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Lettere a Milena Lettere a Milena

Lettere a Milena

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La presentazione e le recensioni di Lettere a Milena, opera di Franz Kafka edita da Mondadori. La cronistoria di un amore impossibile nelle lettere di Kafka alla scrittrice boema Milena Jesenskà, traduttrice dei suoi primi racconti. Una giovane donna generosa, spregiudicata, di grande intelligenza, che morirà in un lager tedesco nel 1944.



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Lettere a Milena 2011-12-26 20:40:09 floria di tosca
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floria di tosca Opinione inserita da floria di tosca    26 Dicembre, 2011
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Parole parole parole ...

Letto,divorato.
Poi sentito improvvisamente come indigesto.Poi riletto: perso il sonno, per vicende personali annesse e similari,modellato con le mani come creta, spalmato sul cuore e iniettato in intramuscolo...
Franz - così mi han detto - non ha mai amato "veramente" Milena.
Ansioso fino alla compulsione, angosciato ed insicuro, Franz godeva solo della scrittura, voleva solo una donna che gli scrivesse e fosse per lui coltello e specchio per sentimenti troppo ingombranti e acerbi.
Franz troverà il vero amore solo con la sua ultima compagna e Milena, questa bolla sospesa che un tempo lo rendeva felice, resterà per sempre un coltello per lui e per i suoi futuri lettori.
Kafka è uno degli autori della mia vita, coi suoi tormenti e la sua asprezza: uomo che non addomestica le parole ai sentimenti; soffre ed è tanto chiaro il suo dolore che non un taglio, non una ferita a vivo farebbero più male delle sue parole.
Eppure- ho in mente la sua vivacità al primo incontro con Milena nonostante la severità delle sue condizioni - non l'amava, non l'amava!
Ho dovuto crederci: mi ha fatto male saperlo, ma in fondo, credo davvero che sia stato così.

****
Va bene, questo è quello che avrei detto non a caldo, ragionando un pelino, forse. E – lo ammetto - a me Kafka fa sempre un gran caldo!!! Ma non ci riesco, devo dire di più, perché Franz merita parole di primizia, di getto, di comprensione che vadano oltre all’approvazione e all’incantesimo maledetto che è in grado di lanciare sul cuore di chi legge.
Pertanto non me ne vogliano i cultori della materia, i kafkiani sfegatati, i critici e i lettori di fazione opposta: quando si ama qualcuno o qualcosa si è inevitabilmente di parte ed io – malgrado una recensione debba essere per quanto possibile oggettiva – non ho voglia di esserlo con Franz, né con lui né con me, non fosse altro che per rispettare le emozioni che libro ed autore m’hanno donato, a più riprese.
Questo breve epistolario ha cambiato il mio modo di approcciarmi alle letture di Kafka; chi ha in mente lo scarafaggio della metamorfosi, la lettera al padre o le immagini del castello potrebbe subire un colpo apoplettico, un ictus sentimentale, potrebbe intravedere l’umanità di uno scrittore angosciato e perso in un sentimento folle, forte, rivoluzionario, sempre uguale a se stesso. Uno scrittore che non sa come colmare i suoi vuoti se non riempendoli fino alla compulsione di lettere d’amore – e che amore!!! – per una donna giovane, coniugata, intelligente, innamorata ma lontana.
E’ forse la distanza tra i due che rende speciali queste lettere? E’ forse il bisogno inaudito di Kafka di essere compreso ed amato ( pag. 85 …cerca di capirmi e voglimi bene … pag 42 …tu appartieni a me anche se non dovessi vederti mai più …come continueremo a vivere? …pag 134 …questa notte ho ucciso per amor tuo…)al di sopra di tutto ? E’ davvero così , oppure questa atavica incompletezza, questa radice di angoscia, questo stile d’ansia che pervade, permea e ristagna è più di ciò che i suoi scritti rivelano?
Strano, Franz innamorato, strano e sconvolgente: la cura e l’attenzione di quelle parole, l’istinto di appartenenza, la voglia di tenere tra le braccia l’incontenibile sconosciuto sentimento rapiscono e inchiodano ad una immagine dello scrittore nuova, del tutto inedita.
Franz si mostra, nella sua nudità, nella fragilità umana di una emozione scomoda ma funzionale al riempimento delle sue voragini affettive. E senza volerlo, dopo un po’, ci si ritrova nel vuoto di quelle stesse voragini, ci si ritrova a guardare coi suoi stessi occhi e sembra di capire, di sentire, di percepire quello strappo costante all’anima che non lascia tempo per lacrime e dolore. E alla fine ti viene voglia di prendere il primo treno per Praga e bussare alla sua porta e chiedergli per favore di non smettere di amare, anche così, anche se per lettera, anche se per poco: ti vien voglia di dirgli tutto quello che una lettera non sa esprimere e che solo gli occhi, i baci, gli abbracci, il tocco di una mano, un gesto…sanno dire senza suoni.
Mi sono persa e ritrovata in questo epistolario; ho dormito con questo libro sotto al cuscino come fosse una Bibbia e l’ho aperto a caso lasciando che gli occhi accarezzassero le parole e ne scegliessero alcune come mantra, come portafortuna…Mi è sembrato così di essere più vicina a quest’uomo malato dentro e fuori. Mi è sembrato così di prolungare quell’amor fatuo che però infiamma e alberga nei meandri del cuore.
E siccome l’inferno continua in tutto il suo splendore, io attendo una stupida condanna, domani, nell’ultimo giorno, …solo per andare incontro a Franz, tendergli la mano e dirgli quanto mi ha innamorato la sua nudità e che avrei fatto qualunque cosa – Dio se l’avrei fatto!- perché il mio nome sostasse nella sua bocca , sulle sue labbra e nella sua penna anche solo per una volta.


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