Narciso e Boccadoro
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Il cammino dei sensi
Come premessa, posso azzardarmi ad affermare che chi ha amato “Siddhartha” potrà allo stesso modo apprezzare “Narciso e Boccadoro”. I richiami all’opera più famosa dell’autore tedesco sono molto numerosi: lo stile reca diverse somiglianze - sebbene perda le tonalità orientaleggianti che erano necessarie al contesto del Siddhartha - ma soprattutto sono affini le tematiche, che qui sono sotto certi aspetti ampliate.
Sebbene l’opera rechi anche il nome di Narciso, nel corso della storia seguiremo principalmente il cammino del giovane Boccadoro, a partire dal suo arrivo al convento in cui conosce colui che sarà suo amico e maestro (sebbene scompaia per gran parte del romanzo) fino al termine del suo percorso. Al centro c’è “l’Erleben” tanto cara ad Herman Hesse: quell’esperienza che può acquisirsi solo vivendo la propria vita e scoprendone piaceri e dolori sulla propria pelle; un’esperienza che nel caso di Siddhartha ha il compito di spalancargli le porte del Nirvana, nel caso di Boccadoro riuscirà a offrirgli conoscenza delle cose del mondo così da poterle rendere immortali nelle proprie opere d’arte. Solo vedendo la morte in faccia, solo conoscendo i piaceri carnali che può offrire l’unione con una donna e solo sentendo il sapore del sangue si può riuscire, se dotati d’un talento artistico spiccato, a rendere questi sentimenti immortali e a materializzarli nelle linee sinuose d’una figura, che di essi può farsi simbolo destinato a durare nei secoli.
Dopo un periodo di sbandamento in cui crederà erroneamente di essere destinato alla vita monastica, Boccadoro scopre infatti d’essere un’artista: un destino che Narciso riuscirà a prevedere per lui fin dal principio, seppur in parte. Narciso è un uomo di spirito, un erudito che rinuncia al mondo sensoriale e al piacere per perseguire mete d’altro tipo ma che ammette quanto sia impossibile stabilire un percorso che sia giusto e univoco per ogni essere umano. In Boccadoro, per l’appunto, non vede un monaco: quest’aspirazione è un qualcosa che gli è stata inculcata a forza da un padre tiranno, che ha offerto il proprio figlio in sacrificio per i peccati della moglie. Proprio la madre sarà una figura centrale per Boccadoro; una figura che una volta riesumata dalla memoria lo guiderà in ogni passo del suo cammino finalmente personale, perseguito con volontà attiva e consapevole.
Boccadoro è dunque un Siddhartha che non cerca un equilibrio tra spirito e sensi, ma che indulge principalmente ai sensi e su questi costruisce le fondamenta della sua vita. I sensi e l’istinto lo dominano, sono la sua “raison d’être”, bramano d’essere soddisfatti e quando ciò diventa impossibile segnano la fine del suo cammino.
Forse in certi tratti il romanzo è ripetitivo, tende a indugiare sui medesimi concetti e a dilungarsi su alcune descrizioni e dettagli, ma la forza dell’autore è sempre intensa; la sua capacità di far riflettere sempre efficace e attiva. La parte iniziale e centrale sono forse troppo lunghe a discapito di un ultimo terzo sul quale probabilmente si poteva indugiare parecchio di più, ma “Narciso e Boccadoro” resta un’opera di grande valore che, soprattutto dagli estimatori di Herman Hesse, va letta.
“Le nature come la tua, dotate di sensi forti e delicati, gli ispirati, i sognatori, i poeti, gli amanti sono quasi sempre superiori a noi uomini di pensiero. La vostra origine è materna. Voi vivete nella pienezza, a voi è data la forza dell'amore e della esperienza viva. Noi spirituali, che pur sembriamo spesso guidarvi e dirigervi, non viviamo nella pienezza, viviamo nell'aridità. A voi appartiene la ricchezza della vita, a voi il succo dei frutti, a voi il giardino dell'amore, il bel paese dell'arte. La vostra patria è la terra, la nostra è l'idea. Il vostro pericolo è di affogare nel mondo dei sensi, il nostro è di asfissiare nel vuoto. Tu sei un artista, io un pensatore. Tu dormi sul petto della madre, io veglio nel deserto. A me splende il sole, a te la luna e le stelle, i tuoi sogni sono di fanciulle, i miei di ragazzi…”
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Una sintesi degli opposti per la scoperta della vi
Romanzo di formazione, saggio, trattato filosofico... Non esiste un genere letterario che possa inquadrare il grande racconto di Hermann Hesse perché ‘Narciso e Boccadoro’ scardina volutamente ogni struttura: esula dal romanzo di formazione per farsi saggio e infine straborda dall’impianto saggistico per darsi -con ottimi risultati- alla filosofia. Per poi tornare ancora alla forma più canonica del romanzo. Insomma, è l’inclinazione del lettore a deciderlo. Questo forse, durante la lettura, va a discapito dell’intrattenimento del lettore
Ciò su cui si può concordare però è la grande abilità dell’autore, premio Nobel, nel raccontarci la vita di un uomo che ha fatto dell’amore il suo unico credo. Il suo essere libertario lo ha portato a scoprire il suo stile di vita, ha forgiato la sua identità. Boccadoro è la perfetta sintesi dei paradossi dell’uomo. Quante volte ci ritroviamo in situazioni che mai avremmo pensato di ritrovarci? Quante volte commettiamo gesti che normalmente non ci appartengono? E chi dunque l’avrebbe mai detto che Boccadoro, ‘svegliato’ dal sonno della ragione da Narciso (monaca ascetico e saggio nonché migliore amico del nostro protagonista), avrebbe deciso di abbandonare quella vita di amore per Dio e la preghiera, di dedizione verso la semplicità, castità e routine quotidiana per buttarsi in un mondo che lo porterà a scoprire e a vivere un’esistenza opposta a quella che suo padre aveva immaginato per lui - ignaro dell’animo e dei desideri più profondi di Boccadoro - ?
Un’esistenza in cui l’amore sarà solo verso il sesso e la vita. È come se Boccadoro avesse sovrapposto l’atto sessuale all’atto di vivere. E per voglia di continuare a sperimentare la sua libertà, ma anche solitudine che arriva perfino a uccidere altri uomini. Prima per difendere la sua vita e quel poco che ha, poi per difendere una delle sue donne. L’amore da una parte e la vita dall’altra. L’amore per la vita. L’amore della vita.
Il cambiamento del suo modo di vivere, ‘battezzato ‘ da suo padre, fratello e amico acquisito Narciso - vero maestro di vita, capace di saper indicare la strada al suo allievo - è un passaggio estremo. In tutto e per tutto. Estremo alla vita che avrebbe dovuto condurre al convento. Estremo nell’amore verso la vita e verso le donne. Estremo nelle esperienze difficoltose con le quali ha dovuto convivere (la peste). Estremo nel mondo in cui si ritrova. Appare quest’ultimo, a suo modo, idealizzato dove la disponibilità non viene mai a mancare: riesce sempre a trovare una donna per appagare i suoi desideri e a trovare una famiglia per appagare i suoi bisogni più elementari.
È un inno alla vita? Sì. È un inno all’amore? Sì. Ma è anche un inno agli istinti primitivi dell’uomo. Ed è solo con il tempo, quando si imbatte nel suo secondo maestro di vita, Nicola -dopo l’abate Narciso- che capisce come l’esistenza non può essere solo quello. Capisce che anche lui ha delle abilità. Ancora inespresse, ma innate. Ancora nascoste, ma pronte ad uscire alla luce. Boccadoro cerca questa possibilità, Nicola gliela offre, Boccadoro la raccoglie. E scopre così il dono della bellezza e dell’arte che possono scaturire anche dalle sue sole mani.
Di tutto questo Hermann Hesse racconta, come a testimoniarci la complessità dell’uomo. L’uomo che si ritrova nella propria vita da un estremo all’altro. Ci insegna che tutti noi abbiamo una strada e che talvolta sono altri a dovercela indicare -come Narciso l’ha indicata in un certo senso a Boccadoro-. E spesso si rivela la più tortuosa, la più sorprendente, la più animalesca. Ma alla fine è quella capace di definirti come uomo e come persona.
Spesso in più punti del libro, e questa è una caratteristica che solo in Hesse ho trovato così prepotente, è lo stesso autore a intervenire svelandoci contraddizioni, parallelismi e anomalie che si palesano durante il peregrinare di Boccadoro. Sembra quasi che sia lui stesso a recensire ‘al volo’ il suo stesso racconto. Come quando scrive “nello specchio scuro della fontana vide la propria immagine e pensò che quel Boccadoro che lo guardava dall’acqua non era più da un pezzo il Boccadoro del convento o quello di Lidia e neppure il Boccadoro delle foreste. Pensò che ogni uomo corre senza posa e si trasforma infine si dissolve, mentre la sua immagine creata dell’artista rimane sempre immutabilmente la stessa”. Questa considerazione solitamente viene relegata a noi lettori, chiamati a comprendere il significato allegorico del racconto: la caducità della vita umana e l’eternità dell’arte e di ciò che l’umano è capace di produrre. Comprendere questo significa lasciare un segno nella vita. E Boccadoro lo comprende. E da Nicola, l’artista, lascia il suo primo segno, creando l’immagine dell’artista. Un ritratto che è disegnato, quindi tangibile, da essere toccato con mano e che si palesa alla vista degli occhi, ma anche spirituale, che risiede nell’animo, e che si mostra alla vista del cuore. Disegnando Boccadoro arriva anche a disegnare la sua identità.
H. Hesse, dopo averci raccontato la crescita emotiva del protagonista, arriva a spiegarcela. Sono le ultime pagine. Sono la filosofia di vita di Hermann Hesse per bocca dell’abate Narciso. Un saggio pieno di saggezza (il gioco di parole è voluto) che tutti noi dovremmo farne tesoro. Il dialogo finale tra i due è tutto da leggere. C’è commozione, insegnamento, riconoscenza, tristezza. È un intenso colloquio che a tratti ricalca i colloqui filosofici di Platone. Dove il maestro guida l’allievo verso la consapevolezza con domande specifiche ed esistenziali. Tra le molte preziose pillole che Hesse (ossia Narciso) ci lascia, ne ripropongo qui una. Non è la più importante magari, ma riprende in parte ciò che ho detto poco sopra: “Molto prima che la figura artistica diventi visibile e acquisti realtà, essa esiste come immagine nell’anima dell’artista! Questa immagine dunque, questa immagine originaria è esattamente ciò che gli antichi filosofi chiamano idea”... “Ebbene, riconoscendo l’esistenza delle idee e delle immagini originarie tu entri nel mondo spirituale, nel nostro mondo di filosofia e di teologia, e ammetti che fra la confusione e il dolore di quel campo di battaglia che è la vita, in questa danza macabra senza fine e senza senso dell’esistenza corporea, esiste lo spirito creatore. [...]”
Grazie Hermann Hesse per la tua saggezza e il tuo insegnamento. Questo racconto, per essere compreso e gustato, richiede la collaborazione e l’applicazione del lettore. Allora sì che “Narciso e Boccadoro”, con un po’ di pazienza e di buona volontà nel seguire attentamente gli sviluppi del romanzo, possono diventare anche per noi dei piccoli maestri
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Opposte complementarietà
Una ambientazione medioevale svela “ Narciso e Boccadoro “, a metà tra fiaba e romanzo picaresco con accentuata impronta filosofico-esistenziale.
Molteplici i temi trattati, gli spunti di riflessione ( spirito-materia, arte-vita, religiosità, identità, destino, amore-morte, origine della vita ), i simbolismi, gli elementi psicanalitici, in primis una marcata duplicità ( caratteristica dei romanzi di Hesse ) non solo dei protagonisti, ma nell’indirizzo del racconto.
Narciso è l’ insegnante, ascetico e spirituale, scuro e magro, pensatore e sognatore, Boccadoro l’ allievo, anima di fanciullo, radioso e florido, empirico e sperimentatore.
Opposti attratti dalla propria complementarietà, esseri superiori, con doti e caratteristiche precise, e con un monito particolare dal destino.
Narciso possiede un talento naturale nel leggere l’ animo degli uomini, il nucleo della sua vita è al servizio dello spirito, del verbo, nel guidare i suoi scolari ad alte mete spirituali tenendosi alla larga dal piacere dei sensi, devoto alla sola forma più alta, quella spirituale.
Non crede che Boccadoro, accompagnato dal padre al convento di Mariabronn, sia destinato alla vita ascetica, il suo compito sta nell’ indicargli la natura del proprio destino con il rischio di perderlo.
Boccadoro ha dimenticato una infanzia che lo ricerca dalle profondità dell’ anima, insegue la madre primigenia, quella figura di donna lasciata prematuramente che ne ossessionerà la giovinezza consegnandolo a plurimi afflati amorosi senza alcuna reale speranza d’ amare.
Egli soffre la dimenticanza di una parte del suo passato, sua madre e tutto quanto a lei si riferisce. L’ ha persa piuttosto presto, non sa altro ma pare vergognarsi di lei nonostante ne abbia ereditato le doti.
Un giorno la sua immagine ritornerà, una madre che è natura, contrapposta allo spirito paterno che nella natura non potrà mai vivere. Quella vita in convento che suo padre ha progettato per lui vorrebbe essere purificazione dalla memoria materna o solo vendetta.
In Boccadoro nulla è vivo e reale al di fuori della sua vita interiore, il battito ansioso del cuore, il doloroso pungolo della nostalgia, le delizie e le angosce dei sogni.
Lasciando il convento si è addentrato in un reale dove non si parla, dove le parole ed il pensiero non hanno significato ed ha iniziato a vagare per il mondo, assaporando brama ed amore, piacere e dolore in una vita da vagabondo, con il desiderio di divenire un artista, la caducità della vita umana contrapposta alla eternità dell’ opera d’ arte.
Nell’ arte e negli artisti non ricercherà fama e danaro, ma altro. Durante il suo peregrinare smarrirà la grazia adolescente e l’ ingenuità fanciullesca plasmando un animo senza amici ed un cuore che appartiene alle donne, ma solo amore e voluttà sono in grado di scaldare la vita.
L’ arte e’ verità, eternità, unione ed identificazione del mondo paterno e materno, dello spirito e del sangue ed il giusto motivo per cui è lecito porsi al suo servizio.
Dopo anni di vagabondaggio la giovinezza di Boccadoro è appassita e sciupata, inevitabile il ritorno al monastero, pervaso da luoghi e persone che vivono in lui ma con l’ esigenza di creare qualcosa che gli sopravviva, di vivere senza rinunciare alla nobiltà della creazione.
Sa di avere vissuto tra l’ orrore del mondo e la ricerca del piacere per sfuggire il dolore, alla continua ricerca di un’ alternativa che lo potesse aiutare a superare la caducità della vita ed a rendere eterno il transitorio.
Oggi, finalmente consapevole e pacificato con se stesso, il contatto con la morte assume per lui un suono profondo ed amoroso, il suo appello si fa richiamo d’ amore.
Narciso lo osserva, estasiato, ne assapora la rinnovata essenza, conoscendone l’ intimità, e ne accompagna il faticoso cammino, consapevole della loro profonda amicizia ed ascoltandone le ultime parole…
…” Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire “…
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Yin e Yang
Narciso e Boccadoro sono due amici che vivono in un convento; il contesto è quello medievale. Narciso è dotto e riflessivo, occupa un posto di rilievo nel convento ed è un ''predestinato'' egli diventerà infatti abate. Boccadoro è un buono studente, ma non è adatto alla vita monastica. Egli si abbandona ai piaceri che la vita offre e abbandonerà il convento nel tentativo di dare un senso alla sua vita, poiché non si può vivere la vita standosene semplicemente rinchiusi in quattro mura.
Il cammino e l'evoluzione di Boccadoro potrebbero farci pensare ad un Bildungsroman, il suo cammino è forse lo stesso di Siddhartha, il viandante dell' Oriente. Ma questo romanzo va oltre, abbiamo già oltrepassato la doppia crisi spirituale del Siddhartha e dello Steppenwolf; qui l'autore sembra riflettere sul ruolo dell'arte nella vita dell'artista. Boccadoro trova nell'arte il modo di esprimere ciò che ha dentro di sé, e sembra che per lui sia l'unica cosa sensata in questo mondo. Eppure, l'uomo è soggetto alla caducità del tempo, l'unico modo per eternizzare ciò che sente e ciò che pensa è l'arte. Ma solo pochi eletti sono in grado di dare forma fisica ai propri pensieri, alle proprie idee, e quei pochi eletti sono gli artisti.Il monastero sembra essere il luogo ideale per lo sviluppo della coscienza e dell'arte, eppure Boccadoro fugge, poiché desidera vagare per il mondo. Ogni opera d'arte deriva da un'esperienza, Boccadoro ha bisogno di vivere a pieno per esprimere la sua arte.
Narciso e Boccadoro appaiono come yin e yang, opposti che si completano. Infatti, Narciso sostiene che essi sono come il sole e la luna, non possono giungere ad un accordo, ma possono imparare l'uno dall'altro pur rappresentando due stili di viita diversii. Ma il romanzo sembra più la storia di Boccadoro, Narciso gioca un ruolo minore, egli altro non è che la guida di Boccadoro. Sarà proprio lui a leggere il suo cuore e a dirgli che egli non è adatto alla vita monastica, che egli desidera altro.
Chi ha letto altre opere di Hesse, potrà facilmente dedurre che Boccadoro altro non è che la fusione di Klingsor e Knulp, sia artista che amante della vita e dei suoi piaceri, nemico della morte. Boccadoro ama la vita e la vuole vivere ad ogni costo. Ovviamente, il motivo autobiografico è onnipresente nella vita di Hesse, Boccadoro rappresenta l'esperienza nel convento di Maulbron. Come sempre, non si può scrivere di cose che non si sono vissute...
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Stile impeccabile, contenuti un po' scarsi
Questo libro riesce a trasportare in un ambiente letterario magico, un medioevo lontano e non raggiungibile.
Lo stile è alto, i discorsi sono scorrevoli e molto profondi, spesso ci sono digressioni che ricordano più un trattato di filosofia che un racconto. Sebbene la storia non sia avvincente in molti punti, risulta comunque piacevole da leggere, invoglia a proseguire fino all'ultima pagina.
Per questo ritengo che il punto forte del libro sia proprio lo stile.
Un altro punto a favore è indubbiamente la morale, non solo di sensi e non solo di spirito un uomo può vivere: l'essere umano è un insieme di ragione, spiritualità e passione.
Ciò che invece ritengo a sfavore, sta nel contenuto. Il viaggio di Boccadoro risulta decisamente troppo lungo, per il semplice motivo che non ha uno scopo, è solo un vagabondo errare ripetitivo.. Forse Hesse avrebbe dovuto ridurre il numero di donne citate e inserire colpi di scena, i quali sono completamente assenti...
Il personaggio di Boccadoro è complesso e ben delineato, mentre quello di Narciso rimane un po' più complicato e offuscato.
Questo libro non riesce a simpatizzare i protagonisti, poiché rappresentano le esagerazioni dei nostri lati più estremi e intimi; in più si trasporta con sé tutta la caducità della vita e lascia un senso di profonda angoscia, ma anche di speranza.
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- sì
- no
narciso e boccadoro
Una intensa ricerca di se stesso tra le mille spirali dell'anima. Una divisione che lacera, una unione che non sovrappone e lascia la libertà come unico spiraglio d'aria...
Le storie di Narciso e Boccadoro si rincorrono in uno dei libro più belli che abbia mai letto... la ricerca della madre, la spiritualità e la carne, il padre... sono tutti ingredienti di un romanzo che narra la crescita umana e spirituale di ognuno di noi!
Quante volte ti sei sentito Narcisoe quante Boccadoro? Con questa domanda vi lascio alla prima pagina del libro che, in un batter d'occhio, divorerete!
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Il dualismo immortale
Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse può essere definito uno dei capolavori della letteratura tedesca sebbene sia stato abbastanza recentemente criticato soprattutto per il tema trattato. Narra la storia di un'amicizia, nella Germania rinascimentale, tra il dotto Narciso, monaco e insegnate di greco del convento di Mariabronn, e l'allievo Boccadoro, un'anima ribelle e artista che ben presto lascerà il convento per inebriarsi tra le gioie della vita e cercare la sua vera essenza repressa da troppi anni. Durante il suo lungo vagabondare in terre più o meno popolate ma descritte magnificamente da Hesse, il giovane comprende molto sulla natura umana, sul mondo e soprattutto sul dolore, la sofferenza così magicamente vicina alla sua opposta ossia la gioia. Un lungo pellegrinare con un grande contenuto simbolico: quello del duro cammino verso la conoscenza di sé, della propria anima, quasi una corsa affannata contro il tempo per carpire i segreti della vita. Dall'altra parte anche Narciso compie lo stesso cammino ma non fisico bensì spirituale, ascetico, mortificando il corpo e i sensi. Qui sorge il grande dubbio che assilla il lettore ma già i protagonisti hanno velatamente espresso: quale delle due vite è migliore per giungere al disvelamento della verità, tema tanto caro ai filosofi? Un libro entusiasmante che cerca di fare una sintesi dei due opposti, la razionalità e la "carnalità", i sensi, per spiegare che l'uomo senza una delle due componenti non potrà che vivere infelice rinunciando a una parte della sua anima. Un legame tra i due giovani così forte che aiuterà entrambi a capirsi meglio, a instillare domande nelle loro menti. La struttura del romanzo è comunque a tratti molto macchina e di difficile lettura soprattutto nei lunghi dialoghi socratici ma nonostante ciò rimane un romanzo da leggere di un fiato grazie anche a qualche colpo di suspense.
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Come il giorno e la notte
Un libro che, pagina per pagina, fa pensare parecchio. Macchinoso in certi punti, non molto scorrevole, ma bello: Hesse ripaga generosamente lo sforzo per aver superato le prime 50 pagine. Così continuare a leggere fino alla fine diventa a dir poco obbligatorio. Le riflessioni sulla vita, sull'arte e il legame fra i due protagonisti sono sublimi. L'insoddisfazione perenne di entrambi, la sensazione di non trovarsi mai in equilibrio, di capitare sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, la convinzione che manchi una parte di se stessi per stare bene. Questo è ciò che succede: capire che non si è completi senza l'altro, sentirsi più soli di un calzino spaiato in mezzo a un cassetto pieno di biancheria. A Narciso serve lo spirito di Boccadoro, a Boccadoro la "ratio" di Narciso. La massima "gli opposti si attraggono" mi sembra calzi a pennello. E voi, con chi state state? Dalla parte del teologo, o da quella del ribelle...?
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I poli opposti si attraggono
Tra le mura del convento di Mariabronn, in un medioevo quasi epico, nasce e si rafforza l’inossidabile amicizia tra il virtuoso Narciso e l’irrequieto Boccadoro. Due personalità agli antipodi, due ragazzi molto diversi tra loro che come poli opposti sono attratti inesorabilmente l’uno dall’altro. Narciso, colto, raffinato, devoto, appare tagliato per una brillante carriera ecclesiastica, la vita monacale sembra fatta su misura per lui. Boccadoro invece è uno spirito libero, ardente e desideroso di esperienze vere e forti, per lui le pareti del monastero sono strette e soffocanti, tanto che un giorno decide di fuggire e, dopo un commovente commiato con l’amico, abbandona Mariabronn per avventurarsi nel mondo. A questo punto lasciamo Narciso alla sua esistenza ascetica e spirituale per seguire Boccadoro nel suo avventuroso e rocambolesco viaggio per boschi, campagne, città. Il nostro eroe conduce una vita nomade e vagabonda, senza meta né punti di riferimento se non il ricordo e gli insegnamenti del caro amico, seduce e ama un numero incalcolabile di donne, conosce la morsa del freddo e gli stenti della fame, il lusso e la miseria, la sete e l’ebbrezza del vino, la libertà e la prigionia, impara a donare la vita ma anche a provocare la morte di sua mano. Soprattutto scopre la sua vera vocazione, il suo grande talento: l’arte, il disegno e soprattutto la scultura. Ma qualcosa in lui comincia a rompersi quando si imbatte nell’orrore della peste, un’epidemia che semina morte e desolazione per tutta la Germania mettendo a nudo il cinismo e la crudeltà della razza umana e allontanandolo definitivamente da una già labile fede verso un Dio insensibile che ha creato male il mondo e che non sembra preoccuparsi minimamente degli uomini. Passeranno molti anni prima che i due amici riescano a ritrovarsi e a ricongiungersi, e quando lo faranno le differenze tra loro saranno ancora più marcate, ma non per questo la loro amicizia risulterà meno forte. Hesse si serve di due personaggi antitetici per rappresentare il perenne contrasto tra ciò che è terreno e ciò che è spirituale, tra ascetismo e voluttà, tra chi tenta di spiegare la vita attraverso il pensiero e chi decide di raffigurarla con opere tangibili, tra chi ha fede nel divino e chi non ne ha nemmeno negli uomini. I dialoghi tra i due protagonisti, le loro dispute teologiche e filosofiche, i loro diversi stili di vita permettono all’autore di descrivere molto bene questi opposti modi di essere e di vedere l’esistenza, di sottolinearne le diversità ma anche di lasciare intendere che le distanze, anche se notevoli, non sono necessariamente incolmabili, che anzi l’ideale forse sarebbe proprio trovare il giusto equilibrio tra un mondo e l’altro senza lasciarsi sopraffare dagli estremismi.
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filosofeggiare
All' inizio non avevo molta voglia di leggere questo libro. Avevo letto distrattamente la pagina iniziale del romanzo di Hesse, ritenendo la descrizione del grande albero del convento di Mariabronn troppo noiosa, e l' avevo accantonato dicendomi che “si, forse un giorno lo leggerò..”.
È stato così infatti, ho ripreso la lettura del romanzo e mi è piaciuto.
Narciso e Boccadoro sono la rappresentazione letteraria di una contrapposizione che affascina da sempre, quindi niente di nuovo dal punto di vista del cuore del romanzo, del perno su cui si regge l' intero libro.
Narciso è spirito, è logos e ragionamento che si oppone continuamente ma con equilibrio al suo opposto Boccadoro, che invece è governato da istinti quasi primitivi, è eros, è natura.
Pur essendo così distanti, pur affrontando la vita in modi così diversi Narciso e Boccadoro sono continuamente attratti l' uno verso l' altro. Hesse insiste in modo particolare su Boccadoro, sul suo modo personale di affrontare la vita cercando prima di emulare Narciso, poi accettando sempre con maggiore forza la sua vera natura.
Lo segue nei suoi vagabondaggi in giro per un' Europa medievale prima florida e poi tormentata dalla peste, mentre l' abate Narciso vive al sicuro tra le mura del suo convento.
I protagonisti di questo romanzo rimangono nella mente, non nel cuore. È un libro che apre le porte alla speculazione filosofica, solo superficialmente parla della vita e dell' amore di questi due grandi uomini.
Il difetto(o il pregio?) di Herman Hesse è che ogni parola ha un significato preciso. Non si può saltare nessuna frase, nessuna parola deve sfuggire al lettore perchè i dialoghi tra i due protagonisti, il filo stesso dei loro singoli pensieri è tutto un succedersi di ragionamenti e riflessioni di natura puramente speculativa. Nei romanzi di Hesse bisogna rimanere sempre sull' attenti perchè perdere una frase significa perdere una rivelazione a sé stessi e al mondo, non so se mi spiego.