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Il sognatore
“Era una notte meravigliosa. Una di quelle notti come forse possono essercene soltanto quando si è giovani, egregio lettore. Il cielo era così stellato e così luminoso che, guardandolo, involontariamente veniva fatto di chiedersi: possibile che sotto un cielo come questo possano vivere persone adirate e lunatiche di vario genere?”
In una Pietroburgo trasfigurata in luogo d’isolamento vive il nostro protagonista, un uomo senza nome, indefinito; indefinito come la realtà in cui si costringe a vivere. Solo e alienato, quest’uomo trascorre le sue giornate in un mondo interiore avulso da qualsiasi contatto reale col mondo. E’ la figura del sognatore, magistralmente delineata, qui come altrove in Dostoevskij, come quella di una persona che vive in una realtà prodotta dalla sua mente, scontrandosi col mattino rivelatore della verità e dell’illusione. Ma che succede quando un sognatore esce dal suo mondo pseudo-dorato? Nella prima delle quattro notti bianche, il protagonista è attirato da una fanciulla, Nasten’ka, il primo essere umano che toccherà realmente la sua anima. Nasten’ka riuscirà a portare alla luce il mondo dei pensieri del sognatore, che in un lungo monologo scandaglierà il proprio cuore con la profondità che caratterizza il grande scrittore russo, capace di analizzare la drammatica contraddizione tra realtà e sogno, vita ed evasione. L’impatto della fanciulla è così forte che, inevitabilmente, il protagonista se ne innamora di un sentimento spirituale, a tratti stilnovistico. Ma anche Nasten’ka è una sognatrice: attende dopo un anno il ritorno dell’amato ed è turbata; il nostro eroe, per quanto straziato, persegue la felicità della sua amata e si affanna per aiutarla e consolarla. Ma l’uomo non si fa vivo e Nasten’ka sembra innamorarsi gradualmente. Proprio quando tutto sembra volgere al lieto fine, l’uomo riappare. La realtà torna ad essere sogno. Dopo quattro notti, il mattino è arrivato.
Dostoevskij conclude questo romanzo breve riconciliando l’inestricabile contraddizione tra sogno e realtà. La realtà non è che illusione. E’ il trionfo della soggettività: ognuno costruisce un mondo secondo il suo pensiero, abnegando se stesso nell’immaginazione tanto cara a Leopardi, via d’uscita dall’angosciosa solitudine che affligge l’animo di ogni uomo che sente col cuore e con la mente, e cadendo nel futuro, spaventoso, sottosuolo dostoevskiano.
“Allora senti che la fantasia, quella inesauribile fantasia, alla fine si stanca, si esaurisce in quella tensione permanente perché maturata, abbandona gli ideali presognati: essi cadono in polvere, si spezzano in frammenti; e se non esiste un'altra vita, allora ci tocca di costruirla con questi frammenti.”
Qual è il frammento da cui ripartire?
E’ un amore ideale e positivo nella sua spiritualità (che peraltro trova un corrispettivo nella vita sentimentale dell’autore, che questo romanzo breve sembra ricalcare).
E’ il contatto con il mondo finalmente avvenuto.
E’ l’attimo di beatitudine che Nasten’ka ha donato al sognatore. E’ solo un attimo, ma, per un uomo senza storia, vale quanto una vita. E’ il sogno della sua vita.
Commenti
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Grazie per la recensione, mi ha fatto venir voglia di rileggerlo.
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