Avere o essere?
Saggistica
Editore
Erich Fromm (Francoforte 1900 - Locarno 1980) studiò alle Università di Heidelberg e di Monaco e all'Istituto di Psicoanalisi di Berlino. Con Adorno, Horkheimer, Marcuse e altri ha lavorato nell'ambito del famoso Institut für Sozialforschung di Francoforte. Visse negli Stati Uniti dal 1934 e insegnò al Bennington College, alla Columbia, Michigan e Yale University, oltre che all'Università nazionale del Messico. Tra le sue opere più famose, in edizione Mondadori: L'arte di amare (1968), La crisi della psicoanalisi (1971), Anatomia della distruttività umana (1975), Avere o essere? (1986), Grandezza e limiti del pensiero di Freud (1979), La disobbedienza e altri saggi (1982), Fuga dalla libertà (1987), L'amore per la vita (1987), Psicoanalisi e religione (1996).
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Le cose che possiedi, alla fine ti possiedono
Da un saggio pregno di riflessioni interessanti, contenente un’attenta analisi della natura umana e della società in cui quest’ultima si trova a vivere, non ci si dovrebbe stupire nel ritrovarsi davanti a pensieri e temi già riscontrati in opere di altri scrittori. Oltre alla soddisfazione di “collegare i fili”, rendendosi conto che probabilmente Palahniuk ha preso qualche idea da quest’opera e lo stesso Fromm trova qualche analogia analitica nel precedente “Il tallone di ferro” di Jack London, durante la lettura ci si presenta la piacevole sensazione di un puzzle che comincia lentamente a riempirsi; un puzzle che contiene in sé un’immagine degli uomini e della società moderni. Certo, come ogni opera “Avere o essere?” va contestualizzato; va compreso come il pensiero dell’autore sia pregno di quel terrore “atomico” tipico della piena Guerra Fredda, e dunque di quel sentimento condiviso di catastrofe imminente. Tuttavia, molti dei pensieri trattati da Fromm trovano ancora pieno riscontro nell’essere umano contemporaneo e nella società odierna, entrambi tendenti a vivere una vita basata su quella che il filosofo chiama “modalità dell’avere”.
Ma cos’è la modalità dell’avere?
“Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca”. Questo pensiero espresso da Tyler Durden in Fight Club è l’esatto contrario di quanto sostenuto (consciamente o meno) da chi vive secondo la modalità dell’avere, ed è facile capire quanto il mondo moderno sia pregno di questa illusione di felicità derivante dal possesso di cose materiali. Non lavoriamo per poterci permettere sempre più lusso? per avere una nuova auto, per avere l’ultimo ritrovato tecnologico, e per avere una bella casa? Avere, avere, avere. Eppure, non è vero che poco tempo dopo l’acquisto tutte queste cose perdono di valore? non è vero che subito dopo sentiamo il bisogno di acquistare altro, di avere altro? Dunque qual è la soluzione?
Secondo Erich Fromm, la soluzione sta nella modalità dell’essere; una soluzione sostenuta anche da quelli che lui definisce i più Grandi Maestri della storia dell’uomo, tra i quali figurano Gesù Cristo, Buddha, fino ad arrivare a Karl Marx, il cui pensiero è stato talmente precoce da venire snaturato e utilizzato per perorare la causa dell’avere. Ma cos’è la modalità dell’essere, invece?
La modalità dell’essere è slegata dal possesso. Certo, per sopravvivere l’uomo ha bisogno di “avere” certe cose, ma non è a questo scopo che dovrebbe essere volta la sua esistenza. L’uomo dovrebbe dedicarsi alla sua evoluzione interiore, a una vita contemplativa che gli consenta di essere dinamico, pregno di un’attività che non si intenda come un semplice “fare le cose”, ma come costante evoluzione della propria umanità che faccia del proprio perno l’amore verso sé stessi e di conseguenza verso gli altri. Vivere secondo la modalità dell’essere significa vivere con l’obiettivo di avvicinarsi ogni giorno di più alla effettiva natura umana, che è libera da ogni egoismo e che trova il suo benessere definitivo nella completa condivisione con gli altri e con l’amore reciproco. L’egoismo, infatti, non è insito nella natura umana come molti credono, bensì il prodotto della mentalità di un mondo che ha fatto della modalità dell’avere e del consumismo il suo centro.
La salvezza dalla catastrofe verso la quale si dirige il mondo, dunque, si troverebbe nel completo cambio di rotta dell’uomo e della società verso un modo di vivere improntato sull’essere; un cambiamento della cui difficoltà è lo stesso autore a rendersi conto, pur tentando di fornire qualche linea guida. Mentre l’individuo può tentare più “facilmente” di provare a vivere staccandosi dall’illusione che i beni materiali lo rendano ciò che è, e che quanto più ha tanto più sarà felice, un’altro paio di maniche è far invertire la rotta al mondo intero. Potremo mai essere in grado di mettere in atto tale cambiamento? Forse solo quando la catastrofe sarà imminente, sperando che a quel punto non sia già troppo tardi.
“Secondo la modalità dell’avere, non c’è rapporto vivente tra me e quello che io ho. Questo e l’io sono divenuti cose, e io ho le cose perché ho la forza di farle mie. C’è però anche una relazione inversa: le cose hanno me, perché il mio sentimento di identità, vale a dire l’equilibrio mentale, si fonda sul mio avere le cose (e quante più è possibile). La modalità dell’esistenza secondo l’avere non è stabilita da un processo vivente, produttivo, tra soggetto e oggetto; essa rende cose sia il soggetto sia l’oggetto. Il rapporto è di morte, non di vita.”
Indicazioni utili
"Fight Club" di Chuck Palahniuk
"Il tallone di ferro" di Jack London
fa riflettere, ma difficile da mettere in pratica
Avere o essere? Introversione o estroversione? Altruismo o egoismo? Gli autori cambiano, ma la dicotomia resta la stessa. Devo dire che con Fromm sono stati però introdotti concetti per me nuovi che mi hanno fatto riflettere.
E’ senza dubbio legato all’essere piuttosto che all’avere un individuo che preferisce fare un viaggio piuttosto che comprarsi un oggetto. Bisogna però vedere qual è il suo spirito durante il viaggio: se passa le giornate a fare foto senza chiedersi il perché delle cose che vede, senza conoscere le usanze dei popoli che incontra, senza riflettere sulle diversità esistenti e sul motivo che le ha generate, quell’individuo è più vicino all’avere che all’essere. Non può portare a casa una montagna: quindi la fotografa. Non può acquistare un contadino che miete il grano sotto il sole cocente, quindi lo fotografa. Si impossessa delle immagini, vuole possederle senza analizzare il perché: è un uomo di “avere”.
Possiamo dire cose simili in relazione al modo in cui gli studenti affrontano una lezione. Apparentemente l’apprendimento è sempre nell’ambito dell’”essere” e non dell’ “avere”, ma non è esatto. L’apprendimento puramente mnemonico, che non implichi una elaborazione personale dei dati acquisiti fa parte esclusivamente dell’”avere”. Queste informazioni sono nella mia testa, le ho acquisite io. Questo è comunque avere.
Il testo scorre con un linguaggio piano, senza asperità: viene fatto largo uso di esempi e questo rende la lettura piacevole pur trattandosi di un argomento tanto spigoloso.
Dopo aver considerato avere ed essere nell’esperienza quotidiana, nella religione e nella politica, Fromm spezza una lancia in favore dei giovani: la società moderna è costruita sull’avere, sulla proprietà privata, sul privare gli altri di ciò che possiamo fare nostro. “I giovani affrontano lunghi viaggi in condizioni disagevoli per ascoltare la musica che amano, per vedere un luogo che desiderano, per incontrarsi con la gente che preferiscono. Sarebbe fuori luogo porsi il problema se le loro mete siano valide quanto essi credono; ma anche se mancano di sufficiente preparazione questi giovani hanno il coraggio di Essere.”
Forse per restare giovani a lungo dobbiamo cercare sempre di “essere” a scapito dell’avere che condiziona la nostra vita. Più facile a dirsi che a farsi…..