Il cimitero di Praga Il cimitero di Praga

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Morena V Opinione inserita da Morena V    02 Gennaio, 2015
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CONTROVERSO


Ho visitato il cimitero di Praga nel 1993. E' un luogo che non si dimentica, perciò devo ammettere che ho acquistato il libro innanzitutto perché ero attirata dal titolo.
Mi aspettavo una trama ricca di spunti eruditi poiché non è il primo libro di eco che leggo, ma questa volta ho faticato a seguire la storia, soprattutto nella parte centrale dove i personaggi si moltiplicano e sono stata costretta più volte a tornare sulle pagine già lette per ripescare il ruolo di alcuni di essi.
Ho apprezzato, comunque, l'ambientazione storica:il Risorgimento è un periodo che da sempre mi affascina. Per me è stato interessante e piacevolmente diverso rivivere l'impresa dei Mille in modo per nulla retorico, attraverso gli occhi disincantati e cinici di un antieroe. Del resto il protagonista del romanzo incarna l'apoteosi della mistificazione, così abituato a imbrogliare e falsificare da credere, alla fine, egli stesso ai propri inganni. Non ha pietà per nessuno e non possiede scrupoli morali, ma non è nemmeno il mercenario che si schiera dalla parte del maggior offerente, non si schiera affatto: arraffa ciò che può da tutte le parti. L'unico punto fermo della sua esistenza è l'odio profondo per gli ebrei, coltivato fin dalla giovane età a causa degli insegnamenti balordi del nonno, infatti l'unica cosa a cui Simonini dimostra di essere affezionato (oltre alla buona cucina) sono i Protocolli che contengono la prova del presunto conciliabolo dei grandi capi ebrei per impossessarsi del mondo. Un documento forgiato dal falsario Simonini e più volte rimaneggiato a seconda del bisogno e dell'interlocutore. Ma quando arriva il momento di creare un'ultima e definitiva versione e cederla ai Russi, Simonini si sente svuotato e privo di uno scopo. Accetta l'ultima missione non solo per ritornare ad essere protagonista, ma soprattutto per dare ulteriore credibilità (per aiutare- dice lui) ai suoi Protocolli.
Interessante la struttura del romanzo, orchestrata come dialogo tra due diari, quello di Simonini e quello dell'abate Dalla Piccola. I due scrivono partendo da un suggerimento froidiano perchè entrambi smemorati e bisognosi di risolvere i continui black out che li tormentano. Tra di essi si inserisce il Narratore che dice di riportare i diari come li ha trovati (secondo uno stratagemma di manzoniana memoria) e cerca di riassumere le parti più ingarbugliate. Uno stesso t attanaglia entrambi i personaggi, ma si tratta di un mistero la cui soluzione il lettore riesce ad intuire facilmente già a metà libro. Ho trovato, invece, troppo dispersiva la parte centrale dedicata alla deriva delle logge massoniche in sette palladiane o nei vari culti di Lucifero. In questo caso l'invidiabile erudizione dell'autore, secondo me, non ha giovato all'opera.

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Vivix Opinione inserita da Vivix    27 Ottobre, 2014
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Terribile

Non sono contro i romanzi storici ma questo non lo avrei comprato comunque perchè la trama non mi attirava affatto. Mi è stato imposto dalla prof (mannaggia a lei) e così non ho avuto scelta. Inizialmente ero ottimista: mi aspettavo qualcosa di bruttino ma nel complesso passabile. Mai pensiero fu più sbagliato!
La storia è assolutamente terribile, i personaggi, lo stile e l'ambientazione non aiutano.
L'autore si immerge completamente nelle vicende storiche e chi, come nel mio caso, non le conosce o le ricorda solo a grandi linee si trova perso senza bussola e possibilità di capirci qualcosa.
I personaggi sono uno più terribile dell'altro ma la corona dell'odiosità spetta al protagonista, quel dannato Simone Simonini o come cavolo si chiama: mai letto di un tipo più cinico, materialista, senza scrupoli, antipatico, schifoso...okay, mi fermo.
Lo stile di Eco non aiuta a digerire il tutto. Descizioni minuziosissime che un altro po' informavano il lettore anche della lunghezza delle unghie del protagonista, periodi chilometrici e ingarbugliati, parole difficili, frasi in francese senza traduzione e un'infinità di ricette che rendevano conto anche del pizzico di sale o della goccia d'acqua, ma che caspita ci frega di ste' cose?!
Mai stata più tentata di non finire un libro, l'ho portato a termine (dopo essermi presa un buon mesetto di pausa circa a metà) solo perchè mi è stato imposto.

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Todaoda Opinione inserita da Todaoda    12 Dicembre, 2013
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Il gusto del tempo

Un affascinante romanzo a tre voci che riassume, rielabora e approfondisce un periodo storico di fondamentale importanza, quello che va dalla metà dell'800 fino agli inizi del '900, un periodo che ha segnato un'epoca e che con le sue tensioni politiche, economiche e sociali definisce i prodromi di quelli che verranno considerati i più grandi sconvolgimenti della storia dell'umanità.
Come è nato tutto? Cosa ha portato l'uomo ad auto sterminarsi su così vasta scala con ben due Guerre Mondiali? Quali sono state le tensioni, i piani segreti, le macchinazioni dei singoli e il tessuto sociale su cui si è potuto inserire quel meccanismo che avrebbe portato alla morte violenta di decine di milioni di persone in meno di trent'anni? Eco tenta di spiegarcelo, raccontando in maniera intelligente e brillante ciò che è stato agli inizi, quando nessuno avrebbe potuto sospettare le conseguenze di quanto si stava facendo, rivisitando (ma non reinventando) la storia europea di quegli anni, introducendo nel tessuto narrativo personaggi chiave per il destino del mondo, e dipingendo un quadro di insieme dalle tinte fosche, eppure nostalgiche e talora persino comiche, come solo una delle più abili penne del panorama letterario mondiale saprebbe fare.
Un lavoro dunque per metà romanzo e per metà documento storico, un lavoro profondo, intellettualmente appagante e sorprendentemente divertente che nella sua costante ricerca di un significato a ciò che è accaduto all'uomo, ciò di cui esso si è reso capace, ribadisce un concetto ormai a chiunque già noto, eppure mai così chiaro e lampante come in questa analisi: non contano le epoche, le credenze, l'intelligenza, la stupidità, la cultura e l'ignoranza, il virtuosismo o la turpe immoralità di alcuni, siano essi singoli individui o interi popoli, non contano le differenze sociali, politiche, militari o religiose tra stato e stato, tra uomo e uomo, non sono quelle, non sono loro a fare la storia; ciò che crea o distrugge la civiltà, ciò che plasma la nostra società adeguandola al tempo e al luogo è sempre stata (e sempre sarà) una sola cosa: i soldi, il denaro, e il potere che da esso ne deriva.
In nome di questo si formano alleanze, e si scatenano guerre, si eleggono capi e si sterminano i popoli, sotto il suo comando si piegano i vincitori e si umiliano i perdenti, si annullano i valori dell'uomo e della sua morale, si dimentica ciô che è stato e si ignora quel che sarà, al suo cospetto si tradiscono i propri ideali e si prega inginocchiati al fianco degli Dei, noi come loro, annichiliti dal suo potere temporale. E sia che lo si voglia o no, sia che per molti aspetti possa essere un male e per alcuni un bene, non ci si può fare nulla, poichè i soldi sono ciò che su grande e piccola scala ha sempre regolato, stabilito e determinato la vita e la morte degli esseri umani. Qualcuno potrebbe obbiettare, divagando, che le malattie sono un altro fattore determinante, ma non è forse vero che queste si sviluppano maggiormente in situazioni ambientali dove la povertà è più diffusa, non è forse vero che se si destinassero più fondi alla comprensione delle malattie, alle ricerca delle cure, si riuscirebbero a debellare più facilmente? Non c'è nulla da fare il denaro regola ogni cosa. Ma appunto non divaghiamo. Ciò che si evince dal libro è che non solo il potere del denaro ha un effetto diretto sulla persona che ne entra (o cerca di entrarne) in possesso, ma ha anche un potere sugli altri, su ogni singolo aspetto della loro vita: ad ogni azione corrisponde una reazione, ad ogni alleanza una rottura, ad ogni mossa una contro mossa e dalla singola moneta che si mette in tasca l'uomo qualunque nascono e derivano un'infinità di azioni concatenate, talvolta buone talvolta cattive, che nel loro complesso formano lo scheletro e il tessuto su cui si sviluppa la nostra società.
Temi importanti dunque quelli discussi ne Il Cimitero di Praga, temi di grande, e ineluttabile, attualità eppure temi che si inseriscono perfettamente nel contesto storico della narrazione.
È estremamente difficile costruire una storia che tratti di questi argomenti ed è ancora più difficile costruirla in modo tale che si regga in piedi in ogni sua parte, che scorra senza intoppi e soprattutto che avvinca chi la legge; sì, è estremamente difficile, eppure l'autore ci riesce, grazie ad uno stile coraggioso ed istrionico che avvinghia il lettore alla vicenda, ma ancor più all' ambiente, alla cultura, e alle società dell'epoca che, seppur conosciute, mai prima d'ora erano parse così intriganti e romantiche.
In un film si diceva (e forse questa era l'unica cosa degna di nota in quel film) che Hemingway era un grande perchè con i suoi romanzi era in grado di farci sentire il gusto delle cose. Bene anche Eco allora è "un grande" poichè al pari del suo predecessore anche lui riesce a farci sentire il gusto, non è tuttavia quello delle cose, ma è quello del tempo, è quello di un modo di vivere, è quello della storia.
Un libro dunque affascinante questo, dai contenuti importanti, se non essenziali, e che solo nel finale ad esser pignoli tende a perdere parzialmente il ritmo a causa di un' eccessiva ridondanza; dettaglio comunque più che trascurabile considerato che al contrario può vantare uno dei più divertenti, coraggiosi e interessanti incipit della storia della letteratura.
Un libro quindi profondo, maturo, reale, scritto in uno stile accattivante e condito da una appena accennata (e forse proprio per questo così affascinante) italianità; un libro che dovrebbe essere letto nei licei al pari di altri testi formativi per far capire e riflettere (divertendo) di cosa è capace, e inevitabilmente sarà capace, l'uomo, per la gloria, il potere o anche semplicemente la possibilità di sopravvivere, e in fin dei conti come già ribadito per l'unico vero ed equo Dio in cui pare costantemente credere a scapito di tutto il resto, il denaro.

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Ale96 Opinione inserita da Ale96    16 Giugno, 2013
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Il paradigma della mistificazione

Al periodo tra la fine dell' ottocento e l'inizio della Prima Guerra Mondiale, chiamato Belle époque, già dal termine pensiamo (nostalgicamente) ad un periodo sfavillante contraddistinto da un incredibile progresso e a un miglioramento sorprendente del tenore di vita: cinema, café-chantants, illuminazione, cancan, grandi magazzini illuminano la vita della vittoriosa borghesia che ottimisticamente immagina che nel Novecento si prolunghi questo splendido periodo di pace e progresso. Tuttavia (come per ogni epoca ) troviamo i suoi lati negativi e realistici: oltre allo sviluppo del pensiero anarchico che si esplica in numerosi attentati ( vedi l'assassinio di Umberto I d'Italia) i quali terrorizzano i benpensanti imprenditori e alle tensioni sociali dovuti al sempre più crescente divario tra industriali e operai che rivendicano i propri diritti, il male principale che lacera la società di fine ottocento è la falsificazione che occupa ogni campo del vivere quotidiano, dall'alimentazione (polvere di gesso presentata come farina!) al pensiero con il conseguente esacerbarsi dei cliché e dei pregiudizi i quali si esplicano nei reali prodotti della Belle èpoque: nazionalismo e antisemitismo, cemento essenziale dei grandi disastri e stermini del XX secolo. Ed è proprio questo il periodo scelto a scopo paradigmatico da Umberto Eco per il suo romanzo storico “Il cimitero di Praga” che ci trascina con uno stile piuttosto avvincente e con una perfetta resa dello sfondo storico nel gorgo irrazionale e pericoloso della modernità.

In una Parigi del 1897rinnovata dal progetto Haussmann, il capitano e falsario Simone Simonini- su consiglio di uno “studentello” austriaco, un certo Sigmund Freud (o come lo chiama, storpiandolo Simonini, Froide)- inizia a scrivere un diario-autobiografia con il tentativo di riprendersi dalla grave amnesia che lo ha colpito. Ma ben presto tale scritto si trasforma in un epistolario in cui interviene frequentemente l'abate Dalla Piccola, abitante di un miniappartamento collegato alla dimora di Simonini, e il quale è allacciato strettamente al nostro protagonista: infatti ciò che uno non ricorda lo ricorda bene l'altro.
Allora percorrendo un lungo lasso di tempo che va dal 1830 al 1897, veniamo a conoscere della personalità di quest'uomo camaleontico, viscido, egoista, terribilmente misogino, anticlericale, antigesuita e strenuamente antisemita, il quale tenta con ogni mezzo (più illecito che non) di racimolare un buon patrimonio per poter godere della vita e soprattutto del buon cibo per cui impazzisce ( infatti l'opera è infarcita ironicamente di numerose ricette che riaccendono più volte l'appetito del lettore). Nonostante la malignità e ipocrisia che Simonini emana da ogni poro, egli affascina anche per la sua intrinseca solitudine che lo contraddistingue sin dalla fanciullezza passata con il nonno, decisamente antisemita e pro ancien regime.
Ma ad intrigare ed avvincere in primis è la sua avventurosa vita passata lavorando nell'inventare e sventare complotti, a creare e a sciogliere matasse, nel vortice internazionale di spionaggio e controspionaggio in cui avidamente è entrato. In questo clima di falsità e cospirazioni, pur vivendo momenti epocali del XIX secolo quali i moti carbonari, la spedizione dei Mille, il 1848 ( annus horribilis per le monarchie europee), il Secondo Impero di Napoleone III e i fatidici giorni della Comune e nonostante l'intromissione di interventi massonici , messe nere e contrassalti gesuitici, Simonini continua a lavorare ad un' opera “letteraria” che contraddistingue l'apogeo della mistificazione storica donde erompe tutta la sua fiele verso il popolo ebraico e che avrà conseguenze tremende, quali i pogrom russi e la Shoah. Inoltre il protagonista ricostruendo queste tortuose vicende riuscirà a comprendere la verità della sua relazione con Dalla Piccola....

Umberto Eco con questo libro nel quale verosimile e realtà storica si amalgamano mirabilmente mediante un attenzione quasi maniacale ai dettagli, dà un'importante lezione su come una alterazione della realtà, seppure minima, può avere effetti devastanti per l'umanità e sulla banalità del falso, evidenziata da Simonini stesso che per i suoi documenti ricopia testi precedenti che a sua volta hanno ricopiato testi ancor più antichi in una catena che non pare avere fine.

Dal punto di vista letterario, invece, l'autore ha tentato di realizzare un'opera capace di emulare i grandi feuilleton ottocenteschi ( ad esempio I tre moschettieri di Dumas), contraddistinti da trame avvincenti e uno stile fluido che possa incantare il pubblico destinatario.
Eco è riuscito a ricreare in maniera creativa e personale questi grandi romanzi ma non a superarli del tutto a causa di alcuni rallentamenti dovuti all'utilizzo di termini disusi e arcaici (anche se non eccessivamente numerosi) che sembrano quasi delle spie dell'esibizionismo erudito dell'autore e di alcune descrizioni piuttosto pedanti ma che riescono a stendere quelle sfumature indispensabili per una buona resa dello sfondo storico che in Eco è divina.

In conclusione, consiglio quest'opera a tutti gli appassionati del romanzo storico e dei feuilleton in quanto Il cimitero di Praga non è un'opera di nicchia altrimenti un personaggio del calibro intellettuale di Umberto Eco sarebbe affogato un bicchiere d'acqua!
Infatti il romanzo d'appendice ottocentesco era destinato ad un grande pubblico e allora se lo scopo dell'autore è quello di farlo rivivere deve servirsi di uno stile piuttosto fluido e così esso si comporta.
Il lettore dovrà avere soltanto un po' di pazienza ( anche perché la prima parte è piuttosto lenta) ma alla fine non rimarrà deluso. Buona lettura!

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marlon Opinione inserita da marlon    31 Mag, 2013
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noia e caos

Ho messo in lavatrice le famose sette camicie !!! Non ricordo quante volte ho abbandonato e ripreso in mano questo libro. IL CIMITERO di PRAGA ( siamo a Parigi nel 1897 ) narra la storia di Simone Simonini , un anziano falsario ma soprattutto un agente segreto al soldo di qualunque “ forza”. Il protagonista ripercorre la sua vita scrivendo un diario, anche per tentare di vincere i vuoti di memoria che lo colpiscono sempre più frequentemente. Vive in un appartamento, sopra la sua bottega di rigattiere, con un vasto assortimento di parrucche e travestimenti , vecchi compagni di tante operazioni sotto copertura.. La sua stanza è comunicante con l’appartamento di un misterioso prete che non ricorda di avere visto e conosciuto (tra i tanti “costumi “ in suo possesso, anche un vestito da prete…). Tra un’amnesia e l’altra Simonini ricorda di essere piemontese, orfano, cresciuto dal nonno bigotto ed educato dai Gesuiti!!! Alla morte del nonno perde tutta l’eredità. Viene derubato dall’abile notaio Rebaudengo. Quest’ ultimo lo farà lavorare presso il suo studio insegnandogli il mestiere del falsario. Diventato presto un vero artista, Simonini attira le attenzioni dei servizi segreti sabaudi. L’ incontro darà il via alle sue avventure che lo porteranno a seguire i Mille in Sicilia o a Parigi per spiare, controllare e uccidere al soldo del controspionaggio francese. La sua infanzia difficile lo porterà ad odiare i religiosi ( GESUITI ), le donne e grazie all’influenza del nonno gli ebrei. Lo straordinario talento nella falsificazione di qualsiasi documento renderà molto ricco ma anche molto pericoloso il protagonista. La sua creazione finale, destinata al miglior offerente, sara’ il più grande falso storico. Il famigerato documento chiamato “ i protocolli di Sion”, tanto amato dai cospirazionisti . “ I PROTOCOLLI “ descriverebbero ad arte una presunta congiura giudaico/diabolica progettata nei minimi dettagli con il fine della conquista del mondo intero . Ma questo è solo l’inizio…

In sintesi il libro è scritto divinamente da Eco ma è molto pesante. Tanti personaggi e tanti intrecci per una storia di spionaggio vecchia di quasi due secoli. Piacevole il linguaggio dell’epoca. Ridicole le ricette inserite nel racconto ( dimenticavo che Simonini era un ghiottone ! ). NON E’ ASSOLUTAMENTE AVVINCENTE. Tutti i personaggi sono realmente esistiti e le loro vicende sono realmente accadute, tranne il capitano Simone Simonini.
Il messaggio del CIMITERO DI PRAGA è che nella giungla dei servizi segreti, massoneria, chiesa, sette “variopinte” e compagnia bella, REGNA IL DEPISTAGGIO !!! Se sono confusi loro, figurarsi noi comuni mortali. CONSIGLIO LA LETTURA ALLE PERSONE CON TANTA TANTA PAZIENZA…

Giuro che non lo leggerò mai più…

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Zine Opinione inserita da Zine    23 Aprile, 2013
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Le fogne dello spirito

Cosa lega il capitano Simonini, notaio e falsario di lungo corso, all’abate Dalla Piccola, schivo uomo di Chiesa? Perché i loro appartamenti sono comunicanti? Cosa nascondono i loro diari e perché la memoria dell’uno presenta inspiegabili momenti di tenebra su cui solo l’altro sembra in grado di fare luce? E cosa c’entrano questi due personaggi con i grandi fatti storici che porteranno alle Grandi Guerre del ‘900?
Simonini, nato nel Piemonte del Regno di Savoia e cresciuto dal nonno, un militare acceso antisemita, sviluppa negli anni un odio viscerale verso la figura dell’Ebreo, nonché una misoginia talmente forte da sfociare nel totale disgusto verso il corpo femminile. L’unico suo piacere è la buona tavola, la cucina di classe, cibo e bevande che possano portare godimento al suo corpo. Per quanto riguarda il resto, odia tutto e non si fida di nessuno, nemmeno degli uomini di Chiesa. Ha poi un’avversione particolare per i Gesuiti.
Questi tristi tratti del suo carattere vanno radicandosi tanto da farlo diventare un uomo subdolo, disonesto, il cui più grande piacere è screditare gli oggetti del proprio odio. Gliene viene data l’occasione: il governo sabaudo si accorge delle sue potenzialità e decide di utilizzarne le doti di falsario per modificare a proprio piacimento le dinamiche e i passaggi del potere in Meridione, ove è in pieno svolgimento la missione dei garibaldini.
Da questo fatto comincia la carriera di Simonini, che lo porterà poi a Parigi e lo metterà in contatto con i servizi segreti di molti governi europei, sempre alla ricerca di documenti falsi che possano cambiare l’opinione pubblica o giustificare decisioni di grande portata internazionale.
Così prende il via l’ultimo romanzo di Umberto Eco, IL CIMITERO DI PRAGA, edito da Bompiani in un’edizione quantomai raffinata. A una sovracoperta che mostra un tenebroso vicolo fin de siècle, si accompagna un cartonato del più immacolato bianco e un testo stampato in caratteri differenti a seconda del narratore del momento (l’autore, Simonini o Dalla Piccola). Inoltre, il romanzo è costellato da illustrazioni, stampe a bulino espressamente cercate e volute dall’autore, in ricordo dei feuilleton (i romanzi a puntate) del XIX secolo. L’impressione è di trovarsi in mano un’opera pensata fin nei minimi dettagli, ivi compresi quelli estetici, e la lettura non delude.
Il romanzo è una finestra spalancata sul mondo del falso storico e della teoria della cospirazione, il corrispettivo letterario del vicolo di un quartiere malfamato, umido e puzzolente, in cui si riproducono e crescono ratti a migliaia, pronti poi a diffondersi come una malattia. Eco mostra attraverso il suo protagonista- un personaggio gretto e repellente a tal punto da risultare odioso fin dalle prime righe- come le teorie antisemite hanno preso forma nell’Europa dei movimenti rivoluzionari, seguendo la pubblicazione e la divulgazione di trattati tendenziosi e prove costruite a tavolino – e ben pagate- per offrire solide basi alle scelte politiche di quegli anni.
Assistiamo inoltre alla nascita delle teorie cospiratorie riguardanti la Massoneria e la condanna del potere dei Gesuiti, che spariscono inesorabilmente dal panorama europeo. Le tesi sulla cospirazione (massonica, comunista, aliena…) del secolo scorso sono dirette figlie di questa fabbrica di Storia, di una Verità decisa da pochi e spacciata per assoluta. L’odio micidiale dell’Europeo nei confronti della minaccia ebraica, sfociato nei pogrom sovietici e nelle persecuzioni naziste, è cresciuto nutrito dal limo malsano di queste invidie, di questi odi atavici supportati da una letteratura malata, dalla compravendita di documenti fabbricati all’uopo.
Il romanzo di Eco è un viaggio buio attraverso la grettezza dell’era contemporanea al suo nascere, sdrammatizzato da uno stile frizzante, caustico. Un’ottima lettura, senza timore di finire nel pantano di troppe nozioni storiche.
E, alla fine, anche il legame tra Simonini e un abate che avrebbe dovuto avere la decenza di rimanere morto verrà svelato…

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Monikina Opinione inserita da Monikina    28 Febbraio, 2013
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Sforzo e mi Sforzo

Dunque cosa non si è potuto dire su questo libro?.
La mia modestissima opinione è: non è un libro adatto a tutti, perchè molto "presuntuoso" per l'uso della lingua italiana, ci fa bene conoscere terminologie arcaiche, ma non arriverà mai a tutti e credo che Eco l'abbia fatto anche di proposito per far si che sia un libro di nicchia.
Chi si addentra nella lettura del romanzo resta "paralizzato" dalla storia che ci racconta Eco; da una parte è opportuno mettere a disposizione dei lettori varie interpretazini di Grandi Avvenimenti successi nel corso della storia, però penso che la strada per proporli al pubblico sia troppo in salita. In quanto trovo che alcune pagine siano davvero difficili sia per contenuti che per la lingua.
In definitiva non riesco a condannare in toto il libro e l'autore perchè lo sforzo linguistico è divino, d'altro canto la trama mi resta un pò indigesta.

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Libri di una certa levatura linguistica. E lettori propensi al romanzo storico, che accettino altre interpretazioni dei fatti.
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Hope Opinione inserita da Hope    22 Febbraio, 2013
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Fatica!

Contorto, meccanico, tecnico, arcaico, sempre alla ricerca di qualcosa di filosofico.
Estenuante leggere un libro così mediocre, a tal punto da benedire quando arrivavano le pagine con le immagini, anche se talvolta le didascalie riguardano pagine successive.
Per non parlare dell’elenco abbastanza ripetitivo di pietanze e ingredienti, una volta passa, ma così si esagera!
Eco, a mio modestissimo avviso, ha voluto fare un esercizio, si è voluto spingere oltre, criticare e sputare veleno su questo e su quell’altro e solo per poco non ha superato il limite.
Cosa voleva dimostrarci con questo libro ancora non l’ho capito, a distanza di mesi dalla lettura.
Non si riesce a capire chi parla, una continua rincorsa, sempre nell’attesa che succeda qualcosa di strabiliante ma che in realtà non accade mai.
Leggendo varie recensioni, sono arrivato alla considerazione che sia il classico libro che si ama o si odia, (anche se un libro non si odia mai veramente!).
Io rientro nella seconda categoria, però sono contento di vedere che qualcuno – forse più intelligente di me – ha trovato un senso a questo libro.
Una fatica leggerlo e penso sia stata anche una fatica scriverlo!

L’unica nota positiva di questo libro è che per fortuna è uscita la versione economica!

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a chi ama follemente Eco.
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marika_pasqualini Opinione inserita da marika_pasqualini    26 Gennaio, 2013
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Qualsiasi altra cosa, ma non questo!

Questo libro non mi ha lasciato proprio nulla, se non il fastidio di veder scritto tutte quelle cattiverie sugli ebrei e massoni e giudei e chissà chi altro. è stata una lettura difficile, spesso mi sono persa e spesso andavo avanti con gli occhi ma non con la testa...preferivo finire il libro in fretta per lasciare tempo a qualche altra lettura, piuttosto che immergermi in quel caos... a me non è piaciuto.
e poi c'è troppa storia, tante cose, tante descrizioni a mio avviso indisponenti, troppi particolari inutili che fanno perdere la concentrazione al lettore che non trova più il filo del discorso.

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Opinione inserita da rakovic    21 Giugno, 2012

pendolo, dove sei?

Un groviglio inestricabile architettato da Eco solo per sfoggiare la propria cultura e la propria abilità di semiologo in modo fine a se stesso. Un libro che toglie il piacere della lettura che si trasforma in uno sforzo continuo nel cercare ciò che ad un certo punto si rivela essere il vuoto assoluto... Brutto, forse il peggiore libro di Eco (non ho letto "La misteriosa fiamma della regina Loana"), ad anni luce di distanza dal Pendolo di Foucault, "Il nome della rosa" ed il leggero ma comunque piacevole "Baudolino". Da masochisti

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a chi ha apprezzato "l'isola del giorno prima"...
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ant Opinione inserita da ant    31 Mag, 2012
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XIX secolo rivisto in chiave...Eco

Un libro che è,a mio avviso, un eccezionale resoconto del XIX secolo sotto diversi punti di vista: storico,antropologico,culturale, scientifico etc.Tutto scritto, con una sottile ed efficace ironia, da una delle penne e delle menti più brillanti dello stivale, ossia Umberto Eco.
E' quasi impossibile vista la corposità, secondo me, poter descrivere e recensire in 2 battute la trama di questo romanzo, mi limiterò ad esprimere personalissimi pareri.
Innanzitutto avverto, come prima impressione dopo la lettura di queste pagine, la voglia di Eco di ribaltare canoni e clichè che hanno caratterizzato tanti fatti storici relativi al XIX secolo, facendo emergere al contrario intrighi,misteri e stranezze molto particolari.
Un altro elemento chiave di questo libro è la caratterizzazione sia comportamentale che soprattutto di pensiero del protagonista, cioè l'agente segreto e falsario Simone Simonini.
Un individuo, il personaggio di cui sopra, di una perfidia e di una malvagità paurose.
Il succo del romanzo cmq è tutto concentrato nella falsità di un documento in possesso di Simonini "I Protocolli dei Savi di Sion" che servirà poi alla polizia zarista x mietere innumerevoli vittime in chiave antisemita.
Il messaggio intrinseco che ci arriva dal libro è proprio quello di non dare credito a suggestive ipotesi campate in aria.
Bello,corposo e pregno di tante nozioni ed avvenimenti

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Opinione inserita da Mirco    29 Mag, 2012

Illeggibile

L'autore di quel capolavoro quale è stato ed è "Il nome della rosa" colleziona un altro orrore letterario (vedi p.e "L'isola del giorno prima") cavalcando l'onda del successo di 30 anni fa.
Un romanzo storico che di incalzare narrativo ha davvero poco, è più un saggio sull'Ottocento europeo intriso di autocompiacimento linguistico/lessicale e sfoggio di conoscenze di storia e microstoria del Risorgimento italiano e dell'Ottocento europeo.
Di una noia mortale, forse dovrebbe essere destinato agli addetti ai lavori nel ramo saggistico, non in quello letterario, evitando di ingannare il lettore medio che, tempestato dalla pubblicità nonchè da pile di copie nelle librerie, ne rimane inevitabilmente deluso.
Di solito non mi pento mai dei libri, ma questi sono davvero soldi buttati.

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MATIK Opinione inserita da MATIK    09 Marzo, 2012
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Il cimitero di Praga.

"Abbiamo un'ambizione senza limiti, un'ingordigia divoratrice, un desiderio di vendetta spietato e un odio intenso."
La frase qui sopra rispecchia in pieno l'essenza del personaggio Simonini il protagonista del libro di Eco.
Un libro nel quale troppo forte è per i miei gusti l'odio verso gli ebrei, ogni pagina che leggiamo ne è completamente satura.
La storia è molto arzigogolata e costellata da molti personaggi tutti esistiti realmente, il protagonista è un agente segreto e falsario viscido, odioso, amante delle cucina, che non si ferma davanti a niente ed uccide quando ne ha bisogno, perché nessuno deve ostacolare la creazione del suo documento più importante quello del "cimitero di Praga" che inneggia il suo integerrimo odio per la popolazione ebraica e dal quale ne deve derivare la sua totale estinzione.
Il libro ci insegna che avendo un forte odio, aspirando alla ricchezza, leggendo grandi autori, avendo molta fantasia si possono costruire false notizie e grandi inganni, a quel tempo tramite libri ed articoli di giornali, oggi con l'avvento di internet c'è pieno di bufale e fandonie dalle quali bisogna stare attenti, si specula sulle grandi tragedie, intorno ad esse vengono costruite false notizie pur di assicurarsi momenti di popolarità e dalle quali ne rimangono vittime anche gli stessi apparati di informazione!

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spanish77 Opinione inserita da spanish77    21 Febbraio, 2012
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Oserei dire: "IRRITANTE"

Veramente irritante. Confidavo nelle doti e nelle capacità dello scrittore di cui avevo letto solamente “Il nome della rosa”, opera che mi aveva veramente stregato per lo spessore dell’ambientazione storica e per il fascino della trama. Dopo aver visitato il cimitero ebraico di Praga e la vicina sinagoga, luoghi altamente misteriosi ed affascinanti, pensavo che un’opera ambientata in “cotanto” contesto potesse essere solamente un capolavoro; anzi credevo e credo tuttora che sia più difficile fallire che centrare nel segno avendo a disposizione uno sfondo così suggestivo. Beh mi sono immediatamente ricreduto sin dalle prime pagine del libro che descrive in modo , a mio parere, molto poco convincente, le avventure e gli intrighi orditi da un cinico falsario che si aggira per l’Europa dell’ottocento. Sempre lasciandosi ingannare dal titolo si potrebbe pensare ad atmosfere enigmatiche ed ignote ma il cimitero di Praga, con la sua atmosfera così tetra , fa la sua fugace ed artificiosa apparizione solo una volta, forse due e per poche pagine, fornendo la cornice per un complotto antiebraico che dovrebbe essere alla base della storia. Direi che se si togliessero le inverosimili e a tratti patetiche avventure del protagonista “il capitano Simonini / abate Dalla Piccola”, personaggio affetto da sdoppiamento della personalità, il testo potrebbe benissimo fungere da libro di storia in quanto l’autore non fa altro che sfoggiare le sue indiscutibili conoscenze del Risorgimento italiano e dell’ottocento europeo. Ma non è questo che si cerca in un romanzo, seppur storico. Manca l’incalzare degli eventi ed il susseguirsi delle emozioni, in quanto, avvengono sì decine di omicidi ed eventi di ogni tipo, ma molto spesso sono elementi un po’ fini a se stessi; insomma manca un po’ di pathos, qualcosa che ti faccia sentire protagonista o tifare per questo o quel personaggio. Quante persone che lo hanno iniziato e lasciato tristemente sul comodino del letto! Quanto vorrei aver letto qualche recensione prima di comprarlo evitando così di perdere tanto tempo in un’ostinata e faticosa lettura!! Assolutamente no ….. non lo fate.

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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    28 Ottobre, 2011
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A tratti difficile da decifrare

Un libro difficile da valutare, a tratti coinvolgente a tratti tedioso... Diciamo che è un misto tra un romanzo e un testo didattico.
Sicuramente da consigliare agli studenti. Un po meno a chi vuole trascorrere con leggerezza qualche ora nella lettura
Punto di forza:
Entrambe in personaggi per quanto infidi e meschini affascinano.
L'idea del bipolarismo della personalità molto intrigante.
Punto Debole:
La trama e il diario sono contorte al punto tale da non riuscire a capire chi sta vivendo le vicende, Dalla Piccola o Simonini ?

"Consiglio di leggerlo ma con riserva, dato che potreste vedervi costretti a mollarlo sul comodino per lunghi periodi"

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Romanzi Storici/ testi didattici
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    07 Settembre, 2011
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Il cimitero di Praga: ironica perfidia

Eco ci regala ancora un'opera di magistrale bravura in cui vediamo in successione i principali complotti della storia ottocentesca. Lo scrittore ci trascina nel "dietro le quinte" delle vicende storiche rivelandoci gli aspetti caratteriali più oscuri di personaggi che conosciamo (o meglio, crediamo di conoscere) bene. Ne "Il Cimitero di Praga" Eco crea un personaggio memorabile, che ispira un certo disprezzo nel lettore, il quale tra intrighi occulti, cadaveri, ecclesiastici peccatori e falsificazione viene attirato inesorabilmente in un mondo di menzogne e opportunismo che svela la storia non raccontata. Simone Simonini, l'apparente incarnazione del male, perfido, antisemita, ma nello stesso tempo astuto ed intelligente, perché quando come nel suo caso si passa da un servizio segreto all'altro, non si può far altro che ammirare l'adattabilità del personaggio. La storia avvinghia il lettore e lo trascina alla fine, senza permettergli di alzare lo sguardo e di analizzare in maniera critica l'opera. Nonostante il Lettore veda Simonini come l'incarnazione del male, non può fare a meno di ammirarlo e stupirsi di come siano stati pianificate molte delle cospirazioni moderne. Ma Eco non si limita a raccontare una storia, bensì spinge il lettore a riflettere e a svelargli una semplice verità: le cospirazioni sono tutte uguali. E dopo aver appreso più di 500 pagine di aneddoti, curiosità, e pensieri intrisi di odio, al lettore resta il ricordo di ciò che si è appena letto e si prova l'impulso irrefrenabili di ricominciare da capo e immergersi di nuovo nella VERA storia. Indubbiamente il libro è abbastanza pesante, soprattutto nelle prime 100 pagine, a causa della sua erudizione che a tratti blocca la narrazione. Ma ciò viene compensato dall'ironia dello scrittore che anche in un personaggio come quello di Simonini riesce a far emergere un lato grottesco. Certamente questa recensione è riduttiva fatto per cui consiglio vivamente la lettura dell'ultimo romanzo di Eco sempre che il lettore sia disposto a dubitare del ritratto spesso idilliaco che si era fatto di personaggi, che invece, non si conoscono, se non superficialmente. E attenti, Simonini potrebbe esistere veramente. Consigliatissimo.

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Opinione inserita da Angela Federica Ruspini    03 Agosto, 2011

Folle corsa antigiudaica?

Recensione di Fred Baggen
traduzione dall’olandese di Angela Federica Ruspini)

Immaginatevi come lettori di volare a tutta velocità nella biblioteca labirintica di Umberto Eco, che a quanto si dice è composta da circa 30.000 volumi. A un certo punto andate a sbattere contro una parete piena di libri e provocate il ‘crollo della libreria’: una valanga di volumi oscuri dell’Ottocento relativi a svariati argomenti (tuttavia legati l’uno all’altro alla maniera di Eco), come il militarismo garibaldino, i templari e la massoneria, gli affari insabbiati, la truffa e l’inganno, l’occultismo luciferino, la letteratura cabalistica e giudaica dell’Ottocento e i feuilleton apparsi sulle riviste, l’imperialismo, lo (il contro)spionaggio, i gesuiti, la gastronomia, la psicoanalisi freudiana, il Risorgimento, Parigi al tempo dei ‘lavori di Haussmann’ e ancora molte altre questioni fin de siècle. Il maestro vi dà il benvenuto ne Il cimitero di Praga!

Parigi, primavera 1897. Simone Simonini, 67 anni, antigiudaico convinto, ha condotto per molto tempo una doppia vita: era una spia a servizio di Francia, Prussia e Russia, e gestiva un negozio di anticaglie che gli era sempre servito da copertura per le sue attività di falsario. Un giorno trova nella sua camera una tonaca, il vestito di un abate che non è suo. Quando scopre nella stanza adiacente uno scarabocchio frettoloso di un certo abate Dalla Piccola, in Simonini nasce il sospetto che lui e l’abate siano la stessa persona. Seguono gli appunti del diario del falsario e dell’abate, che attraverso la lettura dei reciproci appunti e l’annotazione dei pensieri e dei ricordi provano a scoprire chi sono: l’uno o l’altro scrittore di diari?

In modo speculare
Per questo motivo il racconto ha due voci narranti protagoniste che sembrano essere l’una il sosia dell’altra, ed è presente anche un narratore semi-onnisciente, che, come Puck di Shakespeare, correda di commenti le storie di Simonini e Dalla Piccola e si rivolge direttamente al pubblico dei lettori.

Dalle annotazioni il lettore apprende molteplici eventi del passato di Simonini ed emerge il motivo per cui in seguito vive come spia veterana piemontese dedita al doppio gioco. Dalla Piccola a sua volta legge le annotazioni di Simonini e le confronta con i propri ricordi. In modo particolarmente brillante Umberto Eco lascia riflettere i due, ciascuno per conto proprio, su macchinose costruzioni mentali e inciampare nei loro stessi pensieri, tutto soltanto per rendere credibile che sono quello che pensano di essere.

Nel complesso l’ ‘altro’ è in parte un riflesso estraneo del proprio io, che è affetto dalla personalità dissociata. Sotto l’influsso della psicoanalisi freudiana questa è stata una tematica importante nell’Ottocento, anche in letteratura. Il filone della letteratura fantastica del Romanticismo è pervasa dal tema del sosia, si pensi per esempio a Frankenstein, o a Jekyll e Hyde.

‘Una mistica è un’isterica che ha incontrato il suo confessore prima del suo medico.’ (Dottor Du Maurier ne Il cimitero di Praga)
La confusione delle persone di Simonini e Dalla Piccola si riflette in diversi altri personaggi: una paziente che soffre di isteria e che si trova alternativamente in una condizione ‘buona’ e in una ‘cattiva’, un uomo che pubblica con uno pseudonimo femminile, un abate che si fa dichiarare morto per poter condurre una nuova vita, due colleghi medici che si vestono in modo quasi identico e hanno nomi omofoni, e si può individuare perfino una situazione doppia negli eventi che si verificano negli strati in superficie e nelle fogne sotterranee di Parigi. Il doppio scritto che Simonini e Dalla Piccola producono, e che il lettore legge a turno, fa pensare ai racconti nei feuilleton nei giornali dell’Ottocento, che venivano pubblicati tutti i giorni o tutte le settimane in singole puntate e finivano ogni volta con un episodio mozzafiato.

Eco ha già applicato la tematica del ‘doppio’ nel suo romanzo L’isola del giorno prima (1994), e la perdita della memoria ha un ruolo importante ne La misteriosa fiamma della regina Loana (2004). La massoneria e la cabalistica sono gli elementi portanti de Il pendolo di Foucault (1988) e quindi l’autore raccoglie nel suo ultimo romanzo i temi più importanti della propria opera (narrativa).

Riferimenti e fonti
Come sempre nei romanzi di Eco, anche Il cimitero di Praga è ricco di riferimenti (letterari), di giornali, libri e autori effettivamente esistenti e di giochi di parole e linguistici. Così il cognome dell’abate Dalla Piccola sembra fare direttamente riferimento a Pico della Mirandola, che nel Quattrocento ha fatto conoscere la mistica ebraica in Italia.

Per il lettore che vuole dedicarsi alla letteratura ‘cabalistica’, anche nel cognome Simonini si trova un regalino da scoprire. Si tratta di una parola con le consonanti che si possono invertire:
SiMoNiNi diventa così aNoNyMuS. Non sappiamo se Umberto Eco abbia voluto inserire questo significato nascosto nel cognome; sappiamo invece che il nonno di Simonini ha voluto chiamare il proprio nipote come san Simone di Trento, un martire trucidato dagli ebrei.

‘Mio nonno era un trovatello. A quel tempo si davano spesso cognomi standard, come “Esposito” (escluso, o semplicemente di questo posto) o “Dieudonné” (dono di Dio) a bambini del genere. Tuttavia nessuno si è mai chiesto che cosa significasse quello strano “Eco” di mio nonno.
Dunque, in un elenco di espressioni gesuitiche del Seicento, che aveva lo scopo di dare un cognome ai trovatelli, compariva “Ex Coelis Oblatus”: donato dal cielo. Il mio cognome, quindi, è un acronimo latino e un ricordo di quell’antica tradizione.’ (Umberto Eco)

Come unico personaggio immaginario, Simonini vaga nel passato, e influenza gli eventi che si sono effettivamente svolti. Così nel romanzo, Simonini spara allo scrittore satirico francese Maurice Joly, mentre quest’ultimo in realtà si è suicidato. Un particolare saliente a questo proposito è che Umberto Eco rende effettivamente il suo protagonista l’assassino di Joly, l’autore dello scritto Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu (Dialogo agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu), i cui frammenti servirono, secondo la tradizione, come fonte per i ‘Protocolli dei savi di Sion’. E con questo scritto siamo arrivati al centro del romanzo e a Simonini come falsario. ‘I Protocolli’ erano la descrizione inventata di un incontro nel 1897 fra dirigenti ebrei, che volevano sovvertire la società cristiana, e che miravano al dominio ebraico sul mondo. Eco gioca in modo sublime con questo dato e regola i conti senza pietà non con l’immorale Simonini, ma con Joly, la cui opera è stata la fonte ispiratrice per successive generazioni di antisemiti nella loro lotta contro il ‘pericolo ebreo’.

‘Per servire con competenza la legge bisogna averla violata.’ (Pyotr Rachkovskij ne Il cimitero di Praga)

Sentimento contrario o favorevole agli ebrei?
Con i Protocolli, la massoneria e gli ebrei, la triade su cui si fonda il romanzo di Eco è completa, e si crea una messinscena per gli eventi rabbinici nell’antico cimitero ebraico di Praga. Fin dall’inizio del romanzo, Simonini associa al popolo ebraico un marchio d’infamia di ‘pericolo per la società’:

‘Degli ebrei so solo ciò che mi ha insegnato il nonno: Sono il popolo ateo per eccellenza, mi istruiva. Partono dal concetto che il bene deve realizzarsi qui, e non oltre la tomba. Quindi operano solo per la conquista di questo mondo.’

In maniera sottilmente caricaturale gli ebrei poi assumono la colpa di tutti i mali del mondo: si sono avvicinati alle città per arricchirsi, gli ebrei li riconosci dalla puzza, gli ebrei sono traditori, un popolo bigotto e losco, gli ebrei uccidono i giovani cristiani per spalmare di sangue il pane azzimo, per portare alla perdizione i cristiani gli ebrei hanno evocato i massoni, gli ebrei sono capitalisti, la percentuale di donne dissolute fra gli ebrei era più elevata che fra i cristiani, per questo Gesù ovunque vada incontra solo peccatrici, i crimini che vengono commessi dagli ebrei sono i più gravi, quali truffa, falsificazione di documenti, usura, fallimento fraudolento, contrabbando, falsificazione di denaro, corruzione, frode commerciale, per non parlare del resto (eccetera). È così folle che non si riesce a immaginare quali cose, per effetto della sventura, si possono casualmente attribuire con un dito accusatore agli ebrei.

‘Mi dicono che la professione medica è tra quelle più praticate dai giudei, tanto quanto il prestito a usura. Certo è meglio non aver mai bisogno di denaro e non cadere mai ammalati.’ (Simone Simonini ne Il cimitero di Praga)

Oltre alle numerose recensioni letterarie positive in Italia, soprattutto i media favorevoli al Vaticano hanno reagito al romanzo con reticenza o avversione. Il romanzo sarebbe immorale e inciterebbe al rafforzamento delle posizioni antisemite. Da un punto di vista clericale non suscita alcuno stupore essere contrari a un libro in cui, oltre all’odio nei confronti degli ebrei, anche il satanismo svolge un ruolo considerevole. Ma il libro incita veramente a una campagna diffamatoria contro gli ebrei?

Fidandosi del buon senso del pubblico dei lettori di Eco, si sarebbe propensi a credere che la generazione attuale, senza che ci sia neanche bisogno di pensarci sopra, considera subito un’assurdità grossolana e falsa la calunnia disonorevole sugli ebrei; anzi le rozzezze suscitano veri sentimenti di simpatia e mostrano al lettore uno specchio: si impongono le immagini della seconda guerra mondiale e ci fanno vedere ancora una volta che gli orrori accaduti a milioni di ebrei sono stati assolutamente inaccettabili e ingiusti.
Questo capovolgimento cognitivo è un abile artificio letterario dello stile: una connotazione negativa si trasforma in una connotazione favorevole, ovvero si dice il contrario di quello che si intende, per cui si usano lo scherno e il cinismo necessari. La scena in cui l’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus viene degradato per alto tradimento (ingiustamente, come in effetti è risultato in seguito) e condotto in carcere sull’Isola del Diavolo, è una metafora memorabile dell’olocausto:

‘Che cosa racchiude l’anima di quell’uomo? A quali motivi obbedisce, protestando a questo modo la sua innocenza, con una energia disperata? Spera forse di confondere l’opinione pubblica, di ispirarci dei dubbi, di proiettare sospetti sulla lealtà dei giudici che l’hanno condannato? Un’idea ci viene, vivida come un lampo: se non fosse colpevole, che spaventevole tortura!’

Occultismo
Strettamente legato alla massoneria è l’occulto, che nell’ultima parte del romanzo ha certamente un posto di rilievo. Eco non sarebbe Eco se non collegasse questo argomento in modo quasi diabolico a una valanga irrefrenabile di letteratura ottocentesca sul satanismo, molto popolare in quell’epoca in determinati ambienti; quasi un eccesso di informazioni che fanno onore soprattutto alla conoscenza pressoché infinita dell’autore (leggi: alla portata della sua biblioteca).

Elementi autobiografici
Sebbene il romanzo sia scritto in prima persona, soprattutto per bocca di Simonini, non si avverte da nessuna parte la sensazione fasulla che l’autore si rivolge direttamente al lettore. In effetti ciò avviene in alcuni passaggi alla fine del romanzo, in cui sembra che Eco voglia mostrare al lettore qualcosa della realtà quotidiana di uno scrittore di una certa età. La seguente confessione di Simonini è commovente, perché al lettore viene in mente che Eco sembra voler dire con questo che Il cimitero di Praga è il suo ultimo romanzo, un testamento letterario:

‘È strano, ma è come se avessi nostalgia degli ebrei. Mi mancano. Dalla mia giovinezza ho costruito, vorrei dire lapide per lapide, il mio cimitero di Praga, e ora è come se Golovinskij me lo avesse rubato.’

Alla fine del libro, in un epilogo intitolato ‘Inutili precisazioni erudite’, il Narratore (che naturalmente altri non è che Umberto Eco stesso) si giustifica a proposito dell’uso di personaggi quasi esclusivamente tratti dalla vita reale, e offre una spiegazione sommaria degli artifici narrativi di cui si è servito lo scrittore, come la differenza fra fabula e intreccio.

Raramente l’erudizione di Eco è inutile, un fatto di cui lui stesso è convinto fin troppo bene. Speriamo che storia e intreccio di uno scrittore di una certa età siano indulgenti con noi nel mondo reale, e che fra qualche anno potremo dare ancora il benvenuto a un romanzo che proviene dalla penna del maestro. E poi ancora uno, e …


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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    05 Mag, 2011
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Un romanzo per erudiri

Un feuilleton ottocentesco, che intriga e spaventa, ricco di colpi di scena, con riferimenti storici e personaggi realmente esistiti : ecco il nuovo romanzo di Umberto Eco, che non tutti i lettori porteranno a termine, spaventati ( o annoiati) da una trama sconnessa e saltellante tra fogli di diario, interventi del Narratore e numerosi flash back che disorientano non poco e mettono a durissima prova i consueti divoratori di romanzoni e romanzacci. L’epoca è quella tra Ottocento e Novecento, la storia tira in ballo Garibaldi e la sua impresa, le mene politiche della Francia e di Cavour, i massoni e i loro riti esoterici, i servizi segreti piemontesi e russi nonché ( e ci mancavano) riti satanici di sette segrete e feroci filippiche contro i giudei, colpevoli di ogni nefandezza vera o presunta. Il protagonista (unica figura di fantasia) è il capitano Simonini, spregiudicato falsario al servizio di tutti, pronto ad ogni nequizia e privo di ogni scrupolo, avido di denaro e protagonista di delitti efferati, assertore machiavellico che il fine giustifica sempre qualsiasi mezzo. Il lettore erudito e paziente non si deve scoraggiare : alla fine troverà il romanzo affascinante e scoprirà che il personaggio in questione (accidenti, ci sarà pure una giustizia…) finirà le sue malvagie (e maldestre) imprese in modo imprevisto. Da ricordare (e ritagliare conservando il brano nel quaderno delle cose da non dimenticare) le seguenti osservazioni dell’Autore : “qualcuno ha detto che il patriottismo é l’ultimo rifugio delle canaglie, chi non ha principi morali si avvolge di solito in una bandiera e i bastardi si richiamano sempre alla purezza della loro razza. L’identità nazionale è l’ultima risorsa dei diseredati, il senso dell’identità si fonda sull’odio per chi non è identico. Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria…”. Meditate, gente !

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I romanzi di Umberto Eco
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chicca Opinione inserita da chicca    28 Aprile, 2011
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grazie

Che soddisfazione leggere certa letteratura, mai banale, ironico, sorprendente.
E poi la scrittura di Eco, bè che dire? o lo odi o lo ami e io propendo per la seconda ipotesi. Certo non è una lettura facile, però quante riflessioni sollecita...
Eco intreccia la Storia ( con la S maiuscola) al suo racconto in modo unico, da vero maestro.
Il solo personaggio inventato è il protagonista, Simone Simonini e tutto ciò che gli ruota intorno è realmente accaduto e tutti i " comprimari" sono realmente esistiti.
Questo romanzo, a mio avviso vuole dimostrare:
- come l'antisemitismo sia costruito su dei clichè;
- come i Servizi Segreti da sempre credano solo a ciò che " hanno sentito dire altrove e respingerebbero come inattendibile ogni notizia del tutto inedita" ( Simone Simonini);
- come nei giochi di potere il furbo vinca sempre a scapito dell'onesto;
- come probabilmente si sono svolti gli avvenimenti durante lo sbarco dei Mille in Sicilia;
- come funziona e cosa è una loggia massonica;
- come si sono svolti i fatti all'epoca della Comune di Parigi;
- come sono i rituali delle messe sataniche;
e probabilmente tanto altro che ora mi sfugge...
E tutto questo grazie ad un romanzo. A me non resta che dire una cosa: GRAZIE ECO.

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Opinione inserita da Flora    25 Aprile, 2011

La morte di Nievo

Non bisogna prendere il libro di Eco per un saggio di storia. La storia è un'altra cosa. Monete d'oro dalla Massoneria inglese a Garibaldi non arrivarono. Non avrebbe potuto trasportarle da Talamone a Palermo, soprattutto quando i carretti presi a nolo servirono per la "beffa" di Orsini verso Corleone e i garibaldini rimasero a piedi. Arrivato a Palermo non avrebbe potuto cambiarle in banca, perché le monete d'oro non avevano corso legale nel Regno delle Due Sicilie, non potevano essere cambiate in uno sportello bancario, ma solo privatamente da orafi e da cambiavalute. Il Banco a Palermo rimase chiuso per i privati dal 26 maggio al 25 giugno 1860 e nessun privato potette accedere al suo conto corrente. Dove abrebbero preso, i cambiavalute, tanti ducati per cambiare 10mila monete d'oro? (Valore 3 milioni di lire). Il permesso d'imbarco a Nievo e ai funzionari della vice Intendenza garibaldina era stato firmato da Cibo Ottone, che era Comandante delle Forze piemontesi in Sicilia: quindi il viaggio era noto a tutti. Nievo portava le carte e i resoconti della gestione dell'esercito garibaldino in Sicilia, così come gli era stato ordinato da Giovanni Acerbi, Intendente Generale dei Garibaldini, con sede a Napoli.

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alan smithee Opinione inserita da alan smithee    06 Aprile, 2011
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Il "trait d'union" che non conoscevamo...

Tra il 1860 e il 1900 importanti avvenimenti condizionano i destini dell'Italia nascente e di tutta Europa.
Chi se non Eco poteva riuscire a trovare un personaggio (o forse due...no no in realta' forse uno solo!!) che potesse in modo credibile collegare gli avvenimenti e i complotti che dallo sbarco dei Mille a Marsala si avvicenderanno nei decenni coinvolgendo illustri nomi come Ippolito Nievo e il generale Dreyfuss, sette sataniche e correnti antisemitiche che generereanno i piu' grandi orrori del secolo successivo?
Nessuno, appunto tranne l'autore.
La vicenda inizia con la brillante ascesa nell'attivita' di falsario di atti notarili da parte del protagonista capitan Simonini, losco individuo che odia allo stesso modo ebrei e donne, e ama le pietanze raffinate e le trame piu' sordide per accrescere il proprio patrimonio, suscitando un comprensibile crescente disgusto nel lettore.
Il losco personaggio, affetto da una improvvisa amnesia, e' costretto a trascrivere gli episodi salienti della sua avventurosa esistenza di codardo per cercare di venire a capo dell'intrigo in cui si e' imbattuto, e comprendere anche se e' davvero minacciato dal misterioso abate Dalla Piccola, altro bell'elemento quanto a virtuosismo e moralita'.
I misteri si infittiscono, le morti violente pure, e la storia scrive le pagine piu' importanti che segneranno i destini italiani ed europei.
Progetto ambiziosissimo quasi impossibile da realizzare dicevamo, ma riuscito grazie alla cultura immensa appannaggio dell'autore. Certo non e' tutto digeribile come una mentina di zucchero e qua e la' la pesantezza del tomo porta a scoraggiare anche il lettore animato dalle migliori intenzioni e dotato altresi' di un tempo libero ormai merce sempre piu' preziosa.

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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    10 Febbraio, 2011
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Una personalità camaleontica...

Un grande scrittore, Umberto Eco, non c'è dubbio, che ci regala un romanzo indimenticabile e dalle molteplici sfaccettature.
Oddio, il personaggio principale Simonini, non è certo un modello di integrità, ha una personalità camaleontica e si nutre di odio e di pregiudizi razziali multiformi...all'inizio del libro infatti vi sono dei monologhi che sono un capolavoro di risentimento, misto a luoghi comuni intrisi di odio palpitante...io li ho trovati esilaranti perfino, poichè ho il gusto di vedere il lato ridicolo anche nelle vicende più tragiche.
Simonini si muove in realtà storiche in cui rivivono personaggi che noi conosciamo bene, Freud, Garibaldi, Nino Bixio ed altri, ne svela la vera natura, i particolari più intimi della loro vita...
Ci toglie dalla visione rassicurante che avevamo della storia, ne scandaglia tutti gli avvenimenti, colorando di nero una visione storica che noi avevamo appreso dai libri di scuola, e che ci donava una pacifica sicurezza.
Dapprima carbonaio, poi spia dei servizi segreti, massone, finto prete, scrittore al soldo di coloro che pagano bene, satanista, dinamitardo, uccisore di nemici che nasconde nella cloaca di casa sua, Simonini è l'epressione del male che sa trionfare e guadagnare su ogni cosa, spavaldo, perfido, opportunista, feroce antisemita, che rappresenta la vera essenza del male.
Personaggio attuale, che non può morire, perchè sicuramente vive o può rivivere in ogni tempo..e che muove silenziosamente le sue trame oscure a insaputa dell'individuo comune.
Consiglio questo libro a tutti...anche se in alcuni punti per la particolarità delle vicende storiche mi è risultato un po' pesante.
Saluti.
Ginseng666

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I romanzi di Umberto Eco e ne conosce lo stile...
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cellins Opinione inserita da cellins    24 Gennaio, 2011
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Il vero e il falso che vogliamo

Come al solito, un grande romanzo sulla verità. A centocinquant’anni dall’unità d’Italia, Eco distrugge capitolo per capitolo tutte le nostre certezze sugli episodi più rilevanti del Risorgimento, svelando trame, intrighi, complotti (veri e inventati) che hanno condizionato la spedizione dei Mille. E di fronte alla scelta degli episodi, alla doppiezza dei personaggi, ai documenti esibiti e tenuti nascosti, la storia, così come crediamo di conoscerla –immutabile e fissa nel tempo – crolla in tutti i suoi punti cardine, rivelandosi un’invenzione anch’essa, così come le falsificazioni di Simonini. O se non un’invenzione, un romanzo. Eco infatti non perde un’occasione per rammentarci che narrazioni e racconti – ciò che noi, istintivamente inseriamo nella categoria del “falso” - hanno influito sul corso degli eventi quanto le azioni e i fatti, tanto da diventare fatti a loro volta, e i fatti, tramandatici per secoli tramite documenti e narrazioni, sono diventati racconti. Cos’è vero quindi? Quello che è accaduto o come ce lo hanno raccontato? Sin dal Nome della Rosa, Eco propende per la seconda ipotesi. Una risposta che non viene incontro a chi ha bisogno di certezze, questo è sicuro. Ma benedice il gusto per la ricerca, l’amore per il confronto, il dibattito sulla costruzione del senso, il bisogno eterno di raccontare, non per evadere, ma anzi, il contrario, per capire. La democrazia, quindi. Ma qui si apre un altro capitolo.

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I romanzi di Eco
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barch76 Opinione inserita da barch76    09 Gennaio, 2011
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L'anima della storia

E’ vero,non siamo sui livelli de “Il Nome della Rosa”,è vero anche che la lettura di Eco può risultare a tratti tediosa,complessa,non per tutti,è vero anche però che con questo suo “Il cimitero di Praga”,il nostro eminente Umberto,alla soglia delle ottanta primavere,ha saputo mettersi in gioco,e con uno stile dissacrante,ironico,critico narra l’ottocento,il secolo dell’unità d’Italia,della massoneria,della Nascita del comunismo,della nobiltà decadente,del clero agonizzante,delle nuove scoperte,dell’antisemitismo e delle guerre. Un bel viaggio quindi in tutto il IXX sec,in cui nella vicenda compaiono,in modo più o meno significativo tutti i suoi protagonisti,da Garibaldi,Nievo,Dumas,Freud,Hugo, Cavour,Proust,Leone XIII,ecc. di alcuni dei quali l’autore svela particolari meno noti e intimi. Ma è il protagonista Simonini il vero capolavoro dell’autore,personaggio geniale,perfido,opportunista,che da corpo e forma a quelle forze oscure e celate,unico personaggio di fantasia (ma non troppo),che non compaiono sui libri di storia,ma probabilmente l’hanno anche inconsapevolmente forgiata come i personaggi poc’anzi menzionati,e non con spirito eroico o altruista alla ricerca del bene comune,ma con l’unico scopo di arricchirsi e saziare la propria ingordigia. Fa riflettere l’attualità della situazione come dice Eco,il protagonista è ancora vivo,magari non si chiama Simonini ,magari ha il nome di una compagnia petrolifera,magari è un produttore di armamenti,però ancora determina la sorte di milioni di persone in nome del proprio tornaconto e cupidigia. Da leggere con pazienza.

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Eco
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Jan Opinione inserita da Jan    25 Dicembre, 2010
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Il vecchio piemontese.

La forza di questo bellissimo romanzo di Eco ha un nome : ironia.
L'ironia diventa stile autorevole quando viene diretta contro se stessi.
E' questo, in poche parole, il grande rapporto di Umerto Eco con il suo lavoro.
In un "utile idiota" come Simone Simonini rivivono, in una ridda di fantastiche e picaresche azioni, le fonti di tutti i mali del secolo a venire.
Mali reali e mali immaginari.
Geniale la figura del notaio, o capitano, falsario: l'autore alessandrino ha prediletto il vecchio pregiudizio sulla falsità piemontese per costruirvi l'ara pagana di tutte le bassezze.
La passione sfrenata per il cibo, la cupidigia, il tradimento, la giudeofobia (che è diversa dall'antisemitismo), il complottismo e, buon ultimo, il cospirazionismo.
Amici, questo libro è molto bello.
In un'era così dolorosa e critica, finalmente una voce squillante contro tutti coloro che si riempiono la bocca di : Illuminati, Massoneria, Martinismo e Lotta per la conquista del Mondo.

Talvolta, e qui Eco lascia il segno, il miraggio di una falsità lascia il segno.
L'ultimo uomo del mondo, in cambio di pochi denari, costruisce a tavolino la favola più sfruttata dalla polizia zarista.
"I Protocolli dei Savi di Sion".
Un falso che purtroppo mieterà molti milioni di vittime.
Ma Simone Simonini è ancora vivo...ve lo assicuro.
E forse a muovere i fili della nostra società è proprio lui.
O meglio, un suo sinonimo: l'Ignoranza.

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kabubi81 Opinione inserita da kabubi81    09 Dicembre, 2010
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Commento

Una ricostruzione storica ricchissima, quasi maniacale, una moltitudine di personaggi più o meno importanti, tutti reali ad eccezione del protagonista, un falsario senza scupoli che presta le proprie abilità a chi gli offra maggiore denaro, architettando intrighi, trappole e documenti falsi... L'intreccio è sicuramente avvincente (un po'intricato, il meccanismo del racconto tramite l'alternanza di due diari non facilita la lettura ma è necessario), e il protagonista è forse uno dei personaggi più negativi e privi di lato umano che si siano mai incontrati nelle pagine di un libro.... Essendo io una lettrice di medio livello però, devo dire che ho trovato questa lettura un po' impegnativa... soddisfatta d'averlo letto, ma... un po' di fatica!!

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Altro di Eco o autori alla pari- decisamente non è consigliabile a chiunque!!
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    21 Novembre, 2010
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Il cimitero di Praga

Le vicende di cui qui si narra si collocano tra il 1860 circa e la fine del XIX secolo, tra Italia e Francia.
Il protagonista sulla scena è frutto di fantasia, ma gli eventi che lo coinvolgono rispecchiano appieno la realtà storica dell'epoca. Ecco che scorrono davanti agli occhi del lettore, Garibaldi con i suoi “Mille”, massoni, carbonari, gesuiti, satanisti, personaggi loschi e scellerati appartenenti ai servizi segreti piemontesi, francesi e prussiani.
Sicuramente Eco è un maestro della ricostruzione storica; questo è un libro che nasce da un ottimo lavoro di ricerca a livello storiografico e bibliografico, grazie al quale si possono apprendere tanti retroscena del passato, difficili da reperire sui testi storici ufficiali.
Ciò che è difficile apprezzare di questo romanzo, è l'intreccio narrativo creato dall'autore, perché è alquanto caotico e dispersivo, tanto da rallentare la lettura e divenire noioso. Risulta veramente difficile seguire l'excursus del protagonista, agente segreto autore di intrighi e falsificazioni; peccato perché il tema dominante, ossia la nascita del sentimento antisemita in Europa, è un argomento di estremo interesse e poco conosciuto, che meritava di essere trattato con maggiore chiarezza per essere compreso al meglio dal lettore.
In conclusione, è un testo molto complesso che non si legge agevolmente, quindi non è adatto a tutti.

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andrea70 Opinione inserita da andrea70    17 Novembre, 2010
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Deludente

Non si possono scrivere sempre capolavori, ma questo libro è un paio di gradini sotto al "Nome della Rosa" o al "Pendolo di Focault" (ma facciamo anche 3 o 4...).
Come al solito Eco è straordinario nella accuratezza della ricostruzione storica (a tutto tondo vedi le illustrazioni che accompagnano la storia come nei vecchi feuilleton), ma stavolta lì si perde, sono ridotti al minimo quei commenti intelligenti, sagaci e di sottile ironia che popolavano i precedenti libri. La storia poi non decolla mai, si muove su un piattume totale che arriva anche alla noia , anzi, per usare un termine più appropriato NON APPASSIONA, NON EMOZIONA, con il protagonista impegnato in un monotono susseguirsi di falsificazioni allo scopo di screditare gli ebrei . Si va dalla spedizione dei Mille alla creazione dei Protocolli dei savi di Sion che ispireranno il famigerato Mein Kampf, tra accadimenti che non hanno mai una scintilla di pathos . La trovata dello sdoppiamento della personalità del protagonista è ormai cosa persino abusata in letteratura , ci sono moltissimi personaggi e nessuno analizzato con un minimo di profondità.
Poi sicuramente ci vuole una cultura notevole per capire tutti i riferimenti storici di Eco, cosa che magari mi manca, ma signori, stiamo parlando di un'opera di narrativa non del libro di testo per un esame universitario. No, non mi è piaciuto.

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