteggere i diritti umani fondamentali delle persone più deboli e vulnerabili. Al resoconto della sua formazione Stevenson intreccia le storie delle persone che ha difeso e che lo hanno condotto in un groviglio di cospirazioni, macchinazioni politiche, inganni legali e razzismo diffuso, modificando profondamente la sua concezione della giustizia. Tra i vari casi spicca quello di Walter McMillian, un afroamericano condannato a morte per l’omicidio di una ragazza bianca, nonostante innumerevoli prove dimostrassero la sua innocenza. Il diritto di opporsi è un’indimenticabile testimonianza del coraggio, della perseveranza e dell’umanità necessarie a perseguire una giustizia più equa, ma anche una struggente denuncia contro la pena di morte.



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Il diritto di opporsi 2020-04-16 15:44:28 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    16 Aprile, 2020
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Il diritto al giusto processo, il diritto alla giu

Bryan Stevenson è uno studente di legge in cerca della propria strada quando apriamo le pagine di questa autobiografia all’interno della quale arriviamo a conoscere il volto di uno degli avvocati laureatosi ad Harvard noto per aver, dopo essersi trasferito a Montgomery, in Alabama, fondato la Equal Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro che ha quale primario obiettivo quello di contrastare il fenomeno dell’incarcerazione di massa e ancor di più di porre un freno a pene estreme al fine di proteggere quei diritti umani fondamentali che spesso diamo per scontati e che soventemente sono osteggiati da odi infondati quali razza, disuguaglianze economiche e chi più ne ha più ne metta.
Siamo nel 1983 quando Bryan, alle prese con il proprio tirocinio formativo, visita per la prima volta un carcere di massima sicurezza e più precisamente il braccio della morte per incontrare un condannato, recluso da oltre due anni, che non ha disponibilità economica per sostenere la propria difesa legale. Obiettivo della visita è quello di comunicare un unico messaggio: “L’anno prossimo non verrai ucciso”. Tanta l’ansia, il timore, l’agitazione per quel passo mai compiuto e che lo avrebbe portato in un universo di fatto ignoto.
La vita non è semplice nel Nuovo Mondo e soprattutto in luoghi quali l’Alabama dove la povertà e il razzismo regnano sovrani destinando alla prigione e a quel maledetto braccio innumerevoli fila di uomini innocenti e non. Le ore, tra queste mura, scorrono lente e vengono scandite dall’odore di carne bruciata che è sinonimo di un’altra esecuzione effettuata. Bryan impara molto bene quella che è la routine del carcere negli anni che seguono e che lo vedono fare avanti e indietro tra l’ufficio e il luogo della morte.
È quello di Walter McMillian il caso sul quale viene maggiormente posta l’attenzione del legale. È il 1987 e l’afroamericano viene accusato di aver ucciso una ragazza bianca. Tante le prove addotte in giudizio a riprova della sua innocenza, alcuna la prova addotta dall’accusa atta a dimostrarne l’effettiva e indubbia colpevolezza. Tuttavia, quella sentenza di condanna arriva chiara e inequivocabile e si traduce nella misura della pena capitale. Di fatto questa non è però l’unica storia che conosciamo perché Stevenson sofferma l’attenzione su molteplici detenuti che non vengono suddivisi tra innocenti o colpevoli quanto vengono eletti a rappresentanza di un sistema punitivo fallimentare e per questo inefficace nella sua funzione originaria. Siamo così chiamati a riflettere su tutte quelle sottigliezze che si manifestano all’interno delle carceri ma più propriamente nell’animo umano e che vanno dal problema della tossicodipendenza, alla povertà, al disturbo infantile del comportamento, alla gestione dell’immigrazione, a malattie psichiatriche di vario genere.

«Tutti veniamo distrutti da qualcosa. Tutti abbiamo ferito qualcuno e siamo stati feriti. Siamo tutti in uno stato di distruzione, anche se le nostre distruzioni non si equivalgono.»

Un elaborato che ci fa riflettere sull’importanza di una difesa legittima, sull’importanza di un giusto processo, sull’importanza della perseveranza umana, sulla ricerca di una giustizia e ancor più equa in una realtà dove soventemente viene a mancare, una denuncia inarrestabile alla pena di morte, una testimonianza di coraggio e di fiducia. Un testo altresì accompagnato da una penna chiara e lineare, senza pretese e non eccessivamente giuridica tanto da essere accessibile a tutti.
Buono l’approfondimento anche se non totalmente esaustivo per gli appartenenti ai lavori e per chi magari in passato ha già letto opere del genere. Personalmente l’ho apprezzato ma avendo già conosciuto titoli simili per ragioni di studio e curiosità individuali non ho ravvisato caratteri di particolari novità seppur le storie abbiano tutte connotati di unicità che consentano allo scritto di non passare inosservato.
Consigliato a chi apprezza le biografie, a chi ama elaborati di approfondimento e arricchimento su uno specifico tema e chi vuol ampliare la propria conoscenza sull’argomento. Un buon esordio.

«La vicinanza mi ha insegnato alcune verità essenziali e che rendono umili, compresa questa lezione fondamentale: Ognuno di noi è ben di più dell’atto peggiore che possiamo aver commesso.»

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