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Betty

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Una bella donna dalla condotta scandalosa approda sullo sgabello di un bar degli Champs-Elysées, con la testa confusa dall'alcol. Che cosa c'è dietro? Per lo meno una magistrale indagine nelle zone più remote e più torbide della psiche femminile.



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Betty 2022-01-11 14:19:43 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    11 Gennaio, 2022
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Anticamera del manicomio

Ho trovato questo romanzo piuttosto difficile da seguire. Pur dotato di uno stile chiaro e di una capacità narrativa al di sopra della media credo che Simenon si sia inoltrato in un campo un po' troppo nebuloso. Entrare nella psiche di Betty e in quella dei frequentatori di un ristorante che definire sopra le righe è poco, forse è un'impresa che avrebbe dovuta essere affrontata da chi si occupa di professione di mente e delle malattie che la coinvolgono. Quindi ecco spiegato perché nonostante questo autore mi piaccia, questa volta mi ha lasciata perplessa.
La storia è quella di Betty una donna che conosciamo accasciata in un bar, tanto ubriaca da reggersi a fatica in piedi e da non rendersi neppure conto di che cosa le stia succedendo. Passata la sbornia e rimessa in sesto grazie ad alcuni frequentatori del locale che invece di approfittarsi di lei, come sarebbe più in line con i loro profili, la adottano e se curano, almeno così sembra all'inizio. Col passare delle pagine Betty ci racconta che cosa le è successo: i motivi per cui la sua famiglia l'ha cacciata, la sua posizione di vittima/carnefice senza però farci capire neppure alla fine quale sia l'elemento predominante.

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Betty 2019-11-15 08:31:04 Scavadentro
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Scavadentro Opinione inserita da Scavadentro    15 Novembre, 2019
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Ma che ti dice la testa?

Questo romanzo breve di Simenon è fatto di carne. Betty è praticamente l'unico personaggio che emerge e che seguiamo già in apertura persa nell'alcool, dentro ad un sordido locale notturno fumoso e pieno di tipi che definire “originali” è riduttivo (militare americano, medico drogato, languide prostitue, vecchi impotenti ecc..). La giovane protagonista ci viene a poco a poco svelata, moglie e madre che non è mai riuscita a recitare il suo ruolo. Tra le nebbie dell'alcool (ma quanto bevono e fumano i personaggi di Simenon!) veniamo a conoscere il motivo per il quale la donna dai vestiti alla moda sia ora smarrita, sporca, reduce dal vagare senza meta precisa dopo essere stata sorpresa dall'augusto marito a letto con uno dei molti amanti. Questo stato di autodistruzione permea tutto il narrato, cogliendo gli aspetti contraddittori di una donna che ha seguito la morale comune soggiacendo ad essa ed ai ruoli imposti, sempre senza serenità o gioia. In uno stato di apatia che sfiora il disadattamento si colloca nel nulla, con l'idea di dimenticare e dimenticarisi. Ella riflette anche quando una sua simile, la vedova Laure Lavancher, la raccoglie” nel sordido bar e la cura in albergo riconoscendo in Betty una copia più giovane di se stessa. La donna quarantenne ha senitmenti infermeristici francamente insoliti, e non si capisce se il suo sia un intervento salvifico per la ragazza o per se stessa. Fatto sta che la ragazza perduta è ora nella stanza 53 ove le venogno recapitati gli effetti eprosnali della sua vita precedente, e dove si rifugia in attesa di non si sa che. Il lettore qui può schierarsi: Betty è una viziata irresponsabile, ubriacona e tabagista? E' una madre e moglie snaturata che senza pensieri si concede a qualsiasi amante, rifiutando implicitamente il ruolo genitoriale? E' incapace di provare sentimenti? Oppure è un'eroina suo malgrado, che rifiuta il ruolo di moglie alto borghese? E' una vittima della società perbenista? E' una ragazza di ventotto anni che rimpiange la figura paterna che ricorda con nostalgia? Personalmente non trovo gradevole l'autocommiserazione ed il fatalismo. Non sopporto inoltre l'inanità verso gli eventi, subiti senza lottare. Noto una dose troppo grande di viltà e inerzia mista ad egoismo. Onestamente tra i lavori di questo autore non annovererei “Betty” tra i suoi migliori. E' interessante la discesa e la disamina degli aspetti intimi del mondo interiore femminile, sempre da considerare in base ai tempi nei quali si svolge e alle condizioni femminili della Francia ove si dipana il romanzo. Non apprezzo le figure maschili sempre rudi e carnali, rappresentate da Mario, padrone del bar, amante della Lavancher. Comprendo la critica all'alta borghesia incarnata nella famiglia del marito di Betty, suocera compresa, che pur di salvare le apparenze sarebbe disposta a “perdonare” i tradimenti coniugali in nome delle apparenza. Infine trovo paradossale il finale (che non svelo) a dimostrazione della considerazione che Simenon ha sempre avuto nei confronti delle donne, sovente indicate come imperfette non tanto nel fisico quanto nella psiche.

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Betty 2018-02-26 14:39:37 siti
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siti Opinione inserita da siti    26 Febbraio, 2018
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Una sporcizia insanabile

Una donna giunge in una bettola. L’ abbigliamento stride con il locale, abiti di eccellente taglio addosso e calze smagliate a testimoniare uno strappo evidente. Che ci fa in compagnia di quel dottore tossicomane, sposato, noto al resto dei disadattati che frequentano un improbabile cenacolo di campagna, lì a Versailles? Estrema periferia del mondo parigino: luogo che accoglie e perdona e forse offre un’altra opportunità…
È già in evidente stato di ebbrezza, Laure la salva dalle grinfie del medico e la fagocita nelle stanze del suo albergo, da quando è vedova ha lasciato l’alto mondo signorile dove torna di quando in quando, al momento la nuova vita le è più congeniale. Mentre assistiamo al recupero (?) di Betty, veniamo gradualmente messi a parte dell’antefatto, non solo le ultime tre notti fuori casa, dal fattaccio, ma tutta la sua esistenza, trent’anni appena.
In una eccellente ambientazione claustrofobica, impreziosita dalla descrizione dei deliri dovuti all’abuso di alcol, col ritmo martellante di pensieri sconnessi e iperbolici, con proiezioni che frammischiano vissuto, sogni e identità, con un alternare presente e passato, formuliamo ipotesi di sviluppo della vicenda e prendiamo atto della sua evoluzione che altro non è se non l’ennesimo schiaffo duro dell’abile belga. All’aria finzioni sociali e perbenismo, maschere e ruoli, qui si pareggiano i conti : ognuno sia quel che è!
Gradevole e veloce lettura, a tratti spiazzante per l’intreccio narrativo che potrebbe tranquillamente e in qualsivoglia riga prendere un andamento diverso, come la vita appunto; qui è il trionfo della volontà e perfino, sul finire, della sincerità … che poi non vadano di pari passo con la perfezione e l’ipocrita morale del modello borghese è tutta un’altra storia.

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Betty 2015-01-23 16:04:30 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    23 Gennaio, 2015
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Storia di una disadattata

Georges Simenon è certamente un narratore di qualità, capace come pochi di delineare perfettamente ambientazioni, di ricreare atmosfere, di scendere in profondità nella psiche dei suoi personaggi e Betty è una di questi, una donna incapace di affrontare la realtà, spesso cruda, se non crudele, della società in cui vive. Già come ci viene presentata, in preda ai fumi dell’alcol, con gli abiti di qualità, ma sgualciti, le calze con le smagliature, smarrita, in preda a uno stato confusionale e soprattutto disperata. È un essere che si lascia trasportare, inerte, dagli eventi, come se avesse i piedi su questo mondo e la testa forse in un altro. Fa tenerezza per questa sua fragilità, ma anche repulsione, per quella sua incapacità di sapersi coscientemente relazionare.
Insomma una che c’è, ma che anche non c’è, un personaggio quasi dalla doppia identità: apatica e rassegnata alla sua incapacità di amare, ma anche tesa alla ricerca di un amore, quell’amore che forse potrebbe salvarla, senza però che ci sia la convinzione in lei che possa essere la soluzione di tutti i suoi problemi.
La potremmo definire una disadattata, una incoerente, una donna che non riesce a trovare una precisa identità e un ruolo nella società che le consenta di esserne consapevole parte.
Si tratta evidentemente di un personaggio al limite, ma che serve egregiamente a Simenon per addentrarsi nella psicologia femminile, a volte tortuosa e complessa.
Considerato il carattere dell’autore, i suoi turbinosi rapporti con l’altro sesso, la sua violenza anche nei confronti dello stesso, non mi stupisce più di tanto che abbia ideato un personaggio come Betty, che ripeto è al limite, per quanto, sia pure con caratteristiche meno esasperate, non sia difficile trovare donne che riescono a mostrare, nel medesimo tempo, due facce della stessa medaglia.
È indubbio che Simenon qui sia riuscito a esprimere il suo virtuosismo ai massimi livelli, ma pur tenendo conto di questo elemento positivo, il romanzo in sé, per quanto di grande successo, mostra alcuni limiti, come per esempio una non impeccabile realizzazione delle atmosfere a cui lo scrittore belga ci ha sempre abituato e anche gli eccessi caratteriali in altre opere sono stati delineati meglio; inoltre la trama è tortuosamente avvitata su se stessa, tanto che la lettura ne risente . È esclusivamente per questi motivi che, sebbene sia dell’opinione che l’opera abbia una sua non trascurabile valenza, comunque non mi sembra in linea con altre che rasentano la perfezione, come, tanto per citarne una, Il piccolo libraio di Archangelsk. Aggiungo che qui è troppo presente l’autore, così che il personaggio che viene proposto e costruito appare come in controluce, laddove la fonte luminosa è identificabile chiaramente proprio in Simenon. Quindi per me è un ottimo romanzo, ma non un capolavoro.

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Betty 2014-12-26 11:37:08 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    26 Dicembre, 2014
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Vivere o morire

Il romanzo non mi ha entusiasmato, per una carenza sostanziale di contenuti originali.
Si legge e si dimentica, si fa un po' fatica ad interessarsi alla trama, lenta e sfilacciata come i pensieri di Betty, la protagonista.
Il profilo psicologico che lo scrittore ne traccia è abbastanza preciso: Betty prova un certo gusto a voltolarsi nel fango, sbronzarsi e accettare le avances di tutti gli uomini per narcotizzare il dolore.
La separazione dal padre, l'unico uomo da cui si sia sentita autenticamente amata, segna in qualche modo la sua esistenza, condannandola alla perpetua ricerca di un punto d'appoggio:
“Era sporca, faceva pietà, e non c'era nessuno, nessuno al mondo”.
D'altronde, sgualdrina e alcolizzata lo è forse per inclinazione naturale, con una certa tendenza a distruggere o ad autodistruggersi.
Se sbronza e ferita è come una bambina inerme (impeccabile la descrizione dello stato abulico dovuto ai fumi dell'alcol), lucida e ritemprata cambia decisamente registro, diventando una predatrice decisa a prendersi ciò che ritiene le spetti per diritto.
Betty non è donna da mezze misure: vivere o morire, insorgere o arrendersi.
Di grande effetto la sua esile figura in penombra che, un dito sulle labbra, impone un silenzio complice all'uomo che ruba ad un'altra per una sorta di istinto di conservazione.
Lei è tutta lì, ribelle, seducente, viziosa...
Ma resta un'impressione di incompiutezza, qualcosa di non ben amalgamato né approfondito, come se l'autore si fosse limitato ad assemblare idee e immagini senza lavorarci troppo sopra, sintetico per un verso, prolisso per un altro.
Passabile tutto sommato, ma di Simenon si può leggere certamente di meglio.


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Betty 2013-07-29 15:38:46 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    29 Luglio, 2013
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Betty: chi sei?

Betty, che strana creatura.
Una giovane donna alla deriva, già logorata dalla vita o meglio da se stessa, dalla propria insoddisfazione, da un istinto che la spinge a percorrere strade proibite e detestabili.
Il richiamo del vizio che si infrange contro il solido scoglio del “viver normale”: una famiglia da accudire, una buona reputazione sociale, un tetto sicuro.
Betty è un animo indomabile e nel corso della narrazione talvolta sembra alla ricerca spasmodica di uno scopo, talaltra sembra averlo già raggiunto.
Ancora una volta Simenon manipola e descrive la psiche umana come pochi scrittori sono in grado di fare; se da un lato in questo romanzo mancano pennellate di colore e odori del mondo esterno, dall'altro l'introspezione del personaggio è minuziosa, incisiva, cesellata alla perfezione.
Nulla è lasciato al caso; gesti, sguardi, parole.
E' una lettura da assaporare senza fretta, assecondandone il ritmo lento della narrazione per cogliere le sfumature più nascoste.

Con questo romanzo la penna di Simenon ha disegnato un altro personaggio memorabile, scavando nel cuore di una donna e portandone alla luce tutte le zone d'ombra, coinvolgendo il pubblico in una girandola di sensazioni, dalla riprovazione alla tristezza, dalla rabbia alla comprensione.
L'autore è un maestro nel tenere il lettore sul filo del rasoio del dubbio, costringendolo inoltre ad una continua tensione verso l'esito del racconto.

Chi è veramente Betty? Una donna perduta o ritrovata?
Una domanda che serpeggia fin dalle prime pagine e da cui è impossibile non rimanere ammaliati.

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Betty 2013-07-07 19:43:50 gracy
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gracy Opinione inserita da gracy    07 Luglio, 2013
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… ancora whisky per favore!

“ -E’un abitudine da prendere.
-Quale abitudine?.
-Quella di amare o di non amare….”

Betty…

Oh Betty! Ma cosa ti frullava in quella testolina così gracile, così minuta e così peccaminosa, quanta testardaggine e raccapriccianti desideri di voler a tutti i costi appartenere a un uomo indefinito, incerto e ignoto, perché all’infuori di un uomo, non c’era più niente al mondo.
Un uomo di passaggio, un uomo di poche pretese, un uomo incapace di amarti, un uomo qualsiasi come un’incertezza piacevole, rilassante, quasi gioiosa…in quel bar di rue Ponthieu, come in una qualsiasi bettola o camera squallida da 2 soldi. Tutto questo solo per punirti, per “sporcarti”, per sublimare e per mentire come per respirare. Tanto alcool dove affondare i pensieri e i disagi della tua vita vuota per meglio collimare la noia, la catastrofe e il dolore.
Guy e la sua certezza di uomo innamorato, ricco, le sue attenzioni, le sue delicatezze, non ti bastavano e a nulla valeva il prestigio di un visone selvatico o l’amore di due tenere creature da crescere e accudire, era meglio la trasandatezza di una calza smagliata o un vestito costoso sgualcito o il fondo di un bicchiere e poi di un altro ancora.
Betty…un po’ vittima e un po’ carnefice.

“Essere donna, insomma , voleva dire subire, voleva dire essere vittima, e la cosa mi appariva un po’ patetica.”

Simenon…

Ha creato un personaggio tanto scuro quanto disperato, ha dato voce all’anima ribelle e disadattata di una ventiseienne in cerca dell’amore e contemporaneamente all’opposto dell’amore puro e incondizionato, il lacerante disagio di una punizione continua, iniziata da bambina e mai cessata.
Fare il male agli altri come a se stessa. Scavare nella psiche di Betty è stato come mettere a nudo il lato nascosto di alcune donne, quelle che dietro certe apparenze nascondono il degrado dell’anima, l’insoddisfazione dei sentimenti puri e la ricerca continua della propria identità. Simenon ci prova con Betty, un po’ prostituta e un po’ alcolizzata e ci riesce, smembrando la sua anima con empatica dedizione e consapevolezza di essere un bravo intenditore…di donne.

“Era strano udire le sillabe susseguirsi, concatenarsi, formare parole, frasi, un po’ come il filo di cotone che a poco a poco si trasforma in merletto o quello di lana che si trasforma in una calza.”

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Betty 2013-01-03 21:35:57 cuspide84
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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    03 Gennaio, 2013
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VIAGGIO NELLA PSICHE FEMMINILE

Betty ha ventotto anni, siede su uno sgabello di un locale sugli Champs-Elyséès in compagnia di un uomo di cui non ricorda molto: come si chiama? Dove l’ha conosciuto? Come è arrivata fin lì? Ha un bicchiere davanti a sé, non è né il primo né probabilmente l’ultimo della serata; ha un assegno nella sua borsetta, scritto e firmato di suo pugno, che attesta la cessione di qualcosa che dovrebbe essere molto importante per lei; ha le calze smagliate e questa cosa l’irrita parecchio: vorrebbe farsi un bel bagno per togliere dal suo corpo quello sporco che si è accumulato negli ultimi tre giorni (o forse negli ultimi anni?).

Vorrebbe spegnersi, lentamente o meno, non importa; vorrebbe cancellare la sua vita, dimenticare gli ultimi anni passati alla ricerca disperata di un qualcosa che non è mai riuscita a trovare, una ferita forse? Vorrebbe che qualcuno si prendesse finalmente cura di lei; di LEI.

E quel qualcuno ha le sembianze di una donna… tra loro nascerà una sorta di relazione, indispensabile a entrambe per andare avanti, per redimersi, per lasciarsi finalmente alle spalle il passato: un passato difficile, triste, lontano ma dannatamente presente; questo loro rapporto, che assume da subito le caratteristiche proprie di una relazione tra madre e figlia, porterà entrambe ad una sorta di “rinascita”, di vittoria e di perdita.

Chi sarà la vincitrice? Chi la sconfitta?

Un romanzo che sconvolge per la sua capacità introspettiva. Un romanzo che colpisce, sia per la sua protagonista, certamente al di fuori di ogni tipologia caratteriale cui si è normalmente abituati, sia per la sua conclusione; una conclusione che fa riflettere su come e quanto, a volte, l’animo femminile possa essere torbido, inspiegabile e del tutto imprevedibile.

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Betty 2012-11-15 13:52:46 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    15 Novembre, 2012
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Vittima o carnefice? Betty

Betty le calze smagliate, su entrambe le gambe.
Betty senza un bagno da tre giorni, Betty senza sonno e senza sogni.
Un locale, potrebbe essere un bar, servono da bere; oppure potrebbe essere un ristorante, qualcuno mangia.
Betty vuole solo del whisky, vuota il bicchiere ne ordina un altro, destinazione oblio.
Vaga da giorni , donna priva di un corpo, fantasma tra la gente che passeggia amabilmente sui marciapiedi di Versailles .
Un assegno importante in borsetta, cosa hai venduto Betty ?
Che destino hai comprato, senza nemmeno saperlo ?

Rieccolo il prolifico Simenon , a generare un altro figliolo nella sua ammirevole discendenza.
Splendido libro, racconta l’implosione di una donna , l’insano vagare nel nulla alla ricerca del suo io e dell’amore che qualcuno potrebbe rivolgere a Betty, alla donna, a lei. Non al suo ruolo.
Apoteosi della passivita’, una figura alla deriva senza meta, senza prospettiva, senza argini, senza gratidudine, brulicante di infelicita’ e arrendevole indifferenza.
Pochi personaggi descritti magistralmente, denudati per noi, l’autore ha la capacita’ di insediarsi nell’animo dei suoi attori, di raccontarci i loro drammi ed i loro deliri con grazia ricevuta, delicatamente, senza strangolare le corde della nostra emotivita’.

Molto femminile, drammatico, intrigante ed emozionante.
Bellissimo. Buona lettura.

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Betty 2010-08-29 07:30:05 ferrarideandre
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ferrarideandre Opinione inserita da ferrarideandre    29 Agosto, 2010
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un perfetto romanzo psicanalitico

Recensione a”Betty” (1961) di George Simenon, Adelphi, Milano 1992-2008.
di Alberto Ferrari

Poche parole fra un uomo e una donna al tavolo di un locale fumoso a Versailles, che scopriremo essere la tana degli svitati, come Mario, il proprietario, chiama affettuosamente la clientela alludendo ai vizi da cui è afflitta, che sono poi quelli di chi vive di notte: l’alcol, il sesso e la droga ad alleviare un’esistenza difficile.
Poche parole e chi è lei comincia a uscir fuori insieme ad alcuni dettagli: il corpo minuto, il viso grazioso, gli abiti eleganti che indossa ormai da più giorni, da quando vaga senza meta per Parigi. Chi è lui, il dottore, un drogato all’ultimo stadio, distinto nei modi e nel vestire, non avrà sviluppi ulteriori, perché Simenon, in questo primo romanzo pubblicato in Italia da Adelphi, di quelli che il grande scrittore francese ha scritto senza le inchieste di Maigret, vuole parlare di lei soltanto, Betty, appunto.
Betty è una donna che non ha più argini contro il bicchiere e le avances degli uomini. Il marito l’ha colta in flagrante. Il classico imprevisto e lui e la suocera fanno ritorno a casa anzi tempo trovando Betty completamente nuda sul divano del salotto tra le braccia del giovane amante, mentre le figlie dormivano nella stanza accanto. Ma non è di tradimento che si sostanzia il dramma di Betty. Anche se dopo il fatto il marito la costringe a firmare un’ammissione di colpa con la rinuncia alla potestà sulle figlie. Il vero dramma è che Betty è una ninfomane. E nel raccontarci la vicenda di Betty Simenon ci propone la storia dell’iniziazione sessuale di una donna nella società borghese del dopoguerra. Scopriamo che Betty, a soli otto anni, viene mandata a vivere dalla zia quando la Francia viene invasa dalla Germania, perché i suoi genitori la credono più al sicuro nella campagna della Vandea che non a Parigi. A undici anni Betty scopre che il marito della zia è solito abusare sessualmente della docile ragazza di quindici anni che presta servizio come cameriera. La zia, scoprirà Betty, sa tutto ma preferisce far finta di niente. Quando lo zio si accorge che Betty li ha visti, minaccia di farle lo stesso trattamento nel caso in cui avesse spifferato qualcosa. E’ questo l’antefatto traumatico che fissa nella mente di Betty l’idea che diventare donna equivale all’accettazione rassegnata di un patimento fisico, di un sopruso da parte di un uomo-padrone. Donna è colei che risulta irrimediabilmente sporca e ferita per la perdita della verginità.
L’idea di sporcizia e sudiciume nel caso di Betty è una variante dello “sporco” rapporto col padre. Prima che la guerra separasse per sempre padre e figlia, Betty era una bimba felice. Suo padre sapeva farla divertire e, a suo dire, la trattava già da donna, avendo intuito la sua precoce femminilità. Evidentemente la bambina vagheggiava congiunzioni simboliche con il padre non proprio pudiche. Ecco perché Betty, nemmeno troppo nascostamente, proverà invidia per Thérèse, la cameriera che doveva soddisfare le voglie degli uomini, a cominciare dallo zio burbero. Ma dalla sublimazione del rapporto con il padre, probabilmente Betty avrebbe tratto la sicurezza necessaria per affrontare gli altri uomini senza il senso di sporcizia e peccato, che invece si fissa nella sua psiche come una cisti a causa della prematura e irrimediabile perdita: il padre verrà giustiziato dai tedeschi per rappresaglia a guerra ormai finita. Inoltre, in quella fase in cui il rapporto con il padre era in divenire, la madre, da terzo incomodo, non lesinava le proprie critiche. Per il suo lavoro di chimico-droghiere il padre di Betty indossava un grembiule molto sporco che la moglie gli rimproverava di frequente. In senso traslato lo sporco, nella precoce psiche di Betty, diventa il giudizio morale della madre verso il rapporto esclusivo fra padre e figlia. Crescendo Betty si sentirà sempre quello sporco addosso, fino ad andarselo a cercare nei momenti di “pulizia”, quando cioè diventerà la moglie di uno stimato borghese e la madre di due tenere bambine, ricorrendo al tradimento coniugale fino all’impudicizia di portarsi l’amante a casa.
Ma nel locale di Mario, dove le anime ammaccate di Parigi sembrano rotolare verso una buca sicura, anche Betty scoprirà una nuova sensazione di calma, incontrando un uomo in grado di capirla nell’incomprensibile mutevolezza dei suoi stati d’animo.
Per una donna che sembra rinascere a nuova vita, una di sicuro muore volontariamente: colei a cui Betty sottrarrà l’uomo, perché se l’adagio vuole che le belle donne bisogna sempre portarle via qualcuno, probabilmente gli uomini interessanti anche. Ma questo della donna non più giovane che si toglie la vita per amore sarebbe un'altra storia, che Simenon lambisce soltanto, proprio per non rovinare la pregevolissima confezione del dramma psicoanalitico fatto su misura per Betty.

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