Casa d'altri Casa d'altri

Casa d'altri

Letteratura italiana

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La presentazione e le recensioni di Casa d'altri e altri racconti, opera di Silvio D'Arzo edita da Einaudi. In gioventú, lo chiamavano Doctor Ironicus per la sua intelligenza sottile; ormai sessantenne, il protagonista di Casa d'altri non è che un «prete da sagre», confinato in un paesino della provincia emiliana dove non succede mai niente e dove «appaiono strane anche le cose più ovvie». Zelinda, però, una vecchia che passa le sue giornate a lavare i panni al fiume, senza avere alcun contatto con la gente, così ovvia non è; e non è ovvio neppure il tentativo di comunicazione che cerca d'instaurare con il prete, interrogandolo vagamente sulla legittimità di derogare a una «regola» della Chiesa cattolica. Quale sia questa regola, lo si scoprirà soltanto alla fine: quando il Doctor Ironicus, «così goffamente da provare vergogna di tutte le parole del mondo», non saprà dare alla vecchia che una risposta convenzionale e inadeguata. Intanto il lettore si trova coinvolto in una vicenda dal ritmo sempre più serrato, in un intreccio di tensioni e conflitti, in una lingua densa insieme di concretezza e di lirismo. Lo stesso clima di attesa incalzante si ritrova negli altri racconti: da Elogia alla signora Nodier, dove la protagonista, morto il marito, si chiude in una quieta infelicità, ai Due vecchi la cui serenità coniugale è turbata dal ricatto di uno studente. Nei temi comuni della solitudine, dell'isolamento, della diversità, c'è la disperazione lucida e modernissima di vivere il proprio tempo e il proprio luogo come «casa d'altri».

Di Silvio D'Arzo, pseudonimo di Ezio Comparoni (1920-1952), Einaudi ha pubblicato Penny Wirton e sua madre (1977) e Il pinguino senza frac e Tobby in prigione (1980) e Casa d'altri e altri racconti (1999 e 2007).



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Casa d'altri 2014-05-15 06:38:17 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    15 Mag, 2014
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Don Ironicus e la vecchia Zelinda

Che strano, di questo scrittore ho sentito parlare solo per caso, eppure il racconto è bellissimo. Un prete intelligente e curioso si trova a fare il parroco in un paesello tra i monti, tra pecorai e contadini, gente semplice, pettegola, di vedute ristrette, che non filosofeggia troppo e non pensa al di là del quotidiano. Tra queste persone spunta una vecchia che attira la curiosità del parroco per quello che lui intuisce lei vorrebbe dirgli ma non gli dice. Anzi, la buona volta che fa i 7 km di strada per andarlo a trovare e fargli la famosa domanda, chissà perchè gliene fa un'altra.
Anche il lettore è incuriosito dalla vecchia e dal suo mistero. Ma la cosa più bella del racconto è sicuramente la descrizione degli ambienti, del tempo che cambia, del cielo, del vento. Sembra di sentire i campanelli delle vacche e di vedere passare le capre. Si sente l'odore dell'erba e del letame sui campi.
In ogni caso si arriva a fine racconto intuendo il contenuto della fatidica domanda. Ma questo non disturba la lettura: la malinconia che cala sul romanzo improvvisa, il peso della domanda inchioda il lettore e don Ironicus. Purtroppo di fronte a certe domande non c'è risposta, e l'ironia è un salvagente che funziona solo per se stessi ma non si può lanciare a un altro. La soluzione viene dal cielo, alla fine, o dalla vita, malinconica e chiude il libro nel modo migliore.

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