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Longbourn House
 
Longbourn House 2020-02-12 08:42:12 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
1.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    12 Febbraio, 2020
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Potrebbe piovere...

"Longbourn House" si presenta come un romanzo storico, mascherando così la sua effettiva natura di romance, che a tratti sfocia nel puro Harmony (abbiamo pure l’immancabile protagonista maschile con le cicatrici sulla schiena... TOP!). Non c’è nulla di sbagliato in un romanzo rosa, ma per correttezza il lettore non andrebbe ingannato, soprattutto se la storia d’amore presentata è tanto sconclusionata quanto inquietante. A riprova di ciò, voglio iniziare questa recensione in modo diverso dal solito, ossia con una citazione tratta dal testo:

«Invece, a sua insaputa, c’era anche James. L’aveva seguita di nascosto,senza farsi scorgere, come era diventato esperto a fare.»

Non vi sembrano le premesse ideali per un thriller in cui l’assassino stalkera in modo a dir poco angosciante la sua prossima vittima? Be' vi sbagliate! perché il serial killer mancato James e la sua potenziale vittima (aka la cameriera Sarah) sono la felice coppia per la quale dovremmo fare il tifo in questo libro.
Ma mettiamo da parte (pur tenendo bene a mente) questa premessa e passiamo alla trama del romanzo.
Innanzitutto questa storia non è completamente originale dal momento che basa gran parte degli avvenimenti e dei personaggi secondari sul classico austeniano "Orgoglio e pregiudizio". Il romanzo si impone infatti di raccontare le vicende della servitù della famiglia Bennet dall’arrivo di Bingley a Netherfield fino a qualche tempo dopo il matrimonio di Elizabeth e Darcy. In particolare, il focus è incentrato sulla governante Mrs Hill e i già menzionati Sarah e James (il nuovo valletto), ma anche la seconda cameriera Mary "Polly" e il maggiordomo Mr Hill hanno un ruolo di rilievo nella storia.
Parlando di trama, le mie critiche su questo titolo possono cominciare già da qui. La storia principale è infatti divisa a metà da una parte molto consistente sul passato di uno dei personaggi, che non si amalgama per nulla con il resto della narrazione, un po' come succedeva in "The Invasion of the Tearling" di Erika Johansen e "In territorio nemico" di Scrittura Industriale Collettiva; vorrei precisare che, in tutti e tre i casi, la storia secondaria non è mal scritta di per sé, soltanto stona inserita in quella principale.
Il ritmo narrativo viene inoltre spezzato di frequente da descrizioni prolisse e dettagli spesso inutili. Questi troncano la storia nei momenti in cui dovrebbe esserci più tensione: ad esempio, quando i Bennet vengono informati della fuga di Lydia, l'autrice blocca la scena e spende diverse righe per raccontare di come Mrs Hill paghi il corriere e dei pericoli in cui questi potrebbe incorrere sulla strada di notte. Sarebbe anche interessante, se non fosse in corso una vera emergenza!
Passando ai personaggi, penso che quanto scritto all'inizio su Sarah e James sia sufficiente, anche se devo segnalare come lei sia una totale apatica -sempre pronta a lamentarsi della sua situazione, ma incapace di prendere un’iniziativa sensata. Come non bastasse, gli ostacoli all’amore tra i due sono davvero ridicoli: le minacce di Wickham vengono rese vane dallo stesso epilogo e il triangolo amoroso risulta inutile tanto quanto il personaggio che ne diventa il terzo lato.
Riguardo Mrs Hill rimangono ancora parecchie domande irrisolte: perché non ha mai lasciato la famiglia Bennet, date le tante sofferenze patite? perché non dice nulla a Sarah, per poi spiattellare tutto dopo la fuga di James? perché odia da subito Ptolemy? E non si tiri in ballo la questione razziale,

«E se Sarah ricambiava l’interresse - sempre che si fosse riusciti a impedire al mulatto di farle perdere completamente la testa - [...].»

perché tutti gli altri personaggi lo trattano senza il minimo pregiudizio e anche lei poi cambia idea senza alcun motivo. Poteva essere il personaggio migliore della storia, e probabilmente lo è visto il livello degli altri, ma non basta di certo.
Quelli che più mi hanno lasciata perplessa sono però i personaggi della Austen, qui in qualità di comparse, che in molti casi vengono completamente snaturati. Jane è scostante, Lizzie e Darcy diventano degli astiosi egoisti, Wickham addirittura un pedofilo, mentre il bonario Mr Bennet è quasi l'antagonista della situazione. Visto il suo ruolo, non posso credere che tenga un comportamento del genere con Mrs Hill;

«Se adesso avesse fatto un'altra obiezione, lui se la sarebbe segnata - teneva segretamente conto di tutto - e gliel'avrebbe fatta pagare alla prima occasione buona.»

con questo non voglio dire che questi personaggi non debbano avere difetti, ma se si scrive una storia ispirandosi ad un'altra opera bisognerebbe esserle il più possibile fedeli.
Di fondo l'idea del romanzo non è da buttare (altrimenti non l'avrei comprato!), perché siamo abituati a storie che seguono personaggi con una posizione elevata e ci dimentichiamo di chi deve lavorare ai piani bassi, e spesso essere svilito dai suoi datori di lavoro,

«-È solo perché lei [Mary Bennet] è la signorina e io non che lei si può far chiamare May e io sono dovuta diventare Polly, anche se il mio nome di battesimo è Mary come il suo.»

È sicuramente positiva anche la concezione della servitù di Longbourn come un nucleo familiare a se stante e composto da persone che forse non si sono scelte come famiglia in un primo momento ma hanno imparato pian piano a vedersi come tale.

«[Sarah] Lesse piano -per non disturbare la bambina che dormiva o il vecchio assopito - di come ci fossero nuove speranze di rapida vittoria in Spagna, [...].»

Lo stile della Baker è il vero tallone d'Achille del romanzo. Ho trovato fastidiosa la sua abitudine di interrompere le frasi principali con delle lunghe subordinate incluse nei trattini, come pure l'alternare diversi punti di vista all'interno dello stesso paragrafo e le molte ripetizioni ridondati di aggettivi e concetti.
Sono presenti anche dei dialoghi innaturali, che lasciano basiti. Vi porto in esempio queste due frasi consecutive:

«-Dovete riguardarvi, bambolina. Nessun altro lo farà per voi.
[...]
-Che posto è, questo in cui tutti si chiamano Bingley?»

Come può la seconda essere una valida risposta alla prima? Sembra che l'autrice abbia dimenticato la parte centrale del dialogo.
E che dire delle molte metafore ardite, che il più delle volte lasciano perplesso il lettore. Perché, siate onesti e, dopo aver letto questa frase:

«[...] scivolava giù del letto mentre Polly dormiva e, come una stella di mare, attraversava furtivamente il cortile, infreddolita e ai piedi nudi, [...].»

ditemi che non sono l'unica a non aver mai visto una stella di mare infreddolita e a piedi nudi!

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Commenti

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Personalmente trovo bellissima la metafora della stella marina :-).
Non nego che al metafora possa piacere a livello soggetto, ma la reputo priva di logica interna.
Se la mia recensione ti ha comunque incuriosito, ti consiglio da dare un'occasione a questo romanzo perché credo che potrebbe piacere ad altri lettori ^_^
In risposta ad un precedente commento
Molly Bloom
13 Febbraio, 2020
Ultimo aggiornamento:
13 Febbraio, 2020
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Si, mi hai decisamente incuriosita anche se non credo di volerlo leggere perché non è un genere che amo. Per le metafore è soggettivo il discorso, hai ragione, soprattutto per quelle non proprio convenzionali. Nel mio caso, questo scivolare dal letto e attraversare di notte in punta di piedi il cortile, paragonata a questa stella sui fondi marini freddi e bui che si muove lentamente spostandosi con le sue punte, l'ho trovata originale. Secondo me le metafore non devono essere sempre logiche ma soprattutto suscitare un'analogia immaginaria.
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