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Il sogno di mia madre
 
Il sogno di mia madre 2019-07-15 06:44:06 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    15 Luglio, 2019
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OTTO STORIE DI DONNE

Quelle de “Il sogno di mia madre” sono otto storie di donne: donne che rappresentano tutte le generazioni, dalla dodicenne di “Ricca sfondata” alla nonna di “Salvate il mietitore”, e che, nonostante l’apparente eterogeneità dei racconti compresi nella raccolta, sono legate da una sorta di filo rosso che le accomuna in un unico destino, quello di donne per le quali le varie fasi della femminilità (l’innamoramento, la maternità, la vita coniugale) non sono mai acquisizioni istintive e naturali ma conquiste faticose, problematiche, piene di incertezze, tentennamenti e paure. Non sono mai personaggi anomali, quelli della Munro, anzi sono aspiranti musiciste, scrittrici o attrici, hanno una intelligenza precoce o una sensibilità fuori del comune, eppure essi non riescono a mettere la propria vita su quei binari che ogni lettore (soprattutto di sesso maschile) riterrebbe prevedibili e “normali”. Per carità, non c’è nulla di autenticamente sconvolgente, nessun tragico colpo di teatro (tutt’al più esso è sfiorato, come quando la cognata di Jill – nel racconto che dà il titolo al libro – si convince erroneamente che la figlioletta di quest’ultima sia morta soffocata durante la notte), e anche quando si perde il marito in guerra, o si subisce un grave incidente col fuoco (“Ricca sfondata”), o si consuma una irreparabile rottura familiare (“Le bambine restano”), il tono è quello di una prosaica e banale rottura della routine quotidiana. Lo strazio c’è, ma – sembra suggerire la Munro – fa ineluttabilmente parte della vita (almeno di quella del gentil sesso, perché gli uomini sono invece figure sfuocate, mediocri, chiuse nel loro ego, incapaci di grandi slanci e per lo stesso motivo al riparo da altrettanto grandi cadute), è un dolore che si consuma a ciglia asciutte e che viene metabolizzato in un’accettazione fatalistica che sovente è anche una epifanica presa di coscienza, anche se in negativo (come la protagonista di “Ricca sfondata”, la quale dal suo incidente viene fuori più matura e cresciuta, anche se irrimediabilmente sola). Spesso sono i rapporti tra le generazioni o tra genitori e figli a creare attriti (“Prima che tutto cambi”, “Ricca sfondata”), ma mai per vero e proprio antagonismo edipico, al contrario per una sorta di ontologica incomunicabilità (esemplare l’introverso rapporto tra il dottore che pratica gli aborti clandestini e sua figlia, la quale, dopo settimane di selvatica e taciturna convivenza, nel momento in cui accetta finalmente di “aprirsi” al padre non si accorge che, seduto allo stesso tavolo, questi è morto di un colpo apoplettico). Ma anche questi rapporti potenzialmente deflagranti vengono raffreddati dalla Munro in una sorta di volontaria implosione narrativa, così come gli elementi di mistero e i potenziali meccanismi da thriller (la morte del dottor Willens e il ritrovamento del suo corpo in “Una donna di cuore”, l’articolo di giornale letto al signor Gorrie sull’incendio avvenuto a Cortes Island molti decenni prima in “Cortes Island”, la convinzione di Sonje che il marito sia ancora vivo da qualche parte del mondo in “Giacarta”), i quali rimangono ad aleggiare lungo tutto l’arco dei racconti conferendo loro una strana enigmaticità. L’anticlimatica asciuttezza delle pagine della Munro è poi accentuata in alcune di esse (“Le bambine restano”, “Giacarta)” dal trascorrere del tempo, il quale stende un velo di malinconica ma asciutta nostalgia su avvenimenti osservati da un luogo molto, molto distante, e perciò al riparo da ogni residua emotività. Questi spostamenti, questi iati, queste fratture, queste epifanie, impercettibili o drammatiche che siano, sono il terreno in cui la Munro, da molti considerata la più grande scrittrice anglosassone di novelle brevi, si muove con disinvoltura, arricchendo con la sua profonda e vibratile sensibilità quel buco nero, indecifrabile e incomprensibile, che, agli occhi dell’altro sesso, è spesso considerato l’universo femminile.

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Commenti

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Ciao Giulio, nella tua bella recensione è riconoscibile l'essenza della scrittura della Munro, dei suoi temi , della sua sensibilità.
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kafka62
15 Luglio, 2019
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Grazie Laura. Anche se non amo molto i racconti in genere, ho trovato quelli della Munro molto raffinati e capaci di far entrare il lettore attento in estrema empatia con i personaggi femminili.
Esaustiva recensione, Giulio.
Siccome non sono lettore di racconti, ho cercato forse l'unico romanzo dell'autrice, "Chi ti credi di essere" , molto deludente. Ora non saprei proprio come ritentare con l'acclamata scrittrice canadese. Magari con qualche sua raccolta di racconti che formino una specie di romanzo. Ma ha scritto raccolte di tale genere?
Matelda
17 Luglio, 2019
Ultimo aggiornamento:
17 Luglio, 2019
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Giulio, Hai perfettamente messo a fuoco lo stile e il" mondo" di A. Munro, la mia scrittrice preferita da anni e anni prima del Nobel. Grazie per la tua splendida recensione ! Ne sono entusiasta
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kafka62
17 Luglio, 2019
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Grazie a te, Matelda, per il tempo che hai voluto dedicare alla mia recensione. Visto che la Munro è la tua scrittrice preferita, mi piacerebbe sapere da te qual è la sua opera che a te è piaciuta di più. Buone letture!
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kafka62
17 Luglio, 2019
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Grazie Emilio. Anch'io come te non sono un lettore che predilige i racconti (faccio eccezione per pochi autori, come Borges o Kafka), ma se vuoi leggere la Munro non puoi prescindere da questi. E' come andare a cena in un ristorante famoso per la sua cucina di mare e pretendere di mangiare la carne :) . Purtroppo non ho letto altre raccolte della scrittrice canadese, ma non credo che abbia scritto qualcosa simile a quello da te cercato, anche se poi un filo rosso che lega le sue storie lo si può, leggendole attentamente, trovarlo. Buone letture.
Grazie per la risposta.
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