Le tre minestre Le tre minestre

Le tre minestre

Letteratura italiana

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Le tre minestre che danno il titolo al racconto autobiografico di Andrea Vitali rappresentano, con un espediente letterario originale e spassoso, tre Ministre: dell'interno, degli Esteri e dell'Agricoltura. Sono le tre zie che hanno accompagnato gli anni della sua infanzia, preposte alla conduzione delle faccende domestiche, alla cura dell'orto di casa, all'educazione del protagonista e più particolarmente della sua educazione culinaria. Il racconto di Vitali gira intorno alle qualità attribuite ai cibi nella saggezza popolare, più particolarmente alle presunte virtù terapeutiche del pane di farina bianca, destinato a curare sia i malanni del vecchio nonno, sia le galline malate del pollaio di casa.



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Le tre minestre 2018-12-30 10:32:59 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    30 Dicembre, 2018
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un atto d'amore

Andrea Vitali come dedica a questo libro scrive "questa storia è un atto d'amore". L'amore e il piacere per il ricordo delle tre zie è la cosa che maggiormente si percepisce leggendo questo romanzo. Lo scrittore col suo consueto modo ironico e irriverente ci racconta parte della storia delle sue tre zie. Zitelle degli anni '60 che vivono in campagna e godono delle frequenti visite del nipotino. Con un piede nel futuro. attente al mondo e con la porta sempre aperta al vicinato, ma anche indipendenti e gelose della propria casa e della propria intimità. Usando i sapori e gli odori della propria infanzia Vitali ci accompagna nel mondo delle tre zie descritte come se parlasse dei ministri di un piccolo regno. Il ministro dell'interno che si occupa delle faccende domestiche e della cucina, quello degli esteri che lavoro fuori casa e quello dell'agricoltura dedito agli animali e all'orto. Tre diverse persone che segnano il territorio e non vogliono ingerenze, ma un solo soggetto in caso di necessità. Affezionate le une alle altre e allo stesso tempo severe solo quanto una sorella può essere. Fedeli alla loro dualità queste donne sono immaginate dal piccolo Andrea anche come minestre, perché la minestra in un certo senso era il segnale dell'amore delle zie per il nipote. perché la minestra fa bene, è la biada dell'uomo, serve per la corretta crescita dei giovani. a completare il volume un ricettario con tanto di commenti sarcastici e autoironico dell'autore.

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Le tre minestre 2013-05-21 03:16:10 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    21 Mag, 2013
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Il sapore della politica domestica

Nei ricordi di Andrea Vitali, in posizione centrale, stanno le tre zie paterne: “Benché zitelle, le tre erano donne dotate di una particolare apertura e attenzione nei confronti del mondo e dei suoi mutamenti”. Nella fantasia, le tre donne divengono titolari di veri e propri dicasteri: “Al mio sguardo di bambino … tre ministri, con compiti ben precisi, equamente ripartiti”.
“A un certo punto cominciai a sostituire il termine ministro con quello di minestra”.
“Tra di loro non interferivano, ma interloquivano nel caso di di decisioni di estrema importanza…”
I tre ministeri sono quelli “dell’interno, degli esteri e dell’agricoltura. I loro nomi Cristina, Paolina … e Colomba”.
Ciascuna delle zie viene caratterizzata, nello stile ineguagliabile di Vitali.
Così Paolina, agli esteri, abbina le physique du role (“Ora, che il ministro degli esteri fosse magro e smunto è vero”) a insolite capacità diplomatiche, ove “Ammazzarli di cortesia” è il suo motto. Paolina recita perfettamente il ruolo che fu di Metternich e, più di recente, di Kissinger: “Era anche un’abile mediatrice, tanto da meritarsi da parte dei detrattori il soprannome di coercion, cioè grosso coperchio”.
Parimenti, Colomba – ministro dell’agricoltura – ha molte abilità rurali, come quella di raccogliere “i mitici rampònc, radicette di un’insalata selvatica, una delizia da consumare con le uova sode, che il ministro dell’agricoltura coglieva con occhio da rabdomante nei prati di cui reggeva il governo”.
L’atmosfera è quella dei bei tempi andati, caratterizzati da rapporti umani essenziali, talvolta grezzi, ma sempre autentici: quando la casa “la sera, dopo cena, diventava una sorta di agorà”.
Il ricorso alle espressioni dialettali (“Püsè vìscol” per “più vivace”; “Pècàa trasà la roba”, è un peccato sciupare, è espressione per “celare la sua golosità dietro quello che voleva far apparire come un sacrificio”) riscalda il clima, che è quello dei ricordi e di un affetto che – forse – sta anche alla base di una scelta professionale (diventare medico) narrata con straordinario umorismo.
Il romanzo è corredato in appendice da una rassegna di ricette dalle quali attingo per proporre un menù tutto lariano:
Primo: gnocchi de castegn (gnocchi con farina di castagne)
Secondo e contorno: capretto in sguazzét e patati rustii (capretto in guazzetto con patate arrosto)
Dolce: castegn cu la pana (il Montebianco!)

Bruno Elpis

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