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Vi avverto che vivo per l'ultima volta
 
Vi avverto che vivo per l'ultima volta 2024-03-18 05:42:13 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    18 Marzo, 2024
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Splendido e doloroso

Non possiamo definirlo un vero e proprio romanzo, non possiamo considerarlo una biografia a tutti gli effetti, non è certamente ciò che si può chiamare saggio. Che cos'è allora questo libro di Paolo Nori? Forse la vera domanda da porre, però, è questa: dobbiamo necessariamente trovare una definizione per questa bellissima opera? Perché racchiudere in un unico sostantivo pagine che parlano di amore per la poesia, per la letteratura, per la cultura in generale? Pagine che parlano di storia e di attualità, che alternano il racconto della vita straordinaria di una donna e artista altrettanto straordinaria al racconto della vita e delle esperienze dello stesso autore. Pagine che trasudano un'infatuazione viscerale per una terra, una cultura, una lingua meravigliosa come quella russa, e che spiegano come questa passione si scontri con tutto ciò che, nell'opinione pubblica, nella politica, nella vita di tutti i giorni, essa comporta da quando è scoppiata la guerra tutt'ora in corso tra Russia e Ucraina. La protagonista è una figura affascinante come quella di Anna Achmatova.
"Prima di primavera c’è dei giorni
Che alita già sotto la neve il prato,
Che sussurrano i rami disadorni,
E c’è un vento tenero ed alato.
Il tuo corpo si muove senza pena,
La tua casa non ti par più quella,
Tu ricanti una vecchia cantilena,
E ti sembra ancora tanto bella."
Anna non era bellissima, era meglio, anche in mezzo a donne stupende la sua figura spiccava tra le altre per espressività, spiritualità, magnetismo. Anna non era una semplice poetessa (o poeta come preferiva essere definita), era uno dei più grandi poeti di tutti i tempi. La vita di Anna merita di essere raccontata non soltanto per la sua grandezza come artista, ma perché sarebbe stata una vita memorabile anche, come dice Nori, "se avesse fatto l'ingegnere navale". La giovane fa capire subito di che pasta è fatta quando decide di cambiare cognome (è nata Gorenko) sfidando il padre che le aveva proibito di mischiare il proprio con attività dubbie e discutibili come la poesia, definendole "faccende disonorevoli". Uno spirito battagliero, indipendente, orgoglioso, che si porterà dietro per tutta la vita e che la aiuterà ad affrontare un'esistenza da artista invisa al regime nell'Unione Sovietica guidata da Stalin. L'espulsione dell'Unione degli scrittori, l'isolamento, la privazione della tessera alimentare, le critiche dei colleghi, la riabilitazione, la ricaduta, la censura. Per poter continuare la sua arte, racconta l'amica Lidija ?ukovskaja "quando veniva a trovarmi, mi recitava versi di Requiem in un sussurro, ma a casa sua, alla casa sulla Fontanka, non si risolveva neppure a sussurrare; d’un tratto, nel bel mezzo del discorso, si interrompeva e, indicandomi con gli occhi il soffitto e le pareti, prendeva un pezzetto di carta e una matita; poi diceva ad alta voce qualcosa di molto frivolo: “Volete del tè?”, oppure: “Come siete abbronzata!”, scriveva velocemente fino a riempire il foglietto e me lo porgeva. Io leggevo i versi e, quando li avevo impressi nella memoria, glieli restituivo in silenzio. “L’autunno è venuto così presto” diceva Anna Andreevna ad alta voce e, acceso un fiammifero, bruciava il foglietto in un posacenere. Era un rito: le mani, il fiammifero, il posacenere – un rito splendido e doloroso". Anche la sua vita privata è stata movimentata e ricca di tormenti, tra relazioni travagliate, separazioni, tradimenti, un marito (il poeta Nikolaj Gumilëv) prima arrestato, poi fucilato, un figlio, Lev, con cui non è mai stata in grado di entrare in empatia, per il quale ha dovuto soffrire le pene della detenzione e le paure della guerra. E poi amicizie importanti e prestigiose, come quella con Modigliani (in realtà ben più di un'amicizia) o con l'immenso Bulgakov, per la cui morte ha scritto questi struggenti versi:
"Ecco, invece di rose sulla tomba,
Invece di turiboli d’incenso, io do questo, a te
Che hai vissuto in un modo così serio,
E che hai guardato il mondo, fino in fondo,
con un
Magnifico disprezzo.
Bevevi, sapevi scherzare solo tu,come
scherzavi tu,
E soffocavi, tra pareti soffocanti,
E hai lasciato entrare l’ospite terribile,
E sei rimasto lì, con lei, a guardarla in faccia.
E non ci sei più,
E nessuno intorno dice niente,
Di questa vita orribile e meravigliosa.
Che la mia voce, almeno, come un flauto,
Suoni al tuo muto banchetto funebre."
C'è tutto ciò in questo libro, ma c'è anche molto di più. C'è un autore che, parlando di Anna Achmatova, parla anche di se stesso, della scintilla che ha acceso la sua passione per la letteratura, degli studi, dei viaggi, della famiglia, della passione per il calcio, dell'infatuazione per un paese terribile e straordinario come la Russia, delle soddisfazioni che questa gli ha dato ma anche di tutti i problemi che, a causa sua, è costretto ad affrontare da quando è iniziato il conflitto "tra fratelli e sorelle". In più citazioni, riferimenti, consigli letterari, una forte dose di confidenziale simpatia, uniti ad una sapiente scrittura, rendono piacevole, interessante, vivo un volume di difficile catalogazione ma di ottimo impatto per il lettore, che non potrà fare a meno di procurarsi le opere di questa grande figura del novecento che, con le sue poesie, ci voleva avvertire che avrebbe vissuto per l'ultima volta.
"«In America» dice «mi hanno detto che lei è molto conosciuta, ho letto alcune delle sue cose e ho capito che lei è l’unica che mi può rispondere: cos’è l’anima russa?» L’Achmatova, con gentilezza ma con decisione, cambia argomento. Il professore fa un’altra volta la sua domanda. Lei cambia ancora argomento. Lui rifà la domanda. Lei cambia argomento. Lui si arrabbia e lo chiede a Najman, se sa cos’è l’anima russa. «Non lo sappiamo, cos’è l’anima russa!» dice l’Achmatova, che si è arrabbiata anche lei. «Dostoevskij lo sapeva!» grida il professore americano. «Dostoevskij sapeva molte cose» dice l’Achmatova, «ma non tutto. Per esempio pensava che, se uccidi una persona, diventi Raskol’nikov. Ma noi adesso sappiamo che puoi ucciderne cinquanta, cento, e la sera andare a teatro beato e tranquillo.»"

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Commenti

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Bella presentazione, Enrico.
Leggere Nori è piacevole. Pensavo/speravo però si soffermasse maggiormente sulla grande poetessa russa.
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