La sonata a Kreutzer La sonata a Kreutzer

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anna rosa di giovanni Opinione inserita da anna rosa di giovanni    05 Mag, 2021
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Ecco perchè l'ho uccisa

LA SONATA A KREUTZER è un breve romanzo a tesi del 1889 di LEV TOLSTOI (1828-1910), che fin dalle due citazioni in esergo, tratte dal Vangelo di Matteo relative alla sessualità, esplicita il suo tema. Attraverso il racconto in prima persona di un uxoricida e la “Postilla dell’autore”, l’autore consegna il frutto delle sue riflessioni sulla sessualità dopo la crisi spirituale che lo porta a una religiosità evangelica del tutto personale, indipendente da qualsiasi istituzione ecclesiastica e da qualsiasi teologia precostituita, e perciò avversata dalle chiese, certo, ma anche dal potere civile, sempre ostile a chi antepone Dio, e quindi la propria coscienza, a qualsiasi autorità, da qui le censure e le condanne.

Il pensiero di Tolstoi posso sintetizzarlo così:
“bisogna smettere di pensare che l’amore carnale sia qualcosa di particolarmente elevato, e bisogna invece capire che (...) l’innamoramento e il congiungimento con l’oggetto dell’amore (…) non rende mai più agevole il raggiungimento di un fine degno dell’uomo (ha nominato “la dedizione all’umanità, alla patria, alla scienza o all’arte, senza poi parlare della dedizione a Dio”), bensì più difficile”(p. 130 dell’ed. Univ. Econ. Feltrinelli). Non bisogna temere che l’umanità si estingua, perché anche se tutti riconoscessero che “la continenza è migliore della depravazione” (p. 131) (e per “depravazione” Tolstoi intende il sesso non finalizzato alla procreazione, bensì - per lui tertium non datur - al piacere), non tutti sarebbero in grado di accettarne le conseguenze, ma anche se ciò fosse e tutti rinunciassero all’unione carnale perseguendo la perfezione (io la chiamerei “santità”), non sarebbe di per sé un male che l’umanità si estinguesse, poiché d’altra parte la scomparsa degli uomini è nei disegni di Dio.
Come si vede, è un pensiero radicale. Lontanissimo da quello di Freud, che intanto ha teorizzato l’importanza “fondativa” della sessualità per la persona.

È chiaro che il punto di vista di Tolstoi è lontano anni luce da noi, cittadini delle società occidentali del 21° secolo. E però ... Anche l’illuminista Diderot aveva affrontato il tema della sessualità, anzi, più precisamente della “morale sessuale”, nel dialogo filosofico intitolato “Supplemento al viaggio di Bougainville o Dialogo tra A e B su … (attenzione!) l’inappropriatezza di applicare idee morali a certe azioni fisiche che non ne comportano”, operetta scritta nel 1772 e pubblicata nel 1796, in cui i Tahitiani apprendono con stupore che il Dio dei loro visitatori europei permette la sessualità solo nell’ambito del matrimonio, benchè non impedisca che essa sia praticata anche al di fuori di esso, con gravi sofferenze per “il peccatore” e il corpo sociale. Ora, lo stupore dei Tahitiani serviva a Diderot per mostrare che anche su materie così importanti come la nozione di Dio e la “morale sessuale” non c’è una verità, ma punti di vista. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che non si tratta tanto di stabilire se il punto di vista di Tolstoi sia giusto o no, come nel caso dell’opera di Diderot non è questione di stabilire se hanno ragione “i selvaggi” o gli europei, bensì si tratta di capire se l’“altro” punto di vista sia sostenuto da una sua logica interna oppure no e porsi in posizione dialettica rispetto ad esso. E a me sembra che il punto di vista illustrato da Tolstoi sia ben argomentato e che valga perciò la pena di lasciarsi da esso interrogare.

Devo dire che quando ho cominciato a leggerlo mi chiedevo: “Ma come ha fatto il mio amico X a dirmi che è modernissimo?”, perché lo trovavo pedissequamente moralistico e anche vecchio per quei ripetuti attacchi a “i dottori”, in quanto secondo Tolstoi questi antepongono la salute del corpo alla salute dell’anima e alla volontà di Dio (chi ha letto La peste di Camus non potrà non ripensare alla scelta di Padre Paneloux di non curarsi). Poi, a pag. 70 circa (!) Tolstoi comincia ad analizzare l’evoluzione delle relazioni tra i coniugi fino all’uxoricidio per gelosia - la forma più frequente che l’odio assume nei rapporti di coppia - e lo fa con tali verosimiglianza ed acutezza da dare l’impressione netta di un vissuto autentico - e infatti il matrimonio di Tolstoi fu infelice-, e a quel punto, sentendomi infine coinvolta nella narrazione, mi sono aperta alla comprensione delle idee che l’autore vi sostiene e le ho trovate assolutamente sostenibili, sempre dalla posizione del cristiano che voglia regolarsi sulla parola di Gesù quale i Vangeli la tramandano.

Come tutti sappiamo, l’amore sensuale, insomma l’attrazione tra un femminile e un maschile - e molto più spesso quello infelice che quello felice - ha in moltissime epoche ispirato innumerevoli opere in Occidente (vedi il saggio di Denis de Rougemont), ma lo studio delL’AMORE NEL MATRIMONIO diventa oggetto di interesse per scrittori ed artisti nell’800, quando all’edonismo gioioso del ‘700 (ri-vedi per esempio lo scritto di Diderot citato sopra) subentrano l’esaltazione romantica dell’amore (unico, puro e purificante) e però anche un’etica borghese che vorrebbe conciliare amore romantico e matrimonio cioè famiglia. Con che successo, già Flaubert lo racconta magistralmente in “Madame Bovary”. E che il binomio matrimonio/famiglia stia sempre peggio in salute ce lo dicono il numero crescente di divorzi e il crollo delle nascite, indici entrambi di una minore attrattività del progetto famigliare, perché se l’amore (che Flaubert nell’Educazione sentimentale mostra molto bene essere una favola romantica, così come Proust anche solo nel brevissimo ma folgorante cap. VI di “Fantasticherie color del tempo”) è concepito e vissuto come “complicità” e intesa sessuale, difficilmente può dar forza sufficiente per sostenere i tanti sacrifici e sforzi di varia natura che comporta avere una famiglia. Questo giusto per dire che vale la pena di interrogarsi sul tema “matrimonio/famiglia e amore” all’epoca di Youporn.

Qualche nota a margine: 1. Il tema della sessualità e dell’identità sessuale, legato al tema del diritto individuale alla felicità, viene affrontato in modo molto moderno e coraggioso da André Gide fin dai primi anni del ‘900; 2. Il tema del potere della musica su “i nervi”, da sempre ben noto, altrimenti Orfeo non avrebbe con essa persino incantato gli animali, è particolarmente frequente nella letteratura di fine ’800- inizio ‘900 e dice come essa “intenerisca”, cioè indebolisca la volontà a vantaggio della sensibilità o dei sensi, che dir si voglia. Come accade per esempio nella novella “Tristan” di Thomas Mann del 1902.

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siti Opinione inserita da siti    11 Agosto, 2018
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Una nota stonata

È un racconto lungo, scritto in modo magistrale e giocato su un climax ascendente che ne rende veloce e bramosa la fruizione. Si vuole infatti conoscere la motivazione che induce un uomo ad uccidere la moglie, fatto che ci viene anticipato dall’uxoricida dichiarato, durante un tragitto in treno condiviso col narratore, ben presto scalzato dal suo ruolo dal monologo- confessione che terrà scena fino all’epilogo. Non che l’assassino sia impunito, o meglio lo è, perché pur avendo confessato all’autorità giudiziaria è stato assolto in virtù dell’adulterio compiuto dalla moglie, e questa sia dunque la storia di un fuggiasco, no, affatto, è però la storia di un uomo che deve comunque convivere con l’irreversibilità del gesto compiuto a causa della gelosia, ossessionante al punto tale da rendere, per noi lettori, dubbiosa perfino la condotta fedifraga della moglie.
L’intero scritto nasce dall’intento dichiarato, dopo le prime richieste di delucidazione da parte dei suoi lettori, contenuto nella postfazione che segue il testo: fare una critica ai costumi sessuali della sua epoca, all’istituto del matrimonio, al fine di argomentare la tesi, secondo lui convincente, che l’atto sessuale tra gli umani sia da disdegnare, e che sia da preferirgli una sobria castità. Lascia alquanto perplessi; la lettura della postfazione l’ho interrotta quando la posizione mi è parsa fine a se stessa e insostenibile, affacciandosi poi Freud alla mente per una frazione di secondo, ho preferito fermarmi con un atteggiamento simile a quello che si ha quando si è di fronte ad ogni genere di estremismo. Il tutto poi si intuiva già in modo chiaro attraverso la maglia narrativa, quando si parla di eccessi sessuali in gioventù, del rapporto sessuale di coppia, delle dinamiche del disamore collassate in odio reciproco a causa della convivenza brutale alla quale il matrimonio costringe. I figli, frutto di questa unione sessuale, si badi bene non d’amore, un ulteriore tormento. Lo scritto appartiene alla fase finale della produzione del nostro e si inserisce nella biografia dell’autore, abbandonò in vecchiaia la moglie e la famiglia, e nel nascente tolstojsmo. Lascia di stucco. Un debole epilogo, questo sì più riconducibile all’etica cristiana del perdono, lo rende appena più digeribile dopo aver nel frattempo dimenticato le pagine dedicate alla musica che mi sono parse anch’esse stucchevoli, tendenziose e funzionali ad una tesi non convincente. Credo nell’amore tra uomo e donna, resistente a qualsiasi matrimonio. Di questi tempi però penso che le sue argomentazioni possano risultare gradite a tanti e condivisibili, resta il fatto, a scanso di equivoci, che non c’è giustificazione alcuna dell’atto violento rappresentato. La lettura è almeno utile per approcciarsi alla Sonata a Kreutzer di Beethoven, magistrale, eppure anch’essa anticonformista e poco gradita ai contemporanei, faceva dialogare violino e pianoforte come mai si era sentito prima. Se il racconto è una nota stonata, la sonata proprio no. Ascoltatela.

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68 Opinione inserita da 68    04 Febbraio, 2018
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Fallimento matrimoniale o delitto onnisciente?

Un viaggio in treno ed una confessione uxoricida di un certo Pozdnysev ad un passeggero senza nome diviene riflessione onnisciente sui temi dell’amore, della famiglia, dei figli, della gelosia, del tradimento.
È un Tolstoy diverso, quello di “ La Sonata a Kreutzer “ ( 1891 ), reduce da una profonda conversione evangelica, un uomo pervaso da forti intenti teorici e spirituali esposti nella postfazione.
La forza espressiva di questo romanzo breve, un lungo monologo attraversato da un tema univoco, il fallimento dell’ istituzione matrimoniale, considerato un po’ dostoevskijano nella rappresentazione del tormento e dell’ estasi, contravviene l’ idea moderna di amore simbolo di apertura, eguaglianza, pari opportunità, crescita condivisa, massima espressione di scelta libertaria nella costruzione famigliare e nel concepimento figliale.
Nulla di tutto questo, qui il matrimonio è classificato a tomba dell’ amore ( per Cristo e la sua parola ), infelicita’ ed oppressione, somma di particolarismi, schiavitu’ sessuale e del corpo per l’ uomo, civetteria e ricatto da parte della donna, un egoismo estremizzato dalla nascita ed educazione dei figli, un vero tormento, inasprendone toni e contenuti.
E che dire del protrarsi nel tempo di questa recita, e dell’ accrescersi di molteplici negatività , il sospetto, la gelosia, il tradimento per una fine ineluttabile? Un legame morto, culla di dogmatismo e falsità, istituzione creata per rendere gli uomini schiavi.
Il punto d’arrivo? Rapporti sempre più ostili, …” non sarà più la discordia a creare l’ ostilità ma l’ ostilità a causare la discordia “...
Ed allora, secondo l’ autore, quale rimedio? Nessuno, se non un drastico cambiamento di rotta con l’ abbandono dell’ egocentrismo ed una evangelizzazione di più ampio respiro.
Temi vasti, complessi, qui rappresentati in modo crudo ed univoco, ben lontani da libero arbitrio e naturali scelte amorose ( l’ oggi ).
Lo stesso Pozdnysev, pervaso da un delirio onnisciente, finisce per cadere in un baratro, vittima e carnefice della propria infondata gelosia e di supposizioni moleste, orchestrando una storia nella storia ed una vendetta che plachi la sete del proprio spirito cieco e vendicativo.
In lui, alla fine, ci sarebbe una labile possibilità di perdono, di fronte a due occhi inermi, forse incolpevoli, di sicuro esterefatti ed affranti, ma è un sentimento tardivo.
Un forte dubbio rimane sulla autenticità del tradimento, di sicuro non nella testa del protagonista, mai sapremo se questo si è di fatto compiuto, ma poco importa perché il racconto è pura oggettivizzazione di un delirio cosciente in un percorso unidirezionale.
Qualsiasi potere salvifico ed estetico di pura bellezza, di cui l’ amore è espressione sublime, è declinato e respinto, ed in questo senso il duetto musicale tra la moglie fedifraga ed il violinista di talento nella rappresentazione della famosa “ La Sonata a Kreutzer “ di Beethoven, una soave melodia che ammaglia i protagonisti nel proprio idillio amoroso e schiavizza i sensi di chi l’ ascolta, rapito dalla delicatezza delle sue note ma fomentandone una gelosia manifesta.
Il racconto vive di un lungo ed incessante crescendo emozionale, di attesa, sentimenti contrastanti, dolorosi ricordi, speranze ormai vane, di necessità e gioia nella propria terribile crudeltà, per una catarsi inevitabile alimentata dal delirio cosciente del protagonista.
Un turbinio di parole, gesti, emozioni, ed una mano che arma il protagonista, invasato, delirante, sospinto da forze estranee, vittima designata di un gesto estremo che non è così cosciente di volere compiere fino in fondo.
L’ esito è un racconto senza pause, costruito su temi piuttosto antiquati ed obsoleti, impensabili oggi, che comunque rapisce e tiene incollati alla sedia, perché la grandezza della scrittura tale rimane e con pochi tocchi l’ autore sa da par suo imprimere voce e forza al racconto catturando l’ attenzione dei più.

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“ La morte di Ivan Il’Ic “
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Bipian Opinione inserita da Bipian    17 Aprile, 2017
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L'amore secondo Tolstoj

Si tratta di un racconto, feroce e lapidario, scritto nel 1889 successivamente ad una delle fasi rivoluzionarie in cui Tolstoj metteva in discussione alcuni caposaldi morali della sua vita. In questo caso il bersaglio è il matrimonio nell'accezione nobiliare.

C'è molta autobiografia in queste poche ma intense pagine, in cui si coglie l'urgenza dell'autore di espellere la tensione, accumulata nei molti anni trascorsi con la moglie Sonja, per una situazione matrimoniale ritenuta intollerabile, che porterà Tolstoj alla sua finale e tragica fuga.

L'autore aveva maturato circa dieci anni prima delle profonde convinzioni etiche, legate ad una visione cristiana della vita, privata degli aspetti trascendentali e focalizzata sulla carità e sulla semplicità, a cui si mescolavano valori rurali della comunità contadina russa ed elementi delle religioni orientali. In questo contesto interiore travagliato egli si trovò a rinnegare i costumi dell'aristocrazia russa (di cui faceva parte), trovandoli fuorvianti e meschini, adottando uno stile di vita sobrio, con alcuni picchi bizzarri di ascetismo, affatto condivisi dalla moglie. Da qui la conflittualità di coppia che ne derivava e il rifiuto maturato dall'autore all'ipocrita istituzione del matrimonio, organizzato dall'alta società per soddisfare l'esigenza sessuale dell'uomo e assecondare la civetteria della donna.

Ci sono delle pagine estremamente attuali sulla condizione sessuale dell'uomo: "[...] la nostra supernutrizione eccitante, unita a un pieno ozio fisico, non è nient'altro che un'infiammazione sistematica della concupiscenza"; e sulla vanità della donna: "Girate per i negozi in qualunque grande città. [...] Tutto il lusso dell'esistenza è richiesto e tenuto su dalle donne". Come non trasporre queste immagini alla società attuale, pensando ai siti pornografici con i loro miliardi di visitatori-nerd e alle vetrine dei negozi di lusso di Via Monte Napoleone e Place Vendôme che non conoscono crisi anche nell'attuale periodo di stagnazione economica e di progressivo depauperamento della classe media. Il Tolstoj moralista ed austero ne sarebbe profondamente disgustato.

Egli sbandiera gli eccessi sessuali e la lussuria come prove inoppugnabili della depravazione maschile e conseguenza della non parità di genere riservata alla donna, che per contro si vendica sull'uomo seducendolo con una serie di corpetti attillati e virtuosismi al pianoforte per poi umiliarlo con il rifiuto sessuale dopo il matrimonio ed infiammarlo di gelosia con il tradimento.

E' una descrizione sociale per quel tempo coraggiosa, che in certi toni perentori e assolutistici assume il carattere di uno sfogo, più che di un'analisi ponderata, ma quantomai profetica, fornendo il quadro decadente e corrotto, che anticipa i temi dell'irrazionalismo e del Novecento, di una società aristocratica russa destinata da lì a pochi decenni a precipitare tragicamente ed estinguersi con la rivoluzione comunista e l'assassinio dello zar.

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Un'opera consigliata a chi vuole aggiungere un importante tassello sulla vita e il pensiero di Lev Tolstoj.

Lo si può leggere anche come un breve saggio sull'eterno conflitto amoroso tra uomo e donna, in chiave
- va specificato - pessimistica e tragica. Gli spunti sono comunque attuali e applicabili in toto alla nostra società. In questa universalità a tratti visionaria consiste l'immenso valore del libro e dell'autore.
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    15 Ottobre, 2015
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L’amore non esiste

“Soltanto noi uomini non lo sappiamo e non lo sappiamo perché non vogliamo saperlo; le donne sanno benissimo che l’amore più elevato, più poetico, come lo definiamo noi, non dipende dalle qualità morali, ma dalla vicinanza fisica e perfino dalla pettinatura, dal colore, dal taglio dell’abito…l’uomo mente quando parla di sentimenti elevati: a lui interessa solo il corpo, ecco perché perdona qualsiasi bassezza ma non perdona un abito fatto male, di cattivo gusto, di un brutto colore. Una civetta ne è conscia, ma qualsiasi ragazza innocente lo sa inconsciamente, come sanno gli animali.” In poche pagine Tolstoj demolisce il concetto di amore romantico e demonizza quello di amore carnale, smascherando i difetti di un rapporto tra uomo e donna pieno di imperfezioni e meschinità nascoste sotto una maschera ipocrita di virtù e felicità coniugale. L’amore non esiste, semmai si deve parlare di attrazione fisica, di bisogno carnale, di libido, un’impellenza sessuale che trasforma gli uomini in animali incapaci di controllare i propri istinti e rende le donne meri oggetti del desiderio, pienamente consapevoli del proprio ruolo di vittime ma anche della loro capacità di rendere gli uomini schiavi. L’unione dei sessi viene vista come una bestialità che soffoca la natura umana, un contratto di vendita con il quale una ragazza innocente viene offerta ad un depravato. Il fornicatore è trattato alla stregua dell’alcolizzato e del morfinomane, la sua fame sessuale lo trasforma in una bestia accecata dalla passione e pronta perfino ad uccidere. Lo sa bene il nostro Pozdnysev, uxoricida reo confesso, che durante un lungo viaggio in treno si sfoga con uno sconosciuto compagno di viaggio, raccontando la sua triste esperienza e, quasi a volersi giustificare in qualche modo, spiegando le ragioni che lo hanno portato a compiere il delitto. L’uomo, schiavo dei sensi e oppresso dalla gelosia, è prigioniero di un rapporto di reciproca avversione con la moglie che si aggrava di giorno in giorno e viene placato, di tanto in tanto, soltanto attraverso la loro unione carnale. L’ingresso in scena del musicista Truchacevskij e la particolare intesa che si verrà a creare tra lui e la moglie di Pozdnysev, alimenterà nel protagonista il germe del sospetto e lo spingerà a compiere un gesto estremo e drammatico. “Guardai i bambini, lei con i lividi sul viso e per la prima volta mi dimenticai di me stesso, delle mie ragioni, del mio orgoglio, per la prima volta vidi in lei un essere umano. E così insignificante mi apparve tutto ciò che mi aveva ferito, la mia gelosia e così significativo mi apparve ciò che avevo fatto, tanto che avrei voluto affondare il mio volto nella sua mano e chiedere: Perdonami!”

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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    09 Novembre, 2014
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Storia di un misogino "indotto"

“Volete fare di noi soltanto degli oggetti del desiderio fisico: bene, in quanto oggetto del desiderio vi renderemo schiavi.”

L'amore, di cui tanto si parla, è il vero grande assente di questo romanzo breve. Non nel senso che non lo si nomini (anzi!), quanto perché ne esce totalmente negato. Ad additarlo come sentimento “falso”, inesistente, come paravento di ben altra realtà nei rapporti tra i due sessi, è un certo Pozdnysev. E' nello scompartimento di un treno dalle lunghe percorrenze che egli – all'unica persona disposta ad ascoltarlo – confesserà di essere un uxoricida, e racconterà perché il suo delitto sia stato in realtà il punto culminante di una parabola segnata da inconsapevolezza e disillusione.

Ogni possibile punto di incontro tra donna e uomo esce demolito da quest'opera di Tolstoj. Il rapporto tra i due sessi, nell'opinione esternata dello scrittore russo, si regge su tutto tranne che sulla comunanza di sentimenti: su un desiderio esclusivamente carnale, di possesso, che la donna spesso subisce, e che allora, non potendo far altro, cerca di volgere a suo vantaggio; su consuetudini sociali ciniche e massificanti, che invogliano e preparano l'uomo all'amore mercenario e ad un culto dello sviluppo della propria personalità assolutamente sbagliato.
Donna e uomo, secondo Tolstoj, non hanno la capacità di instaurare un rapporto che si basi sulle leggi di natura (le stesse che osservano gli animali, quando finalizzano i loro contatti alla perpetuazione della propria razza). E, nel rabbioso racconto di Pozdnysev, questa deriva appare quasi irrecuperabile, come se gli esseri umani abbiano imboccato già da tempo la strada sbagliata.

Ci sono due cose che colpiscono, in questa breve lettura:
- le osservazioni del protagonista inanellano un'impressionante serie di luoghi comuni sulla donna e sul suo rapporto con l'altra metà. Dunque, viene subito da chiedersi, è pensabile che ciò accada ad uno scrittore della levatura di Tolstoj? La possibile spiegazione finisce per capovolgere la visuale: è da ritenere che alla fine del 1800 queste opinioni non fossero affatto comuni, e che lo siano diventate proprio per la bravura dell'autore nel coglierle e proporle. In questo modo, il romanziere russo diviene un precursore, un narratore di eccezionale modernità. E tuttavia, v'è da dire, oggi le stesse opinioni appaiono come luoghi comuni perché in gran parte superate (soprattutto dal percorso di emancipazione femminile, che ha mutato la prospettiva del rapporto tra i sessi): ciò che appare pesare sulla piacevolezza del libro;
- le conclusioni esposte da Tolstoj (e confortate da un'ampia postfazione al romanzo, scritta successivamente, in risposta ad alcuni interrogativi provenienti dai lettori di allora) oggi verrebbero definite “fuori moda” o, peggio, retrograde. Solo un'operazione di contestualizzazione può rimettere il narratore russo entro un orizzonte di protesta verso i nuovi costumi che si diffondevano (e che comunque hanno prevalso, come è evidente ai tempi d'oggi).
In definitiva, un romanzo che pare necessariamente legarsi al suo periodo storico. Assolutamente da sconsigliare agli innamorati di ogni tempo!

Piccola postilla: certamente da consigliare è invece l'ascolto del brano da cui lo scritto trae il titolo (in quanto la moglie di Pozdnysev lo suona accompagnata dal virtuoso violinista che eleggerà a suo amante). La “Sonata a Kreutzer”, di Beethoven, è un piccolo gioiello della musica classica: per quanto ci è dato sapere dall'ultima moglie di Tolstoj, lo scrittore russo, ascoltandola, ne veniva fortemente influenzato, al punto da accentuare la sua predisposizione affettiva verso la consorte.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    29 Ottobre, 2014
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Musica e dolore

“La sonata a Kreutzer” racchiude nelle sembianze di un racconto tutta l'intensità e la corposità di un romanzo.
E' un lavoro che mostra un Tolstoj diverso da quello di “Anna Karenina” o di “Guerra e pace”, un autore impegnato ad esprimere il proprio credo in tema moralistico e religioso.
Lo scompartimento di un treno diviene confessionale per un uomo segnato nella vita da un gesto efferato di cui ha bisogno di raccontarne la genesi ad un compagno di viaggio occasionale.
Il monologo affidato alla bocca del protagonista è grandioso, in quanto Tolstoj utilizza questa voce inarrestabile per affermare le proprie idee in tema di unioni matrimoniali e passioni, ricamando teorie e punti di vista colmi di intenti moralistici e fortemente pervasi di principi religiosi.

A prescindere dall'accondiscendenza del lettore a simili pensieri, oggi sorpassati e spinti all'eccesso, è innegabile il valore del testo.
Nella brevità della narrazione, Tolstoj mette a nudo un uomo solo e torturato da ricordi e pensieri ossessivi, un uomo che non cerca comprensione nel prossimo ma che esplode come fiume in piena, inanellando immagini della propria giovinezza, dell'età adulta, delle esperienze amorose e familiari.
Un fluire di ricordi per spiegare la razionalità delle proprie posizioni e dei comportamenti tenuti, razionalità che si frange come un'onda impetuosa sulla scogliera della passione e dell'istintività.

Un vecchio testo questo, eppure ottima lettura densa di spunti di riflessione anche per il pubblico moderno, avvezzo ad una diversa forma mentis e a diversi costumi sociali.
Un testo che mantiene inalterato il suo smalto, cristallizzando la voce del suo autore.

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Domitilla Ganci Opinione inserita da Domitilla Ganci    26 Agosto, 2014
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Se una notte d'inverno un viaggiatore...

La forza prorompente delle passioni, è il tema che attraversa in modo sofferto e drammatico questo romanzo breve di Lev Tolstoj, pubblicato nel 1891.
E’ un’opera singolare e controversa appartenente al secondo periodo della produzione letteraria del grande scrittore russo, quello successivo alla cosiddetta “conversione”: dopo un’intensa crisi spirituale, Tolstoj aveva vissuto una profonda trasformazione, che si era conclusa con l’abbandono della religione ortodossa in favore del cattolicesimo, cui aveva aderito con una modalità totalizzante, al limite del fanatismo, che lo aveva portato a rivedere molte delle sue convinzioni in merito alla morale e alla vita in generale e che ne aveva influenzato profondamente tutta la successiva produzione letteraria. Abbandonando il concetto di natura come energia vitalistica, positiva e benigna, Tolstoj mostrava ora diffidenza verso una materia che considerava priva di spiritualità e tesa solo all’ autorealizzazione.

Atto d’accusa contro le istituzioni e l’ipocrisia di una vita familiare e sociale basata sull' inganno e la menzogna, “La sonata a Kreutzer” rappresenta l’esposizione delle teorie dell’ultimo Tolstoj sulla morale sessuale. Il linguaggio esplicito e la scabrosità del tema affrontato, sorprendenti per l’epoca, portarono non pochi problemi all’ autore. Solo grazie alla stima incondizionata di cui Tolstoj godeva da parte dello zar Alessandro III, fu possibile aggirare il dissenso delle autorità russe e giungere alla pubblicazione del racconto.

Il protagonista della storia, che si qualifica subito come appartenente all’ agiata nobiltà del paese, durante un viaggio in treno racconta ad uno sconosciuto di aver ucciso sua moglie. Davanti allo sconcerto del viaggiatore, Pozdnysev ripercorre le tappe che in un crescendo drammatico e allucinato lo avevano condotto a diventare un omicida.
I primi capitoli del romanzo, sono una lunga e articolata riflessione sull’ ipocrisia della vita matrimoniale che non è altro che un mascheramento, un inganno, che nasconde la soddisfazione di un istinto animalesco che l’uomo dovrebbe dominare e respingere, consentendosi l’unione carnale solo a fini strettamente necessari alla procreazione.
Attraverso la condanna della bellezza, come forza corruttrice dell’integrità dell’animo umano, lo scrittore giunge a negare il valore delle arti: la poesia, la musica, sono generatrici di una sensualità ingannevole e illusoria che nel tempo disattende le promesse.
La musica, con il suo pericoloso potere di suggestione, diviene la causa della follia di Pozdnysev; la sonata di Beethoven, in cui i due strumenti si armonizzano e si fondono è , per il protagonista, un esplicito richiamo al desiderio sensuale di unione tra i due esecutori: la giovane moglie e l’affascinante violinista Truchacevskij.
Dal momento in cui il protagonista inizia il racconto della vicenda che lo condurrà a travisare il comportamento della moglie, rilevando in lei la colpa inesistente del tradimento, che lo trascinerà nel gorgo della gelosia, travolgendolo e portandolo al tragico epilogo, è impossibile staccare gli occhi dal libro.
Pozdnysev sembra sfuggire di mano al suo autore, abbandona il delirante argomentare dei primi capitoli in cui si identifica con la voce dello scrittore e nella ribellione racconta, prendendo vita dalle pagine con una forza titanica, una storia sconvolgente di lucida follia che incatena alle pagine.
Il ritmo del racconto è serrato, teso, incalzante, la storia avvolge e confonde il lettore con una malìa straniante, che lo porta ad una totale identificazione con Pozdnysev: mentre leggiamo siamo lui. Ci emozioniamo alla vista della sua bellissima compagna, ci agitiamo alla vicinanza del dandy che flirta con lei sotto il nostro sguardo, con lui soffriamo nell’ ascoltare le note lascive del “presto” della sonata, mentre crediamo di vedere gli sguardi d’intesa dei due e le fitte di gelosia ci sorprendono togliendoci il respiro. Anche noi siamo vittime del crescendo di emozioni che travolge Pozdnysev, anche noi, forse, in un momento di annebbiamento, potremmo afferrare quel pugnale…
Il tormento feroce della gelosia è espresso con forza, la potenza dell’ eros e il primato della passione sulla ragione, finiscono per dominare le pagine rendendo Pozdnysev, alla fine, non carnefice, ma vittima della stessa violenza che arma la sua mano.

Se le teorie espresse nel libro sul ruolo sociale della donna sono inevitabilmente ancorate al contesto storico-sociale in cui l’ autore è vissuto, l’ analisi dei sentimenti e dei rapporti uomo-donna è tragicamente attuale e ci colpisce con la forza della sua modernità.
Omicidi passionali, raptus, pulsioni distruttive, ossessioni morbose, amori malati, sbagliati, costellano tragicamente la cronaca dei nostri giorni, rendendo questo testo, che illustra il percorso di una drammatica perdita di consapevolezza che sfocia nell’ assassinio, incredibilmente attuale.

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Dostoevskij, per la grande capacità di scandagliare e raccontare le emozioni dell'animo umano
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    01 Ottobre, 2013
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Un messaggio morale di Tolstoi

La storia in breve, per quelli che non la conoscono ancora. Siamo su un treno a lunga percorrenza, viaggiatori infreddoliti scendono e salgono ma uno è particolare : riservato, fumatore accanito, con colpi di tosse caratteristici, ascolta a lungo in silenzio i discorsi degli altri e poi, accalorandosi, interviene nelle discussioni deplorando i costumi correnti che giudica corrotti, e in particolare il comportamento delle donne. Scesi tutti e rimasto solo con l’io narrante, lo strano protagonista del romanzo, di nome Podnysev, inizia un lungo racconto, in cui con dovizia di particolari parla della sua vita, del suo matrimonio con la bella Liza, ed espone con fervore le sue considerazioni sull’amore, secondo lui sostanzialmente corrotto per colpa del carattere delle donne e delle abitudini moderne, ben lontane dagli ideali che il viaggiatore persegue. L’uomo confessa le sue debolezze, ammette il nascere di una infrenabile gelosia nei confronti della moglie, abile pianista, bella, corteggiata da molti. La coppia conosce un affascinante violinista, che inizia a frequentare assiduamente la casa di Podnysev, duettando con la moglie pianista ed eseguendo anche, applauditissimo e sempre accompagnato al piano dalla bella e desiderabile Liza, la famosa Sonata a Kreutzer di Beethoven per violino e pianoforte, i cui tempi ( il “presto” e l’”andante”) esercitano su Podnysev una grandissima influenza emotiva. Podnysev deve allontanarsi da casa per affari, confortato dal fatto che anche il bel violinista deve partire per Mosca. Ma il tarlo della gelosia lo acceca : dubitando sempre della fedeltà della moglie, rientra in anticipo, sorprende moglie e violinista a cena (una cena innocente ? non lo sapremo mai) e, sconvolto, uccide a coltellate la moglie in un accesso di ira furibonda. Podnysev non si capacita del suo delitto, è pronto ad espiare la sua colpa e implora, piangendo e quasi delirando, il perdono del narrante .
Qui finisce “ La sonata a Kreutzer”, il più famoso tra i cosiddetti romanzi brevi di Tolstoj. Come poscritto, Tolstoj spiega infine in poche pagine il suo pensiero riguardo alla vicenda narrata, ed esprime la propria riprovazione sui costumi della sua epoca in cinque punti fondamentali : la necessità di domare i propri istinti e di conseguenza il valore morale dell’astinenza, la mancanza di fede tra i coniugi, la falsa convinzione che i figli siano un impiccio nella vita matrimoniale, la cattiva educazione dei figli, il dare importanza all’amore carnale e non a ben più validi e duraturi ideali. Rifacendosi infine al Vangelo di Cristo, Tolstoj propugna l’amore per il prossimo, ma un amore idealizzato (ama il prossimo tuo come te stesso), lontano da ogni tentazione mondana. Un messaggio lontano forse dalla nostra concezione della vita, ma che non può esimerci dal considerarlo come un invito ad astrarci dalla meschinità dei legami terreni per aspirare a valori più alti e puri.

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La letteratura russa dell'Ottocento
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Minuscola Opinione inserita da Minuscola    29 Gennaio, 2013
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Tolstoj: un genio

Quando voglio leggere, o rileggere, qualcosa di intessante e ben scritto, prendo un libro di Tolstoj. Un genio. La sonata a Kreutzer mi ha fatto molto riflettere perchè questo lungo racconto è intriso di verità e di insicurezze umane che sono proprie di molte persone.

Siamo in treno e il nostro protagonista incontra un uomo che gli confida di aver ucciso la moglie. E decide di narrargli la storia. Una storia scritta con audacia da Tolstoj. Prima di descrivere l'omicidio, passa in rassegna tutte le debolezze umane e i modi di pensare e di vedere le cose.
- L'uomo che deve sposarsi in un'epoca in cui ci si sposava senza conoscersi.
-I discorsi sull'amore vero o no, sull'amarsi e sul volersi bene per forza....
Mi ha interessato molto la narrazione della donna che ama e che si trasforma nel momento in cui diventa madre. Ciò che descrive Tolstoj è estremamente vero: anche io (moglie e madre) mi sono sentita così nell'attraversare la maternità.
E' per questo che scrivo che Tolstoj è un genio perchè con persicacia sa arrivare al nocciolo della questione e trasformarla e narrarla come si deve. Insinuando il tarlo anche a chi legge!
L'omicida (chiamiamolo così) descrive i punti oscuri dell'amore e non se li sa spiegare neppure lui.
e quando si sposa si accorge che il matrimonio non è quello che credeva, diventa fobico e sospettoso di tutto, a volte si sente anche inadeguato. E queste cose, signori!, sono tutte fasi della vita che molti di noi passano!.
L'amore: questo sconosciuto all animo umano ed ecco che le insicurezze riaffiorano. L'omicida si tortura e si torturerà la mente perchè crede che la moglie gli sia infedele. Forse lo è anche stata, ma quaesto Tolstoj non lo dice, lo fa intendere, ma forse non è vero!
In un crescendo sempre più esasperante, il marito uccide la moglie.
-.-
La cosa strana è che questo libro ha 2 finali. Entrambi piacevoli. Ma non vi dico altro!

Nell'edizione che ho io vi sono anche altri 2 racconti: IL DIAVOLO e PADRE SERGIO
Le tematiche sono quasi le stesse: l'amore, l'amicizia e la fedeltà... descritte con dovizia di particolari.
Tolstoj lo consiglio SEMPRE!

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Guerra e Pace
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petra Opinione inserita da petra    14 Novembre, 2012
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La banalità della follia

La sonata a Kreutzer è un’opera densa, intrisa di dolore, disperazione, inquietudine : un’opera che da un lato incanta per la prosa, dall’altro fa rabbrividire per la lucida follia descritta. Sembrerebbe un delirio, di primo acchito, se Tolstoj non avesse creato un’atmosfera claustrofobica e soffocante, nella quale le argomentazioni di un assassino sembrano quasi convincenti, o forse no, forse è l’ars retorica del personaggio, forse è quel suo nervosismo tradito da scatti repentini e bruschi, ma non si riesce proprio a distogliere l'attenzione da Podznisev, il protagonista, dal suo estremo convincimento, a tratti freddo, a tratti pervaso dall’ossessione e dalla gelosia. L’impressione suscitata dalle sue parole è terribile, sia per la spietata e meschina idea dell’amore che egli va cervelloticamente costruendo, sia per l’ideale astratto e discutibile di purezza cui egli anela e che sembra quasi avallare ogni suo gesto, come se in qualche modo la corruzione o la violenza attorno a noi ci autorizzassero a comportarci allo stesso modo.

Stretti anche noi nell’angusto vagone di un treno, ascoltiamo stupefatti, rapiti e turbati il suo dissertare, il lento insinuarsi del germe della follia in un uomo sano, divorato dall'ossessiva gelosia per la moglie.

Una lenta discesa agli inferi alla luce del sole che comincia con un' iniziale e banale incomprensione, capace di creare rancori senza fine, discussioni interminabili, addirittura repulsione. Questi sentimenti, lentamente, degenerano in un vero e proprio abisso di incomunicabilità fra i coniugi: ecco allora che in Podnizev, che pure ci pare così razionale nella sua narrazione, prende il sopravvento una terribile e spietata follia: la dissertazione cessa, il razionale rivela quelle ombre che ci creavano affanno e restiamo, inermi e sgomenti, ad assistere all’esplosone dell’ira e della vendetta nella loro forma più tragica.

Un lungo, incalzante monologo, forse confessione, forse arringa difensiva: in ogni caso un’opera di immensa forza narrativa, da leggere.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    13 Giugno, 2012
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Gelosia e rancore

E' un piccolo libro, quasi un monologo, che ha un sapore di altri tempi. Il tono della conversazione, il darsi del voi, ti fa proprio entrare in linea con quei tempi, ti immagini gli abiti, i cappelli, lo scompartimento del treno. Questo incontro casuale su un treno è l'occasione per un lungo monologo e una dissertazione sul rapporto uomo-donna. Si parla di tante forme d'amore, l'amore carnale, l'amore fondato sulla concordia di ideali. Viene affrontato anche il tema della belva furiosa della gelosia, perchè l'immaginazione del protagonista dipinge quadri che infiammano la sua gelosia. Si parla di rancore, forse perchè amore e rancore sono il medesimo sentimento animale, considerato da due lati diversi. Ne nasce un piccolo libro che è un'opera di poesia. Molto calda. Molto viva.

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Le braci
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Angelica Elisa Moranelli Opinione inserita da Angelica Elisa Moranelli    09 Mag, 2012
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Il volto crudele dell'Amore

In La sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj (Einaudi – traduzione di Leone Ginzburg) i rapporti umani sono strani, eterei, variabili: fanno paura, annoiano, diventano l’unico motivo per cui vivere o l’unico motivo per uccidere. Tolstoj ci parla di un amore che si nutre di illusioni, di miraggi immacolati, di un’idea irraggiungibile di perfezione che conduce ineluttabilmente all’assassinio e alla morte, quando ogni illusione viene distrutta. Se l’amore non fosse così perfetto, così puro nella mente degli uomini, non si proverebbe il dolore della scomparsa, con La sonata a Kreutzer visitiamo le tappe più crudeli del declino di una storia d’amore: l’inconsapevolezza, la pura sofferenza causata dalla discrepanza tra desiderio e realtà, quando il dolore è ancora camuffato e si stenta a comprenderlo; il silenzio, l’ombra che separa insofferenza e realtà, l’attimo in cui si manifesta la fine di una storia che vive solo della reciproca indecisione. E alla fine, la fredda consapevolezza e quindi la morte dell’amore che porta all’omicidio, nel caso del protagonista. Breve, profondo, tagliente come una lama, come solo i grandi libri sanno essere, di una bellezza dolorosa e affascinante, rassegnata e brutale com’è l’amore, com’è a volte la vita.

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