Splendore e viltà
Saggistica
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La storia come romanzo
Settembre 1939, le truppe tedesche dopo aver superato la resistenza della Polonia attaccano la Francia e sembra chiaro che i transalpini non potranno resistere a lungo, l'estensione del dominio nazista
sull'Europa è più di una triste possibilità.
La Gran Bretagna sembra l'ultimo baluardo di un certo spessore che possa fermare questa avanzata inarrestabile, ma lo è davvero ?
Non lo è nelle paure della gente comune che teme di vedersi invadere da un giorno all'altro dalla Germania e neanche in quelle del governo al cui capo c'è un uomo stanco e logorato come il
primo ministro Neville Chamberlain sfiduciato dal parlamento e costretto a rimettere il suo mandato nelle mani di Re Giorgio.
Il quale nomina primo ministro Winston Churchill, ultrasessantenne, visto dai più come un pò scorbutico, inviso a molti membri del Parlamento ma probabilmente , prorpio per il suo carattere tosto, la persona più indicata a guidare il paese in simile drammatico frangente, tanto più che nessuna candidatura alternativa pare un minimo credibile nè alcuno si infervori per avere un incarico che ha tutti i crismi della condanna. Il libro narra essenzialmente la storia del primo anno e mezzo di governo di Winston Churchill, in pratica quello decisivo in cui la Gran Bretagna , contro ogni pronostico degli stessi inglesi resiste alle violente e continue incursioni aeree tedesche grazie ad uno stato efficiente ed unito e ad un popolo resiliente e mai domo anche per i comportamenti e le parole del suo Primo Ministro : uomo pratico, deciso, abilissimo oratore capace di esaltare le vittorie e far sembrare la peggiore sconfitta come una lezione talmente utile che è come se si fosse vinto, ma soprattutto diplomatico geniale e paziente. Churchill si circonda di collaboratori fedeli ed efficienti che trasformano la produzione aerea inglese in una macchina quasi perfetta in grado di produrre un numero tale di aerei da stravolgere le stime di Goebbels e degli altri gerarchi nazisti consiglieri di Hitler che ritenevano la Gran Bretagna un avversario abbordabile e poco attrezzato.
Sviluppa i primi sistemi di intercettazione aerea ma soprattutto gioca una partita a scacchi diplomatica con il presidente americano Roosvelt, conscio che solo l'intervento diretto degli Stati Uniti nel conflitto
possa consentire all'Europa invasa di sconfiggere Hitler e la sua enorme potenza militare. Ovviamente dall'altra parte dell'oceano il presidente americano, che pure nutre per il Premier inglese una certa stima,
non può decidere un'entrata nel conflitto con tutte le conseguenze in termini economici e di sacrificio di vite umane, giustificandola solo come una necessità di un pur caro alleato.
Ma la fortuna si sa aiuta gli audaci e la buona sorte per Churchill ha le forme del drammatico attacco giapponese a Pearl Harbour che di fatto sancisce l'inevitabile intervento degli Stati Uniti nel conflitto.
Larson riesce a parlare di politica, di strategie militari, di storia senza mai essere noioso o prolisso, anzi in certi punti diventa quasi difficile lasciare il racconto ed è strano considerando che come sono andate
le cose lo sappiamo tutti, quello che non sappiamo, e che Larson ci spiega senza usare una parola di troppo è la varia umanità che c'è dietro quelle pagine di storia, i comportamenti i dubbi, le paure persino gli amori dei protagonisti della storia, più che una cronaca di guerra in certi momenti è una storia di famiglia, perchè questo sembra il governo inglese in quei mesi , una famiglia allargata di persone che per lo più si stimano in qualche caso si tollerano ma senza che mai eventuali divergenze possano intralciare in qualche modo il fine comune che è vincere la guerra.
Se tutto questo è possibile lo si deve alla salda guida del Primo Ministro Winston Churchill, divenuto famoso ai posteri per i suoi coloriti aforismi , ma uomo solido, indomito e saggio per quanto poco incline
all'etichetta e amante dei sigari e del buon bere. Gran bel libro, Larson trasforma i dettagli , su cui tanti scrittori inciampano diventando prolissi e dispersivi alla noia, in una parte imprescindibile del racconto.