Narrativa straniera Racconti La fine della fine della terra
 

La fine della fine della terra La fine della fine della terra

La fine della fine della terra

Letteratura straniera

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Che differenza c'è fra un tweet dell'«attuale presidente degli Stati Uniti» e un saggio come quelli cui da sempre Jonathan Franzen si dedica fra l'uno e l'altro dei suoi romanzi? Si tratta in entrambi i casi di «micronarrazioni personali e soggettive», eppure puntano in direzioni diametralmente opposte. Se i 280 caratteri con cui Trump bombarda a ogni piè sospinto i suoi follower mirano a semplificare la realtà nel modo più brutale possibile, il saggio letterario produce, o dovrebbe produrre, l'effetto contrario: esplorare, comprendere e illustrare la complessità. È il risultato che, grazie alla sua magistrale scrittura, Franzen ottiene in ognuno dei sedici testi raccolti in questo libro. Testi che, pur toccando una molteplicità di argomenti, sono legati da un evidente filo rosso. Chiunque abbia letto Le correzioni , Libertà o Purity ritroverà in queste pagine la vivace intelligenza dell'autore, la sua volontà di mettersi continuamente in discussione, il suo ostinato desiderio non solo di capire il mondo che lo circonda, ma di cambiarlo per il meglio, anche quando tutto parrebbe indicare che quel mondo stia correndo verso l'apocalisse. E così, col suo stile sempre pacato e meditato, col suo approccio sempre schivo e trattenuto, Franzen finisce per spingersi «alla fine della fine della terra», ad esempio stringendo amicizia con uno degli scrittori americani più radicali e intrattabili degli ultimi decenni, William Vollmann, di cui in queste pagine viene fornito un indimenticabile ritratto, oppure piazzandosi sul ponte di una nave diretta verso l'Antartide, «esposto al vento pungente e agli spruzzi salmastri, lo sguardo fisso nella nebbia o nella luce abbagliante», nella speranza di intravedere un pinguino imperatore. Perché, come recita il titolo di uno dei più accorati fra questi saggi, «gli uccelli sono importanti». Gli uccelli infatti, che si tratti di un colibrì che attraversa in volo il Golfo del Messico, di un falco pellegrino che si tuffa in picchiata a trecentosessanta chilometri all'ora o di un albatro che si libra solitario a centinaia di miglia da qualunque altro membro della sua specie, fanno «quello che tutti vorremmo saper fare, ma che ci riesce solo in sogno». Un po' come la letteratura.



Recensione della Redazione QLibri

 
La fine della fine della terra 2019-04-14 15:08:18 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    14 Aprile, 2019
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Volare è il sogno segreto dell’uomo.

In questa raccolta di sedici testi, Jonathan Franzen tratta con lucidità ed obiettività del pericolo concreto che l’umanità tutta sta correndo di estinguersi nella sua irrazionale e mal programmata corsa verso un progresso irresponsabile. Non si tratta di una posizione retriva nei confronti del giusto progredire della scienza, che sarebbe follia fermare ad un pregiudizievole stallo, quanto piuttosto di una disamina di quanto possa essere dannoso non considerare i reali rischi di una programmazione superficiale ed egoistica. Non c’è dubbio, sostiene Franzen, che molti, troppi danni sono già stati inflitti alla natura e in generale al mondo che ci circonda. Le stime statistiche sono persino indulgenti rispetto a quella che è la realtà. “Lo scienziato che prevede con sicurezza un riscaldamento di cinque gradi entro la fine del secolo, potrà magari dirvi, in privato, davanti a una birra, che in realtà se ne aspetta nove.”
Il discorso di Franzen parte da una considerazione puramente letteraria per poi affrontare l’argomento da una posizione più specificamente naturalista.
Consideriamo, egli dice, quanto si sia diffuso l’uso del tweet, conciso, rapido ed efficace nel comunicare opinioni, idee, considerazioni. La velocità del tweet entra certamente in competizione con la lunghezza dell’articolo o del saggio, tuttavia non permette l’approfondimento del tema, lascia ogni argomento ad un livello di superficialità che non è di aiuto né alla cultura né tanto meno alla politica. Che alcuni capi di stato affidino le considerazioni e le decisioni del proprio agire ai 280 caratteri ammessi dalla piattaforma twitter sembra essere persino poco rispettoso nei confronti di coloro che li hanno delegati a operare per gli interessi delle nazioni che rappresentano.
Dal punto di vista più specificamente naturalistico, Franzen affronta l’argomento da birdwatcher, da appassionato ambientalista che ha potuto constatare nei suoi frequenti e ricorrenti viaggi la scomparsa di numerose varietà di uccelli, vuoi per le conseguenze del riscaldamento del globo terrestre, assai più serio di quanto si dica, vuoi per quella indiscriminata e folle passione per la caccia. Basta prendere atto di quella realtà che ha portato all’estinzione di molte specie di uccelli nell’Europa dell’est, meta di turismo venatorio. “Oltre ai considerevoli danni immediati che provocano, i turisti della caccia italiani hanno introdotto il principio del massacro indiscriminato e nuovi metodi per conseguirlo, in particolare l’uso dei richiami registrati, catastroficamente efficaci nell’attirare gli uccelli. […..] Questa nuova sofisticatezza [..…] ha trasformato l’Albania in un gigantesco buco nero per le correnti migratorie dell’Europa Orientale: milioni di uccelli vi entrano e pochissimi ne escono vivi.”
Nella sua ansia di girare il mondo per constatare di persona le condizioni in cui versa il nostro pianeta, Franzen si spinge fino alla fine della fine della terra, col desiderio di vedere il pinguino imperatore. Si, gli uccelli per Franzen sono importanti e dovrebbero esserlo per ciascun essere umano perché a loro è concesso ciò che l’uomo ha sempre desiderato fare ma che riesce a realizzare solo in sogno: volare.

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La fine della fine della terra 2019-06-20 11:15:05 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    20 Giugno, 2019
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Trovare un significato nelle nostre azioni

«Uno dei misteri della letteratura è che la sostanza personale percepita dallo scrittore e dal lettore si trova fuori dal loro corpo, su qualche tipo di pagina. Come posso sentirmi più reale in una cosa che sto scrivendo di quanto mi senta nel mio corpo? Come posso sentirmi più vicino a un’altra persona quando leggo le sue parole che quando sono seduto accanto a lei? La risposta, in parte, è che scrivere e leggere richiedono piena attenzione. Ma sicuramente c’entra anche il genere di ordine che è possibile solo sulla pagina.»

Scrivere un saggio nell’era del digitale e nell’era dei social, un’era in cui è consuetudine passare le giornate a leggere su uno schermo della roba che non ci degneremmo mai di leggere su un libro stampato e a lagnarci di quanto siamo indaffarati, un’era in cui l’assunto su cui si fonda la società è che la più piccola micronarrazione soggettiva meriti non solo un’annotazione privata, come un diario, ma anche una condivisione con altra gente e in cui il Presidente degli Stati Uniti – come molti altri – è il primo che agisce sulla base di questo santo dogma ergendosi a promotore di un resoconto rigoroso dei fatti di attualità snaturato per consentire all’io individuale di mettersi, con i suoi pensieri, opinioni e impressioni, al centro, non è affatto facile.

«La maggior parte delle riviste americane a grande circolazione ha quasi del tutto smesso di pubblicare saggistica pura. La forma persiste principalmente in pubblicazioni minori il cui numero di lettori complessivo è inferiore a quello dei follower di Margaret Atwood su Twitter. Dobbiamo piangere l’estinzione del saggio? Oppure festeggiare la sua conquista della cultura di massa?»

Tuttavia, in questo mondo in cui dar voce e specchio di sé è sempre più difficile, Franzen ci prova e ci destina di sedici brevi scritti che coprono archi temporali diversi e che sono il risultato di esperienze di vita accumulate e vissute dalle due anime dello scrittore, mixate a riflessioni individuali e collettive sul passato, sul presente e sul futuro. Al tutto si somma una dimensione privata e con caratteri naturalistici e a cui si contrappone la percezione esterna che non esita ad additare e a odiare, a giudicare, che si oppone ancora a quella più intima e introspettiva sull’umanità e sul perché sia così difficile affrontare problemi ambientali qui e ora piuttosto che immaginare catastrofi future e irreversibili.

«Ero arrivato a considerare il saggista come un pompiere, il cui compito è tuffarsi in mezzo alle fiamme della vergogna mentre tutti gli altri scappano»

Base e colonna portante dell’opera è comunque il dibattito culturale sull’inquinamento, sul progressivo innalzamento delle temperature, delle emissioni di CO2, dell’estinzione, della conservazione dell’ambiente e della biodiversità, del consumo sfrenato, dell’inciviltà perpetrante, della visione incurante dell’individuo che consapevole – ed eppure inconsapevole – delle proprie nocive azioni non si corregge nei suoi comportamenti ed anzi adotta un atteggiamento lascivo, di laissez-faire, di “ci penseranno”, arrecando quale conseguenza danni ecologici permanenti e di entità inestimabile.
E poi ci sono le considerazioni di un uomo, un uomo che come tutti si interroga sulla sua vita, sulle sue esperienze, sul suo vissuto, perfino sul suo considerarsi non fumatore per la convinzione di riuscire un domani davvero a smettere di fumare. La ripresa del vizio, la delusione della madre. La crescita. La letteratura, il viaggio interiore che soltanto questa è sempre stata capace di donarci e che tuttavia oggi è sempre più in “disuso” a fronte di vetrine costruite, consumi proposti, dimensioni virtuali affascinanti di facciata, noiosi nella verità, atti ad appiattire la nostra mente, il nostro pensiero, la nostra anima a favore di una pochezza che confina la cultura all’esser un male incurabile. La dimensione dell’io a confronto con quella della collettività, la perdita dei valori, la voce legittimata del tuttologo di turno.
Un testo stratificato è quello che ci propone l’americano, un elaborato caratterizzato da una penna erudita e prolissa di dettagli e descrizioni, affatto semplice da leggere stante i molteplici aspetti che si prefigge di toccare ed elaborare e capace di invitare il conoscitore a soffermarsi su dette problematiche ad interrogarvisi. Uno di quei libri che vanno letti poco alla volta, che vanno gustati e assaporati con i giusti tempi.

«Come trovare un significato nelle nostre azioni quando sembra che il mondo stia per finire?»

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La fine della fine della terra 2019-05-07 22:45:28 68
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68 Opinione inserita da 68    08 Mag, 2019
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Meditata consapevolezza e speranza lontana

La stesura di un saggio, ci dice l’ autore, è sempre uno specchio di se’, ma oggi è così difficile, nel veloce e superficiale mondo di twitter, consumistico, narcisista, impulsivo, nutrirsi e trasmettere una qualche profondità e complessità, linguistica e dialettica, che inverta una tendenza siffatta rispolverando un senso ormai sepolto o più atrocemente ignorato.
Questi sedici brevi scritti sono il risultato di eterogenee esperienze decennali, la rappresentazione di uno spaccato di vita, riflessioni personali e collettive su presente e futuro e su un destino climatico da tempo indirizzato ad una via di non ritorno.
Due elementi distinti e complementari in un’ epoca definita “ antropocene “, un Franzen ai più sconosciuto, ambientalista e birdwatcher, appassionato osservatore ed elencatore di specie aviarie anche in via di estinzione, assertore della necessità di salvare specie indispensabili al mantenimento dell’ ecosistema ed un Franzen scrittore, ai più noto, dai primi passi post laurea all’ interno del mondo letterario con deviazione su saggistica e giornalismo per tornare a coltivare il proprio destino.
C’è una dimensione privata, naturalistica, da osservatore instancabile, che guarda alla natura con occhio attento, sapendo che solo considerandola come un insieme di specifici habitat minacciati e non come una astrazione moribonda si potrà impedire il completo snaturamento del mondo.
In questo contesto si alimenta un continuo ed imprescindibile dibattito culturale su inquinamento, progressivo innalzamento della temperatura del globo, aumento delle emissioni di CO2, biodiversità, conservazione ambientale, con esplicito riferimento a quelle sovrastrutture politico-economiche affacciate solo su presente e denaro. Si parla di inciviltà, di cacciatori e bracconieri, di consumismo sfrenato ed inconsapevole, di danni ecologici permanenti, dello sterminio indiscriminato e noncurante, anche in difesa di principi apparentemente ambientalisti, di importantissime specie ittiche ed aviarie.
E c’è il Franzen uomo e scrittore, che pone e si pone domande imprescindibili, a partire dalla ricchezza dei propri viaggi ed esperienze coltivate negli anni, di amicizie solidificate, concernenti una dimensione culturale ed umana, non antropocentrica, che abbraccia consapevolezza e responsabilità del singolo e degli Stati con un occhio rivolto al futuro.
Ed allora, in questi brevi scritti si respira un comune denominatore, una crescita personale e di civiltà che consegna lo scrittore ad una neo dimensione pubblica e privata.
Per questo il birdwatching diviene ogni volta un’ esperienza unica nel luogo dove ci si trova e non solo una lista di nomi da spuntare, un “ giuoco “ affascinante dal fallimento inevitabile e l’ amore per gli uccelli è amore per la loro radicale alterita’ considerandone l’ indifferenza per l’ umana specie che non è’ la misura di tutte le cose ( come vorremmo credere ).
Se potessimo vedere tutti gli uccelli del mondo vedremmo il mondo intero, consegnarli all’ oblio significa dimenticare di chi siamo figli.
Ma c’è anche, nel corso degli anni, un viaggio introspettivo e formativo esplicato dall’ amore per lettura e letteratura, che si nutre di solitudine, attesa, silenzio osservante, una conversazione che prevede una solitudine inesistente nell’ era degli smartphone e di Twitter, che ci consegnano ad un inevitabile senso di noia, oggi così temuta, momenti in cui si coltivano pazienza e rassegnazione.
In Franzen vive un mondo critico ( assai acuto il saggio su Edith Wharton ), consapevole, dubbioso, pensante, culturalmente attivo, recalcitrante a stereotipi e cliché, anche erroneo, ma sempre in viaggio e profondamente vivo, un mondo che sa “volare “ con la mente e che si commuove continuamente ammirando il miracolo del “ volo “ delle innumerevoli specie aviarie.

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